I romanzi del superuomo

I romanzi del superuomo

Individui eccezionali, volontà di potenza, amori torbidi, fallimenti esistenziali: questi i temi che accomunano i romanzi dannunziani scritti dopo Il piacere. Le trame si assottigliano sempre di più, lasciando maggiore spazio a descrizioni, riflessioni introspettive, ossessioni psicologiche di protagonisti che incarnano l’ideologia superomistica dell’autore, convinti come sono di appartenere a una specie superiore di individui capaci di dominare la realtà, ma che si rivelano poi incapaci di tradurre concretamente in azione gli ideali e le fantasie di cui sono portatori.

Trionfo della morte

La storia di un suicida Protagonista di questo romanzo, uscito nel 1894, è Giorgio Aurispa, un esteta abruzzese ma trapiantato a Roma, le cui velleità e ambizioni sono messe a dura prova dall’amore prepotente per una donna sposata, Ippolita Sanzio. Debole, malato e inconcludente, Aurispa sente a poco a poco che la schiavitù dei sensi, da cui è dolorosamente avvinto, si sta trasformando in una cupa volontà di morte. La conclusione della vicenda non può che essere tragica: come in una sorta di delirio passionale, Aurispa si uccide insieme alla donna gettandosi dall’alto di una scogliera mentre la tiene tra le braccia.

La debolezza di un eroe fallito Considerato dal critico Carlo Salinari «il manifesto sessuale» del superuomo dannunziano, il Trionfo della morte presenta alcuni degli stereotipi della volontà di potenza celebrata dall’autore: il desiderio di autoaffermazione, l’estraneità alla morale comune, l’insofferenza per ogni norma costituita, lo stesso rituale dell’omicidio-suicidio come espressione di un estremo atto di vitalismo. Tuttavia, il temperamento e il fallimento del protagonista anticipano anche il tema dell’inettitudine, che sarà ripreso, con maggiore consapevolezza critica, da autori quali Franz Kafka e Italo Svevo.

Le vergini delle rocce

Il riscatto della stirpe In quest’opera, uscita nel 1895, d’Annunzio narra la vicenda di un nobile abruzzese, Claudio Cantelmo, che cerca una donna con cui concepire un figlio che riscatti la decadenza della stirpe italica. Il protagonista rimane a lungo incerto fra tre sorelle – ultime discendenti di una famiglia della vecchia nobiltà borbonica, in un luogo imprecisato della Sicilia –, ciascuna delle quali presenta alcune delle caratteristiche che egli cerca. Cantelmo però non sa decidersi e il romanzo rimane incompiuto, come a sottolineare implicitamente il fallimento del superuomo.

Il fuoco

Un romanzo autobiografico Stelio Effrena, il protagonista di questo romanzo pubblicato nel 1900, è un poeta e musicista che, suggestionato dalle idee di un maestro del Decadentismo, Richard Wagner, sogna di creare un’opera d’arte totale. Sullo sfondo di una Venezia autunnale e decadente, Stelio intravede in una splendida ma non più giovane attrice, la Foscarina, la musa per realizzare le proprie ambizioni. Tra i due amanti (sotto i cui nomi si celano le figure di d’Annunzio e di Eleonora Duse) l’intesa è destinata presto a sfiorire, insidiata da una giovane cantante, nuova fonte di ispirazione per Stelio. La Foscarina allora, cosciente del venir meno della propria bellezza, si sacrifica rinunciando a lui e lasciandolo libero di sperimentare altri sentieri artistici. Ma i progetti ambiziosi di Stelio non si realizzeranno: i funerali di Wagner segnano anche simbolicamente la fine delle sue velleità.

 >> pagina 509

Forse che sì forse che no

Tra Decadentismo e Futurismo In questo romanzo del 1910, legato ai nuovi miti del progresso tecnologico (la velocità, l’automobile, l’aeroplano) celebrati dal nascente Futurismo, il superuomo prende le fattezze di un aviatore, Paolo Tarsis, che, dopo aver saputo che la donna amata, Isabella, è impazzita, forse in seguito a una relazione incestuosa con il fratello, tenta quale sfida estrema l’audace impresa di raggiungere in volo dal Lazio le coste della Sardegna. Nella rischiosa trasvolata, Paolo è convinto di perdere la vita, ma non sarà così: vinta la sfida eroica, saprà riconquistare la voglia di vivere.

