Classe di letteratura - volume 3A

30 35 40 45 50 55 60 è gravato da tale stanchezza, intronato da tanto stordimento, che non ci è più possibile raccoglierci un minuto a pensare. Con una mano ci teniamo la testa, con l altra facciamo un gesto da ubriachi. «Svaghiamoci! . Sì. Più faticosi e complicati del lavoro troviamo gli svaghi che ci si offrono; sicché dal riposo non otteniamo altro che un accrescimento di stanchezza. Guardo per via le donne, come vestono, come camminano, i cappelli che portano in capo; gli uomini, le arie che hanno o che si dànno; ne ascolto i discorsi, i propositi; e in certi momenti mi sembra così impossibile credere alla realtà di quanto vedo e sento, che non potendo d altra parte credere che tutti facciano per ischerzo, mi domando se veramente tutto questo fragoroso e vertiginoso meccanismo della vita, che di giorno in giorno sempre più si còmplica e s accèlera, non abbia ridotto l umanità in tale stato di follìa, che presto proromperà frenetica a sconvolgere e a distruggere tutto. Sarebbe forse, in fin de conti, tanto di guadagnato. Non per altro, badiamo: per fare una volta tanto punto e daccapo. Qua da noi non siamo ancora arrivati ad assistere allo spettacolo, che dicono frequente in America, di uomini che a mezzo d una qualche faccenda, fra il tumulto della vita, traboccano giù,2 fulminati. Ma forse, Dio ajutando, ci arriveremo presto. So che tante cose si preparano. Ah, si lavora! E io modestamente sono uno degli impiegati a questi lavori per lo svago. Sono operatore. Ma veramente, essere operatore, nel mondo in cui vivo e di cui vivo, non vuol mica dire operare. Io non opero nulla. Ecco qua. Colloco sul treppiedi a gambe rientranti la mia macchinetta. Uno o due apparatori,3 secondo le mie indicazioni, tracciano sul tappeto o su la piattaforma con una lunga pertica e un lapis turchino i limiti entro i quali gli attori debbono muoversi per tenere in fuoco la scena. Questo si chiama segnare il campo. Lo segnano gli altri; non io: io non faccio altro che prestare i miei occhi alla macchinetta perché possa indicare fin dove arriva a prendere. Apparecchiata la scena, il direttore4 vi dispone gli attori e suggerisce loro l azione da svolgere. Io domando al direttore: «Quanti metri? . Il direttore, secondo la lunghezza della scena, mi dice approssimativamente il numero dei metri di pellicola che abbisognano, poi grida agli attori: «Attenti, si gira! . E io mi metto a girar la manovella. Potrei farmi l illusione che, girando la manovella, faccia muover io quegli at- 2 traboccano giù: stramazzano. 3 apparatori: addetti all allestimento sce- nico. Il loro compito è segnare il campo, cioè tracciare a terra i limiti dello spazio da riprendere. 4 direttore: è il coordinatore delle fasi di realizzazione del film. Il termine proviene in parte dal cinema hollywoodiano (dove il regista si chiama director), in parte dall ambiente teatrale (direttore artistico, direttore di scena). Durante il fascismo si diffonderà la parola regista, italianizzata, per motivi di autarchia linguistica, dal francese régisseur. Fino a tutto il primo decennio del secolo, autore del film era considerato il soggettista. Le parole valgono vertiginoso Dal linguaggio medico all uso quotidiano: il tragitto di vertiginoso ha portato questo aggettivo a designare prima ciò che è caratterizzato da un disturbo della sensibilità spaziale (che consiste nella sensazione che il corpo si sposti rispetto all ambiente in cui esso si trova o viceversa), poi ciò che dà le vertigini («sono giunto a un altezza vertiginosa ), infine ogni cosa che, metaforicamente, dia il capogiro: e così si corre a velocità vertiginosa, si ammira una danza vertiginosa o si deplora il ritmo vertiginoso della vita moderna. Con ulteriore traslato questo aggettivo finisce per acquistare il significato di enorme , superlativo . Componi una frase usando vertiginoso in quest ultima accezione. L AUTORE / LUIGI PIRANDELLO / 767

Classe di letteratura - volume 3A
Classe di letteratura - volume 3A
Dal secondo Ottocento al primo Novecento