INTRECCI CINEMA - Dalle trincee all’antimilitarismo

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Dalle trincee all’antimilitarismo

Quando il cinema si fa memoria

Il conflitto mondiale è ancora in corso quando il pacifista Charlie Chaplin presenta Charlot soldato (1918), mediometraggio in cui la comicità è strumento di riflessione. Il cinema americano è il primo a proporre efficaci narrazioni sulla Grande guerra, spesso appoggiandosi a importanti romanzi: da Erich Maria Remarque Hollywood trae All’ovest niente di nuovo (1930) di Lewis Milestone, ambientato nelle trincee del fronte francotedesco; da Ernest Hemingway ricava Addio alle armi (1932) di Frank Bor zage, storia d’amore sullo sfondo della disfatta di Capo retto (nel 1957 Charles Vidor ne dirigerà un remake).
Nel 1937 esce La grande illusione, del francese Jean Renoir, che condanna le barriere dei nazionalismi: le frontiere «sono un’invenzione dell’uomo: la natura se ne fotte!» dice un personaggio.
«Il patriottismo è l’ultimo rifugio delle canaglie»
Il principale esito successivo del cinema americano è Orizzonti di gloria (1957) di Stanley Kubrick (1928-1999), tratto da un romanzo di Humphrey Cobb. Nel 1916, un colonnello francese difende tre soldati condannati a morte come capri espiatori di un fallito attacco suicida contro un avamposto tedesco. Con uno stile esemplare, Kubrick racconta la guerra come perverso gioco di potere degli alti comandi, per i quali le vite umane non hanno valore. Pietra miliare dell’antimilitarismo, in Francia Orizzonti di gloria è stato vietato fino agli anni Settanta perché ritenuto lesivo dell’onore dell’esercito.
Il cinema italiano prende finalmente posizione
Dopo quarant’anni di sostanziale silenzio, il cinema del nostro paese affronta i fatti del 1915-1918 vincendo l’ostilità dei governi e dei vertici militari, sempre contrari a una rilettura critica della folle carneficina. Con La grande guerra (1959) di Mario Monicelli (1915-2010) la commedia all’italiana si misura con la Storia: arrivati al fronte nel 1917 dopo aver tentato di sottrarsi alla leva, un mila nese e un romano si defilano da ogni battaglia ma loro malgrado moriranno da eroi. Perfettamente sospeso fra il comico e il tragico e scandito dai canti degli alpini, il film racconta senza retorica nazionalistica la guerra del le classi subalterne, chiamate a sostenere un sacrificio assurdo.
Se Monicelli ha rappresentato la Grande guerra dal punto di vista dei soldati, nel 1971 Uomini contro di Francesco Rosi (1922-2015) lo fa da quello degli ufficiali, evidenziando i rapporti di classe nelle dinamiche del conflitto. Per difendere un obiettivo di scarso valore strategico, un fanatico e spietato generale italiano continua a mandare al massacro i suoi soldati, che si rivoltano senza successo. Ispirandosi liberamente a Un anno sull’Altipiano di Emilio Lussu, il film mostra l’orrore fisico di una «guerra di morti di fame contro morti di fame».
Nel 2014, in occasione del centenario della Grande guerra, Ermanno Olmi (n. 1931) gira Torneranno i prati, liberamente ispirato al racconto La paura di Federico De Roberto. Con una trama essenziale, affidandosi a immagini potenti e a silenzi che assordano quanto le improvvise deflagrazioni, Olmi narra le infinite attese e il terrore della vita di trincea dei soldati, testimoni (e vittime) della Storia. Torneranno i prati ricorda come la civiltà non abbia imparato a eliminare la ferocia: passata la guerra, la natura cancellerà ogni traccia della follia umana; l’uomo, invece, ha il dovere della memoria.

Classe di letteratura - volume 3B
Classe di letteratura - volume 3B
Dalla Prima guerra mondiale a oggi