T5

Il manifesto del superuomo

Le vergini delle rocce

Il protagonista del romanzo, Claudio Cantelmo, esprime il proprio disgusto per la decadenza italiana, auspicando che presto un’aristocrazia di poeti e uomini superiori sovverta le regole della democrazia e i princìpi della società borghese, instaurando un regno consacrato alla bellezza e all’arte.

Chiedevano intanto i poeti, scoraggiati e smarriti, dopo aver esausta la dovizia1
delle rime nell’evocare imagini d’altri tempi, nel piangere le loro illusioni morte e
nel numerare i colori delle foglie caduche; chiedevano, alcuni con ironia, altri pur
senza: «Qual può essere oggi il nostro officio?2 Dobbiamo noi esaltare in senarii
5        doppii il  suffragio universale? Dobbiamo noi affrettar con l’ansia dei decasillabi3
la caduta dei re, l’avvento delle repubbliche, l’accesso delle plebi al potere? Non è
in Roma, come già fu in Atene, un qualche demagogo Cleofonte fabbricante di lire?4
Noi potremmo, per modesta mercede, con i suoi stessi strumenti accordati da
lui, persuadere gli increduli che nel gregge è la forza, il diritto, il pensiero, la saggezza,
10    la luce…».
Ma nessuno tra loro, più generoso e più ardente, si levava a rispondere: «Difendete
la Bellezza! È questo il vostro unico officio. Difendete il sogno che è in voi!
Poiché oggi non più i mortali tributano onore e riverenza ai cantori alunni della
Musa5 che li predilige, come diceva Odisseo, difendetevi con tutte le armi, e pur
15    con le beffe se queste valgano meglio delle invettive. Attendete ad inacerbire6 con
i più acri veleni le punte del vostro scherno. Fate che i vostri sarcasmi abbiano tal
virtù corrosiva che giungano sino alla midolla e la distruggano. Bollate voi sino
all’osso le stupide fronti di coloro che vorrebbero mettere su ciascuna anima un
marchio esatto come su un utensile sociale e fare le teste umane tutte simili come
20    le teste dei chiodi sotto la percussione dei chiodajuoli.7 Le vostre risa frenetiche
salgano fino al cielo, quando udite gli stallieri della Gran Bestia8 vociferare nell’assemblea.
Proclamate e dimostrate per la gloria dell’Intelligenza che le loro dicerie
non sono men basse di quei suoni sconci con cui il villano manda fuori per la
bocca il vento dal suo stomaco rimpinzato di legumi.9 Proclamate e dimostrate
25    che le loro mani, a cui il vostro padre Dante darebbe l’epiteto medesimo ch’egli
diede alle unghie di Taide, sono atte a raccattar lo stabbio10 ma non degne di levarsi
per sancire una legge nell’assemblea. Difendete il Pensiero ch’essi minacciano,
la Bellezza ch’essi oltraggiano! Verrà un giorno in cui essi tenteranno di ardere i
libri, di spezzare le statue, di lacerare le tele. Difendete l’antica liberale11 opera dei
30    vostri maestri e quella futura dei vostri discepoli, contro la rabbia degli schiavi
ubriachi.12 Non disperate, essendo pochi. Voi possedete la suprema scienza e la
suprema forza del mondo: il Verbo.13 Un ordine di parole può vincere d’efficacia
micidiale una formula chimica.14 Opponete risolutamente la distruzione alla
distruzione!».15

 >> pagina 510 

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Paladino di una nobiltà d’intelletto e di spirito, il superuomo Cantelmo si scaglia contro la società borghese, democratica, mercantile, che attenta alla bellezza, contaminando le glorie del passato, umiliando la nazione, profanando lo spirito sacro della stirpe italica. Il suo è un vero e proprio proclama di una guerra santa: una nuova aristocrazia dell’anima è chiamata a respingere i dogmi dell’egualitarismo, che minacciano di livellare l’umanità impedendo agli spiriti eletti di assolvere la loro funzione di guida e ispirazione.

