Classe di letteratura - volume 3A

135 140 145 150 155 160 165 170 175 Zuffe furibonde, inseguimenti, mobili rovesciati, stoviglie rotte, pianti, urli, tonfi, perché qualcuno dei ragazzi, al bujo, scappava e andava a cacciarsi fra le tre vecchie cieche, che dormivano in un letto a parte, e che ogni sera litigavano anch esse tra loro, perché nessuna delle tre voleva stare in mezzo e si ribellava quando veniva la sua volta. Alla fine, si faceva silenzio, e Belluca seguitava a ricopiare fino a tarda notte, finché la penna non gli cadeva di mano e gli occhi non gli si chiudevano da sé. Andava allora a buttarsi, spesso vestito, su un divanaccio sgangherato, e subito sprofondava in un sonno di piombo, da cui ogni mattina si levava a stento, più intontito che mai. Ebbene, signori: a Belluca, in queste condizioni, era accaduto un fatto naturalissimo. Quando andai a trovarlo all ospizio, me lo raccontò lui stesso, per filo e per segno. Era, sì, ancora esaltato un po , ma naturalissimamente, per ciò che gli era accaduto. Rideva dei medici e degli infermieri e di tutti i suoi colleghi, che lo credevano impazzito. «Magari! , diceva. «Magari! . Signori, Belluca, s era dimenticato da tanti e tanti anni ma proprio dimenticato che il mondo esisteva. Assorto nel continuo tormento di quella sua sciagurata esistenza, assorto tutto il giorno nei conti del suo ufficio, senza mai un momento di respiro, come una bestia bendata, aggiogata alla stanga d una nòria14 o d un molino, sissignori, s era dimenticato da anni e anni ma proprio dimenticato che il mondo esisteva. Due sere avanti, buttandosi a dormire stremato su quel divanaccio, forse per l eccessiva stanchezza, insolitamente, non gli era riuscito d addormentarsi subito. E, d improvviso, nel silenzio profondo della notte, aveva sentito, da lontano, fischiare un treno. Gli era parso che gli orecchi, dopo tant anni, chi sa come, d improvviso gli si fossero sturati. Il fischio di quel treno gli aveva squarciato e portato via d un tratto la miseria di tutte quelle sue orribili angustie, e quasi da un sepolcro scoperchiato s era ritrovato a spaziare anelante nel vuoto arioso del mondo che gli si spalancava enorme tutt intorno. S era tenuto istintivamente alle coperte che ogni sera si buttava addosso, ed era corso col pensiero dietro a quel treno che s allontanava nella notte. C era, ah! c era, fuori di quella casa orrenda, fuori di tutti i suoi tormenti, c era il mondo, tanto, tanto mondo lontano, a cui quel treno s avviava Firenze, Bologna, Torino, Venezia tante città, in cui egli da giovine era stato e che ancora, certo, in quella notte sfavillavano di luci sulla terra. Sì, sapeva la vita che vi si viveva! La vita che un tempo vi aveva vissuto anche lui! E seguitava, quella vita; aveva sempre seguitato, mentr egli qua, come una bestia bendata, girava la stanga del molino. Non ci aveva pensato più! Il mondo s era chiuso per lui, nel tormento della sua casa, nell arida, ispida angustia della sua computisteria Ma ora, ecco, gli rientrava, come per travaso violento, nello spirito. L attimo, che scoccava per lui, qua, in questa sua prigione, scorreva come un brivido elettrico per tutto il mondo, e lui con l immaginazione d improvviso risvegliata poteva, ecco, poteva 14 nòria: macchina per sollevare l acqua in un pozzo; era collegata a una stanga, a cui veniva attaccato un asino o un bue che, bendato, era costretto a muoversi continuamente in circolo. L AUTORE / LUIGI PIRANDELLO / 737

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Dal secondo Ottocento al primo Novecento