T7 - Teatro degli Artigianelli

T7

Teatro degli Artigianelli

Canzoniere

Le poesie della sezione 1944 sono scritte a Firenze, appunto nel 1944, dove Saba vive clandestinamente (per un certo periodo ospite in casa di Montale) per sfuggire alle persecuzioni antiebraiche. Esse segnano il ritorno all’impegno civile che aveva caratterizzato la giovinezza del poeta. In un teatrino suburbano, all’indomani della liberazione di Firenze, egli vede i segni del lento ritorno alla libertà dopo vent’anni di dittatura. Siamo a settembre: la città è stata liberata soltanto il mese prima.


METRO 3 strofe di endecasillabi (tranne il v. 20 che è un settenario) con alcune rime.
Falce martello e la stella d’Italia
ornano nuovi la sala. Ma quanto
dolore per quel segno su quel muro!

Esce, sorretto dalle grucce, il Prologo.
5      Saluta al pugno; dice sue parole
perché le donne ridano e i fanciulli
che affollano la povera platea.
Dice, timido ancora, dell’idea
che gli animi affratella; chiude: «E adesso
10    faccio come i tedeschi: mi ritiro».
Tra un atto e l’altro, alla Cantina, in giro
rosseggia parco ai bicchieri l’amico
dell’uomo, cui rimargina ferite,
gli chiude solchi dolorosi; alcuno
15    venuto qui da spaventosi esigli,
si scalda a lui come chi ha freddo al sole.

Questo è il Teatro degli Artigianelli,
quale lo vide il poeta nel mille
novecentoquarantaquattro, un giorno
20    di Settembre, che a tratti
rombava ancora il cannone, e Firenze
taceva, ▶ assorta nelle sue rovine.

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DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Dopo un soggiorno a Parigi dovuto alla necessità di sfuggire alle persecuzioni razziali, Saba trova ospitalità a Firenze grazie al poeta Eugenio Montale e ad altri amici. L’Italia è ancora divisa in due: al Nord l’occupazione tedesca e la Repubblica sociale italiana, al Sud la zona liberata dall’esercito alleato, che sta lentamente risalendo la penisola. Sulle pareti di un piccolo teatrino della periferia di Firenze il poeta vede per la prima volta i simboli del comunismo e dell’auspicata Repubblica italiana (la cui nascita sarà sancita dal referendum del 1946): Falce martello e la stella d’Italia (v. 1).
Saba – è l’autore stesso a scriverlo nel proprio autocommento – «si commosse assistendo, dopo la lunga orribile prigionia [la dittatura fascista], ad una rappresentazione popolare. […] La sua commozione, favorita da tante circostanze, arrivò […], per scale già scavate nella sua anima, fino al pianto e al canto». Il poeta evoca le speranze e gli entusiasmi che caratterizzano i giorni della Liberazione, cui si accompagnano però il dolore e il lutto di una guerra non ancora terminata, evocati dalla menomazione fisica del presentatore (v. 4), dal rombo del cannone (v. 21), dal silenzio della città assorta nelle sue rovine (v. 22). 

In Storia e cronistoria del Canzoniere Saba racconta anche un particolare curioso a proposito del primo verso del componimento, frutto di un equivoco: «Quando Saba lo lesse per la prima volta ad un suo amico – il pittore Carlo Levi – questi lo avvisò che era incorso in un errore. La stella a cinque punte dipinta accanto alla falce e al martello non era, allora, la stella d’Italia [cioè il simbolo repubblicano], ma quella dei Sovietici, che è pure a cinque punte. Saba ci rimase male. Lo aveva commosso il fatto che, contrariamente a quanto accadeva al tempo della sua giovinezza, quando i socialisti (i comunisti allora non esistevano) negavano, o quasi, il concetto di patria, essi ne riconoscessero adesso l’insopprimibile realtà nel cuore dell’uomo». Continua l’autore: «Rimase male, ma non modificò il verso. Quando poi il Pci inserì nel suo emblema la stella d’Italia, il verso di Saba risultò, a posteriori, esatto; ebbe cioè tutto il significato che gli aveva dato il poeta quando lo scrisse».

Le scelte stilistiche

Pur esprimendo la speranza nella possibilità di una rinascita democratica della società italiana, i toni del componimento non sono né retorici né celebrativi; il poeta, al contrario, mostra un atteggiamento riflessivo e pensoso di fronte al rapido mutare degli eventi. Ha scritto il critico Carlo Muscetta: «La grazia di questa lirica, che è tra le pochissime degne di sopravvivere a tanta retorica della liberazione europea, è nell’alone di tristezza che accompagna il momento della vittoria: tutte le tristezze e le rovine che fanno l’amaro valore di quella gioia e sembrano come presagire immancabili amarezze future. Ottimismo della fantasia nella rappresentazione, pessimismo dell’intelligenza storica nell’alta coscienza dello scrittore».

VERSO LE COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Riassumi in 5 righe il contenuto della lirica.

2 Che cosa significa la frase Ma quanto / dolore per quel segno su quel muro! (vv. 2-3)?

ANALIZZARE

3 Gli endecasillabi sono per lo più sciolti, tranne poche eccezioni: segnala le rime presenti. Una di esse, in particolare, sembra proporre una sottolineatura semantica: quale?

INTERPRETARE

4 Ti sembra che con questa lirica Saba manifesti un intento politico? Motiva la tua risposta.

5 Al v. 18 il poeta menziona sé stesso. Quale funzione sembra indirettamente attribuirsi?

6 La terza strofa chiude il componimento come una sorta di didascalia, con l’indicazione della data in cui si svolgono i fatti oggetto della lirica posta in rilievo da due enjambement (vv. 18-19 e 19-20). A che cosa è dovuta, a tuo giudizio, questa scelta?

SCRIVERE PER...

ESPORRE
7 Svolgi una breve ricerca sulla liberazione di Firenze, avvenuta nell’agosto del 1944, e scrivi su questo argomento un testo espositivo di circa 20 righe.

Classe di letteratura - volume 3B
Classe di letteratura - volume 3B
Dalla Prima guerra mondiale a oggi