Classe di letteratura - volume 3A

La catastrofe di un aspirante borghese Proprio alla fine dell esistenza, Gesualdo capisce l inutilità della ricchezza, unica ragione della sua vita operosa. Ora che la solitudine in cui è immerso non è più riscattata dal lavoro e dalla lotta, che lo avevano tenuto impegnato celandogli l ostilità del mondo, intuisce che la roba sta per sfuggirgli e sarà presto destinata alla rovina. Le terre abbandonate, lo spreco delle risorse, i lussi della casa gli fanno comprendere di essere uno sconfitto non soltanto sul piano degli affetti, ma anche su quello della roba che, per una sorta di spietata legge del contrappasso, sarà dissipata dal genero spiantato e scialacquatore. Una vittima dell ambizione sociale Il destino di Gesualdo è pertanto quello di un tragico «personaggio bifronte (Cigliana), nuovo padrone invidiato dai suoi, ma anche vilipeso dai galantuomini in quanto parvenu, bifolco rifatto. La sua scalata sociale si è trasformata in un fallimento umano doloroso e in un isolamento che è la conseguenza della rottura del patto di solidarietà con la classe sociale da cui proviene. Anch egli, come Mazzarò, ha costruito, mantenuto e accresciuto il proprio patrimonio grazie alla fatica e al sacrificio. Tuttavia, mentre Mazzarò, chiuso nella propria grettezza, non può concepire altro che un perpetuo bisogno di possesso, Gesualdo si concede un infrazione che si rivelerà fatale: il matrimonio. Per quanto tale decisione sia sempre dettata da motivi di convenienza, essa è di fatto la causa di tutti i suoi mali, economici e affettivi. Una morte tragica La sconfitta del personaggio matura tragicamente nei suoi ultimi momenti di vita. Invano Gesualdo si era appigliato all idea che la roba potesse sopravvivergli: a sancire la sua resa definitiva è la coscienza che ciò non potrà accadere. Il pensiero rivolto ai figli illegittimi avuti prima del matrimonio, le persone verso cui ha degli obblighi (r. 257), è destinato a cadere nel vuoto. Isabella, a cui chiede di lasciar loro qualcosa del patrimonio che sta per ereditare, non è capace infatti di entrare davvero in contatto con lui, e i suoi occhi, dopo una breve, inespressa commozione, tornano indifferenti e insensibili: la distanza che separa padre e figlia si traduce così nello sdegnoso ritrarsi di Isabella, nella sua indisponibilità alla confidenza e nel riapparire della ruga ostinata dei Trao fra le ciglia (r. 268), di fronte alla quale a Gesualdo non resta che rinunciare a ogni tentativo di comunicazione. Hieronymus Bosch, La Morte e l Avaro, 1485-1490. Washington DC, Kress Collection. L AUTORE / GIOVANNI VERGA / 259

Classe di letteratura - volume 3A
Classe di letteratura - volume 3A
Dal secondo Ottocento al primo Novecento