Classe di letteratura - volume 3A

35 40 45 50 55 60 65 Infatti,14 colla testa come un brillante, aveva accumulato tutta quella roba, dove prima veniva da mattina a sera a zappare, a potare, a mietere; col sole, coll ac qua, col vento; senza scarpe ai piedi, e senza uno straccio di cappotto; che tutti si rammentavano di avergli dato dei calci nel di dietro, quelli che ora gli davano dell eccellenza, e gli parlavano col berretto15 in mano. Né per questo egli era mon tato in superbia, adesso che tutte le eccellenze del paese erano suoi debitori; e diceva che eccellenza vuol dire povero diavolo e cattivo pagatore;16 ma egli portava ancora il berretto, soltanto lo portava di seta nera, era la sua sola grandezza, e da ultimo era anche arrivato a mettere il cappello di feltro, perché costava meno del berretto di seta. Della roba ne possedeva fin dove arrivava la vista, ed egli aveva la vista lunga dappertutto, a destra e a sinistra, davanti e di dietro, nel monte e nella pianura. Più di cinquemila bocche, senza contare gli uccelli del cielo e gli animali della terra, che mangiavano sulla sua terra, e senza contare la sua bocca la quale mangiava meno di tutte, e si contentava di due soldi di pane e un pezzo di formaggio, ingozzato in fretta e in furia, all impiedi, in un cantuccio del magazzi no grande come una chiesa, in mezzo alla polvere del grano, che non ci si vedeva, mentre i contadini scaricavano i sacchi, o a ridosso di un pagliaio, quando il vento spazzava la campagna gelata, al tempo del seminare, o colla testa dentro un cor bello,17 nelle calde giornate della messe.18 Egli non beveva vino, non fumava, non usava tabacco, e sì che del tabacco ne producevano i suoi orti lungo il fiume, colle foglie larghe ed alte come un fanciullo, di quelle che si vendevano a 95 lire. Non aveva il vizio del giuoco, né quello delle donne. Di donne non aveva mai avuto sulle spalle che sua madre, la quale gli era costata anche 12 tarì,19 quando aveva dovuto farla portare al camposanto. Era che ci aveva pensato e ripensato tanto a quel che vuol dire la roba, quando andava senza scarpe a lavorare nella terra che adesso era sua, ed aveva provato quel che ci vuole a fare i tre tarì della giornata, nel mese di luglio, a star colla schie na curva 14 ore, col soprastante20 a cavallo dietro, che vi piglia a nerbate se fate di rizzarvi un momento. Per questo non aveva lasciato passare un minuto della sua vita che non fosse stato impiegato a fare della roba;21 e adesso i suoi aratri erano numerosi come le lunghe file dei corvi che arrivano in novembre; e altre file di muli, che non finivano più, portavano le sementi; le donne che stavano accocco late nel fango, da ottobre a marzo, per raccogliere le sue olive, non si potevano contare, come non si possono contare le gazze che vengono a rubarle; e al tempo della vendemmia accorrevano dei villaggi interi alle sue vigne, e fin dove senti vasi cantare, nella campagna, era per la vendemmia di Mazzarò. Alla messe poi i mietitori di Mazzarò sembravano un esercito di soldati, che per mantenere tutta 14 Infatti: da questo momento il punto di vista del narratore è quello popolare, che condivide la visione del mondo e le ragioni economiche dell ascesa del protagonista. 15 berretto: il copricapo dei contadini, mentre i signori indossano il cappello. 16 eccellenza vuol dire povero diavolo e cattivo pagatore: i signori (chiamati comunemente eccellenza ) sono spesso poveri e indebitati. 17 corbello: canestro di vimini. 18 messe: mietitura. 244 / IL SECONDO OTTOCENTO 19 tarì: moneta d argento coniata in Sici- lia fino al tempo di Ferdinando IV di Borbone (sec. XVIII) e in circolazione fino al XIX sec.; riprendeva il nome di una moneta d oro coniata nella Sicilia araba. 20 soprastante: sorvegliante. 21 fare della roba: accumulare sostanze. Le parole valgono nerbate Quando diciamo che un campione è il nerbo della sua squadra, sottolineiamo la sua centralità, il suo essere fibra del gruppo, l elemento che conferisce agli altri tempra, vi- gore, energia fisica. Del resto, la parola nerbo indicava in origine una sorta di scudiscio, un frustino fatto di tendini di bue, essiccati e intrecciati, utilizzato per incitare gli animali da traino e anche in tempi lontani per punire gli studenti meno attenti o poco educati. Il motore a scoppio e la pedagogia moderna hanno mandato in archivio il nerbo e speriamo anche le nerbate, i colpi secchi dati con questo temibile bastone. Da nerbo, però, proviene un aggettivo adatto alle persone muscolose, possenti e un po rudi: quale?

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Dal secondo Ottocento al primo Novecento