Nel suo manifesto ideologico, Cantelmo-d’Annunzio non propone tuttavia un nostalgico sogno regressivo. Il suo programma di riscatto non intende muovere dal rimpianto del passato: la modernità non va respinta, ma liberata dal dominio del denaro e della merce che la borghesia vi ha instaurato. Quello del superuomo sarà dunque un messaggio concreto, rivolto, più che alla classe aristocratica (un esteta fiacco e irresoluto come l’Andrea Sperelli del Piacere non avrebbe potuto aderirvi), a una nuova avanguardia di spiriti privilegiati. Questi saranno soprattutto i poeti e gli intellettuali in genere, i quali dovranno difendere la bellezza e la sua espressione quasi religiosa (il Verbo, r. 32) senza isolarsi dal mondo, ma uscendo dalla sterile torre d’avorio dell’arte e gettandosi nella mischia per contrastare la corruzione e la mediocrità imperanti.
 >> pagina 511

D’Annunzio attribuisce dunque una funzione pratica e politica alla letteratura e un ruolo ambizioso agli artisti, posti idealmente a capo della collettività e dello Stato. Alla causa della riscossa, però, non serviranno tutti i poeti: quelli languidi e sentimentali, scoraggiati e smarriti (r. 1), potranno far compagnia ai cantori del suffragio universale (r. 5) e dell’accesso delle plebi al potere (r. 6). Sarà invece essenziale il contributo di quanti avranno la forza di combattere la Gran Bestia (r. 21) parlamentare, seguendo l’esempio di coraggio e forza civile offerto dal padre Dante (r. 25) e alimentando il sogno di un riscatto epocale.

Le scelte stilistiche

La prosa che abbiamo letto ha evidentemente ben poco di romanzesco. Il monologo di Cantelmo ha l’aspetto, il tono e lo stile di un’orazione profetica, di un comizio, in cui un registro sublime e uno volgare si mescolano sapientemente per colpire e infiammare l’uditorio. D’Annunzio, insomma, sperimenta e affina qui gli strumenti di abile conoscitore degli umori della massa, blandita e stimolata dalla sua accesa arte oratoria, con la quale avvincerà le folle alle adunate della campagna interventista.

Il linguaggio del superuomo non può che essere “gridato” e aggressivo, come deve esserlo una violenta requisitoria. Poiché l’argomentazione conta fino a un certo punto, ciò che cattura l’attenzione è l’affermazione risoluta, la sentenza, la frase a effetto, l’ordine retorico: troviamo perciò metafore e similitudini con le quali si sbeffeggiano gli avversari (gli stallieri della Gran Bestia, r. 21; le loro dicerie non sono men basse di quei suoni sconci…, rr. 22-23), profezie apocalittiche (Verrà un giorno…, r. 28), interrogative retoriche, esclamazioni accorate, ripetizioni (Dobbiamo…, Dobbiamo…, rr. 4 e 5; Proclamate e dimostrate…, Proclamate e dimostrate…, rr. 22 e 24, ecc.) e apostrofi (Difendete…, rr. 11-12, 27, 29; Bollate…, r. 17; Opponete…, r. 33), con cui il poeta tenta di coinvolgere gli “eletti” come lui nella comune battaglia di civiltà.

VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

1 Riassumi l’atto d’accusa che Cantelmo rivolge al proprio tempo.


2 In che cosa consiste l’appello che il protagonista lancia ai poeti?

ANALIZZARE

3 Inserisci nella tabella gli aggettivi che nel testo si riferiscono alla visione superomistica e quelli relativi al mondo borghese.


Superuomo

Borghesia










INTERPRETARE

4 Perché, secondo te, il testo è ricco di riferimenti alla civiltà classica?

SCRIVERE PER...

CONFRONTARE

5 Come Andrea Sperelli, Claudio Cantelmo inneggia alla bellezza, essendo anch’egli un esteta. Tuttavia i due personaggi sono assai diversi tra loro. Confrontali in un testo espositivo di circa 20 righe.

ARGOMENTARE

6 E se il protagonista di Le vergini delle rocce, invece di invocare un potere autoritario, pronunciasse un comizio democratico? Prova a scrivere, con il medesimo slancio poetico, un testo di circa 20 righe che assomigli a un’orazione, in cui difendi i princìpi della democrazia.

Dibattito in classe

7 Secondo il protagonista del romanzo, Claudio Cantelmo, l’arte è destinata ai pochi che siano in grado di apprezzarla; oggi invece si pensa che essa sia patrimonio comune di tutti, e si cerca di diffonderne la conoscenza e la frequentazione con iniziative varie (ingressi gratuiti nei musei, festival artistici e letterari…): tu che cosa ne pensi? Discutine in classe.

Classe di letteratura - volume 3A
Classe di letteratura - volume 3A
Dal secondo Ottocento al primo Novecento