Il successo inatteso e gli ultimi anni

L A D I T TA DEL SUOCERO Gioachino Veneziani, il suocero di Svevo nonché suo datore di lavoro, da modesto droghiere divenne tra i più ricchi industriali italiani. Il suo successo dipese da una formula innovativa utilizzata per produrre una vernice in grado di proteggere le carene delle navi dalle alghe, dai molluschi e dalla ruggine. Lo scrittore fu tra i pochissimi depositari della ricetta segreta, composta da ingredienti velenosi: biacca di piombo, ossido di alluminio, solfato di rame, arsenico. Insegna metallica decorata a smalto; pubblicità della vernice sottomarina Moravia , prodotta dalla ditta Veneziani, 1905, Trieste. Su gentile concessione del Museo Sveviano di Trieste. L indifferenza di lettori e critici non scalfisce per il momento la sua passione per la scrittura, di cui è frutto, sei anni dopo, Senilità: come Una vita, il secondo romanzo è stampato a spese dell autore. L accoglienza è anche peggiore: un silenzio quasi assoluto, interrotto qua e là appena da qualche segnalazione laconica, per nulla entusiasta. Nel 1896 Ettore, dopo una fugace avventura sentimentale con una ragazza di bassa estrazione sociale, sposa la biscugina Livia Veneziani, figlia del facoltoso proprietario di una fabbrica di vernici sottomarine. In questo modo il modesto impiegato con il chiodo fisso della letteratura, il figlio di un commerciante fallito, conquista uno status sociale inattaccabile. Le foto dell epoca ritraggono lo scrittore vestito in modo elegante, inserito nei salotti della buona società triestina: un perfetto borghese, un uomo di successo. Dietro le apparenze, però, si cela un altro individuo, turbato, inappagato, scosso da un continuo rovello interiore. Lettere e diari raccolgono le confidenze di questo segreto alter ego, che sfoga in essi con un misto di rancore e di gelosia le proprie insoddisfazioni sulla moglie. D altra parte, egli rassicura la coniuge e i parenti di lei di aver riposto da tempo e definitivamente la penna nel cassetto: l ozio letterario è malvisto dalla concreta famiglia Veneziani e la vocazione di scrittore è costretta alla clandestinità, come e più di prima. Svevo, che intanto, pur senza convinzione, ha abiurato l ebraismo e ricevuto il battesimo (solo per considerazioni pratiche e per assecondare le richieste della mo- 642 / IL PRIMO NOVECENTO glie), lascia la banca nel 1899 ed entra come funzionario nella ditta del suocero , per la quale viaggia spesso in Inghilterra. Ben integrato, assimilato entro il sistema industriale, sollevato da ogni preoccupazione economica, agli occhi della moglie è il ritratto vivente dell uomo dedito alla famiglia e al lavoro, amante della tranquillità, che a malapena si concede il vizio di qualche sigaro. 1898: Senilit | IL SUCCESSO INATTESO E GLI ULTIMI ANNI | Nel presunto periodo di rinuncia alla letteratura, accadono però due eventi decisivi. Il primo nel 1905, quando Svevo incontra lo scrittore irlandese James Joyce (1882-1941), allora ventitreenne insegnante alla Berlitz School di Trieste. Joyce gli dà lezioni private di lingua inglese, ma il rapporto tra insegnante e allievo si trasforma presto in amicizia. I due si scambiano le proprie opere: Svevo legge i Dubliners (Gente di Dublino) ancora in manoscritto; Joyce legge Una vita e Senilità, da cui rimane folgorato («Ci sono dei passi in Senilità che neppure Anatole France avrebbe saputo scrivere meglio , afferma). Al 1908 risale poi la conoscenza delle opere di Sigmund Freud (1856-1939), quando ancora la cultura italiana ufficiale ignorava persino il nome del medico viennese. L interesse di Svevo per la psicanalisi è immediato, ma il suo utilizzo terapeutico non lo convince. Un esperienza a lui vicina conferma i suoi dubbi: un fratello tossicomane della moglie, entrato in anali-

Classe di letteratura - volume 3A
Classe di letteratura - volume 3A
Dal secondo Ottocento al primo Novecento