Classe di letteratura - volume 3A

20 25 30 35 40 45 50 55 questa analisi però, da questa scomposizione, un altro sentimento sorge o spira: quello che potrebbe chiamarsi, e che io difatti chiamo il sentimento del contrario. Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile manteca,1 e poi tutta goffamente imbellettata e parata d abiti giovanili. Mi metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa impressione comica. Il comico è appunto un avvertimento del contrario. Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s inganna che, parata così, nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé l amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il comico e l umoristico. [ ] Abbiamo detto che, ordinariamente, nella concezione d un opera d arte, la riflessione è quasi una forma del sentimento, quasi uno specchio in cui il sentimento si rimira. Volendo seguitar quest immagine, si potrebbe dire che, nella concezione umoristica, la riflessione è, sì, come uno specchio, ma d acqua diaccia,2 in cui la fiamma del sentimento non si rimira soltanto, ma si tuffa e si smorza: il friggere dell acqua è il riso che suscita l umorista; il vapore che n esala è la fantasia spesso un po fumosa dell opera umoristica. [ ] Nella sua anormalità, non può esser che amaramente comica la condizione d un uomo che si trova ad esser sempre quasi fuori di chiave, ad essere a un tempo violino e contrabbasso, d un uomo a cui un pensiero non può nascere, che subito non gliene nasca un altro opposto, contrario; a cui per una ragione ch egli abbia di dir sì, subito un altra e due e tre non ne sorgano che lo costringono a dir no; e tra il sì e il no lo tengan sospeso, perplesso, per tutta la vita [ ]. E quest appunto distingue nettamente l umorista dal comico, dall ironico, dal satirico. Non nasce in questi altri il sentimento del contrario; se nascesse, sarebbe reso amaro, cioè non più comico, il riso provocato nel primo dall avvertimento di una qualsiasi anormalità; la contradizione che nel secondo è soltanto verbale, tra quel che si dice e quel che si vuole sia inteso, diventerebbe effettiva, sostanziale, e dunque non più ironica; e cesserebbe lo sdegno o, comunque, l avversione della realtà che è ragione di ogni satira. [ ] Ora la riflessione, sì, può scoprire tanto al comico e al satirico quanto all umorista questa costruzione illusoria. Ma il comico ne riderà solamente, contentandosi di sgonfiar questa metafora di noi stessi messa su dall illusione spontanea; il satirico se ne sdegnerà; l umorista, no: attraverso il ridicolo di questa scoperta vedrà il lato serio e doloroso; smonterà questa costruzione ideale, ma non per 1 manteca: unguento cosmetico per i capelli. 2 diaccia: ghiacciata. Le parole valgono imbellettato Un tempo con il termine belletto si designava il cosmetico in polvere, pasta o crema, usato dalle donne per truccarsi: da qui il verbo imbellettare o il più frequente riflessi- vo imbellettarsi, che però ha acquistato via via una sfumatura grottesca o caricaturale. Così se a un amico diciamo «ma come ti sei imbellettato? intendiamo sottolineare scherzosamente che si è conciato in modo grossolano, mascherandosi esageratamente per nascondere il proprio aspetto. Prima che la lingua inglese condizionasse tanto la nostra comu- nicazione quotidiana, era il francese a essere usato di più, soprattutto in certi ambiti, come la moda. Sai indicare la parola francese con la quale si indicava ieri più di oggi il trucco o il ritocco del volto per esigenze sceniche o per abbellimento? L AUTORE / LUIGI PIRANDELLO / 727

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Dal secondo Ottocento al primo Novecento