T10 - La morte di Gesualdo

IN BREVE e contadine. E, per di più, Gesualdo è un vinto anche nella sua «roba , che ha accumulato con tanta parsimonia e, ormai morente, vede dissipata dal genero. Nella figura del protagonista, Verga rispecchia tutto il suo antiromantico, spietato pessimismo. Tramontato ogni mito positivo, con lucida e distaccata determinazione egli esprime una visione critica che sottopone a riesame ogni illusione, a partire dalla fede nella solidarietà familiare fino al mito del progresso sociale. Lo stile L intreccio di fatti e personaggi con cui si dipana la vicenda del romanzo trova corrispondenza anche sul piano formale. Mentre nei Malavoglia all omogeneità ambientale corrisponde una certa uniformità stilistica, nel Mastro-don Gesualdo troviamo una pluralità di moduli espressivi, di voci e di punti di vista. La tecnica del racconto muta a seconda della fisionomia psicologica e sociale dei vari personaggi, sui quali si proietta talvolta il gusto della deformazione grottesca o, addirittura, della caricatura. Questa scelta, che potremmo definire espressionistica , si spiega con la volontà dell autore di smascherare le apparenze e l ipocrisia quotidiana. Quello di Verga, qui, è uno sguardo ironico e distruttivo che mostra la bestialità amorale di un universo degenerato e privo di ogni idealità positiva. Lo stile è espressionistico, si adatta ai diversi personaggi fino a ricorrere al grottesco quando intende svelarne degrado e ipocrisia. Testo PLUS La ricchezza di Mastrodon Gesualdo La morte di Gesualdo / T10 / Mastro-don Gesualdo, IV, cap. 5 Riportiamo le pagine finali del romanzo. Gesualdo, nel palazzo ducale del genero, assiste impotente e rassegnato al disfacimento di tutto ciò che ha costruito. Abbandonato dai familiari, rifiutato dalla nobiltà, egli vorrebbe almeno stabilire un dialogo sincero con la figlia Isabella. Ma ciò non è possibile e il vecchio muore in una solitudine senza affetti, dopo una straziante agonia sotto lo sguardo malevolo della servitù. / La triste fine di un uomo solo / Gesualdo, malato e stanco, ospite della figlia 5 10 15 Parve a don Gesualdo d entrare in un altro mondo, allorché fu in casa della figliuo la. Era un palazzone così vasto che ci si smarriva dentro. Da per tutto cortinaggi1 e tappeti che non si sapeva dove mettere i piedi sin dallo scalone di marmo e il portiere, un pezzo grosso addirittura, con tanto di barba e di soprabitone, vi squadrava dall alto al basso, accigliato, se per disgrazia avevate una faccia che non lo persuadesse, e vi gridava dietro dal suo gabbione: «C è lo stoino2 per pulirsi le scarpe! . Un esercito di mangiapane,3 staffieri4 e camerieri, che sbadigliavano a bocca chiusa, camminavano in punta di piedi, e vi servivano senza dire una paro la o fare un passo di più, con tanta degnazione da farvene passar la voglia.5 Ogni cosa regolata a suon di campanello, con un cerimoniale di messa cantata6 per avere un bicchier d acqua, o per entrare nelle stanze della figliuola. Lo stesso duca, all ora di pranzo, si vestiva come se andasse a nozze. Il povero don Gesualdo, nei primi giorni, s era fatto animo per contentare la figliuola, e s era messo in gala7 anche lui per venire a tavola, legato e impastoiato,8 con un ronzìo nelle orecchie, le mani esitanti, l occhio inquieto, le fauci strette9 da tutto quell apparato, dal cameriere che gli contava i bocconi dietro le spalle, e di 1 cortinaggi: tendaggi. 2 stoino: piccola stuoia. 3 mangiapane: fannulloni. 4 staffieri: sono i servi incaricati di reg- gere la staffa al signore nel momento in 250 / IL SECONDO OTTOCENTO cui questi saliva a cavallo, e di seguirlo poi camminando a piedi accanto alla staffa. 5 passar la voglia: di essere serviti. 6 Ogni cosa cantata: il punto di vista di Gesualdo comunica il fastidio per i co- stumi e le abitudini dell insensata vita aristocratica. 7 s era messo in gala: si era vestito a festa. 8 impastoiato: impacciato. 9 le fauci strette: la gola chiusa.

Classe di letteratura - volume 3A
Classe di letteratura - volume 3A
Dal secondo Ottocento al primo Novecento