T8 - "Io sono una persona malata… sono una persona

«Io sono una persona malata sono una persona cattiva / T8 / F dor Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo, I, 1 Il lungo monologo su cui è strutturato il testo di Memorie dal sottosuolo è diviso in due parti, molto diverse nella forma. Nella prima l io narrante esprime, quasi farneticando, tutto il proprio disagio esistenziale, l inettitudine, l incapacità di agire per il bene ma anche di conoscere veramente sé stesso. Nella seconda parte, invece, racconta alcuni episodi della sua vita, presentati per confermare la propria autodiagnosi. Riportiamo le pagine iniziali dell opera. / Nei labirinti della psiche / Audio LETTURA 5 10 15 20 25 Io sono una persona malata sono una persona cattiva. Io sono uno che non ha niente di attraente. Credo d avere una malattia al fegato. Anche se d altra parte non ci capisco un acca della mia malattia, e non so che cosa precisamente ci sia di malato in me. Non mi curo e non mi sono mai curato, anche se la medicina e i dottori io li rispetto. Per di più sono anche superstizioso al massimo grado; o perlomeno quanto basta per rispettare la medicina. (Sono abbastanza istruito da non essere superstizioso, ma sono superstizioso). Nossignori, non mi voglio curare, e non lo voglio appunto per cattiveria. Ecco, forse questa cosa voialtri non vi degnerete di capirla. Be io invece la capisco. Ovviamente non so spiegarvi a chi di preciso io intenda far dispetto in questo caso specifico, con la mia cattiveria; so benissimo che nemmeno ai dottori medesimi potrò in alcun modo farla sporca , col mio non andar da loro a curarmi; e so meglio di chicchessia che così sto danneggiando unicamente me stesso e nessun altro. Cionondimeno, se non mi curo è giustappunto per cattiveria. Il mio fegatuccio soffre? Bene, che soffra pure, e ancora di più! già tanto tempo che vivo così vent anni, circa. Adesso ne ho quaranta. Prima ero impiegato, adesso invece non lo sono più. Ero un cattivo impiegato. Ero villano e ne provavo piacere. Dato che le bustarelle1 non le accettavo, dovevo pure gratificarmi in qualche modo, non fosse che così. (Pessima arguzia; ma non la cancellerò. L avevo scritta pensando che ne sarebbe venuta fuori qualcosa di molto arguto; ma adesso che ho visto io stesso che in realtà volevo soltanto fare spudoratamente lo sbruffone, apposta non la cancello!) Quando alla mia scrivania s avvicinava un qualche postulante2 a chiedermi un informazione, io in risposta digrignavo i denti, e provavo un godimento insaziabile quando così facendo mi riusciva di amareggiarlo. Mi riusciva quasi sempre. Per lo più erano tutti gente timida: ovvio, essendo postulanti. Ma tra quelli spavaldi ce n era uno in particolare, un ufficiale, che proprio non potevo sopportare. Quello lì non voleva sottomettersi in nessun modo, e faceva sempre tintinnare la sua sciabola per terra in un modo ripugnante. Per un anno e mezzo ci fu guerra tra me e lui per via di quella 1 bustarelle: elargizioni illecite di denaro per ottenere favori. 2 qualche postulante: qualcuno che aveva bisogno di qualcosa. 354 / IL SECONDO OTTOCENTO Le parole valgono postulante C è modo e modo di chiedere un favore, un beneficio. Si può essere sobri, timidi, garbati ma anche insistenti, fastidiosi, invadenti. A quest ultima categoria appartiene di solito il postulante, l onnipresente seccatore che ti corteggia per un fine personale, sfidan- do la buona educazione per ottenere concessioni, un impiego, una carica o semplicemente un colloquio riservato. Abbiamo già usato qualche aggettivo per definire la natura del postulante. Ne aggiungiamo altri e, tra questi, uno che non c entra nulla; individualo: petulante; inebetito; importuno; molesto; indiscreto.

Classe di letteratura - volume 3A
Classe di letteratura - volume 3A
Dal secondo Ottocento al primo Novecento