Mastro-don Gesualdo
La trama Ambientato nella prima parte dell’Ottocento, il romanzo vede come protagonista Gesualdo Motta, un manovale siciliano che, grazie alla sua ambizione, diventa un proprietario terriero, meritandosi anche il titolo di “don”, riservato ai notabili. Arricchitosi superando avversità d’ogni sorta, egli è però circondato dalla malignità e dall’invidia dei rivali e dei parenti, specialmente quando decide di recidere il legame con l’ambiente dal quale proviene (abbandonando anche la serva-amante Diodata, dalla quale ha avuto due figli) e di sposare una nobile decaduta, Bianca Trao, pur di suggellare la propria ascesa sociale. Questo matrimonio segna l’inizio della fine per Gesualdo: la moglie lo considera un estraneo e la figlia Isabella (probabilmente non sua) non gli riserva affetto, anche perché costretta a sposare un vecchio nobile cinico e spiantato, il duca di Leyra, pur amando il cugino Corrado. Rinchiusosi sempre più in sé stesso dopo la morte di Bianca, Gesualdo si ammala. Solo e disprezzato da tutti, viene portato nel palazzo palermitano dove vivono la figlia e il genero, il quale scialacqua le ricchezze che il suocero ha accumulato. Muore infine tra atroci sofferenze, schernito dalla servitù.
L’ambientazione eterogenea Al posto della piccola comunità che fa da sfondo alle vicende dei Malavoglia, qui è descritto il quadro più complesso di un borgo rurale in cui si muovono individui diversi appartenenti alle varie classi sociali. Nuovi ricchi si mescolano a umili artigiani e contadini, aristocratici a faccendieri ed esponenti del clero, ma tutti indistintamente – nobili, borghesi e plebei – risultano asserviti a una sola, gretta morale utilitaristica. Ognuno, infatti, appare chiuso nell’ossessiva difesa del proprio egoistico interesse, schiavo di una vera e propria religione della «roba» che ha rimosso ogni idea di Dio e sacrificato affetti e legami.
La sconfitta di un arrampicatore sociale Anche Gesualdo ha consacrato la propria vita al feticcio dei beni materiali, integrandosi con apparente successo nel meccanismo del profitto. A prima vista, egli è un personaggio epico e, al tempo stesso, romanzesco, il prototipo dell’arrampicatore di successo che è riuscito a scalare le vette più alte della gerarchia sociale. Tuttavia, nell’emanciparsi dalla povertà, ha preparato il proprio fallimento come uomo: non soddisfatto della ricchezza accumulata, ha preteso di essere accolto tra i potenti, sancendo la sua nuova posizione con un matrimonio di interesse. Non solo però egli sarà rifiutato dai nobili, ma verrà ripudiato anche dalla famiglia d’origine, che si sentirà tradita e sconfessata. Da questo punto di vista, il trattino che Verga appone nel titolo tra gli epiteti di «Mastro» e «don» non costituisce un dettaglio ortografico irrilevante, ma rappresenta la condizione in cui vive il protagonista, a metà tra due mondi inconciliabili, che lo respingono: troppo ricco per essere un villano come gli altri, troppo umile di nascita per poter essere accettato dal mondo della nobiltà.
La disfatta degli ideali Gesualdo è dunque, negli affetti, un “vinto”, condannato dalla sua stessa ambizione e dal destino che si abbatte inesorabilmente su quanti scelgono di abbandonare la propria condizione tradendo il codice severo delle origini popolari e contadine. E, per di più, Gesualdo è un vinto anche nella sua «roba», che ha accumulato con tanta parsimonia e, ormai morente, vede dissipata dal genero. Nella figura del protagonista, Verga rispecchia tutto il suo antiromantico, spietato pessimismo. Tramontato ogni mito positivo, con lucida e distaccata determinazione egli esprime una visione critica che sottopone a riesame ogni illusione, a partire dalla fede nella solidarietà familiare fino al mito del progresso sociale.
>> pagina 250
Lo stile L’intreccio di fatti e personaggi con cui si dipana la vicenda del romanzo trova corrispondenza anche sul piano formale. Mentre nei Malavoglia all’omogeneità ambientale corrisponde una certa uniformità stilistica, nel Mastro-don Gesualdo troviamo una pluralità di moduli espressivi, di voci e di punti di vista. La tecnica del racconto muta a seconda della fisionomia psicologica e sociale dei vari personaggi, sui quali si proietta talvolta il gusto della deformazione grottesca o, addirittura, della caricatura. Questa scelta, che potremmo definire “espressionistica”, si spiega con la volontà dell’autore di smascherare le apparenze e l’ipocrisia quotidiana. Quello di Verga, qui, è uno sguardo ironico e distruttivo che mostra la bestialità amorale di un universo degenerato e privo di ogni idealità positiva.
T10
La morte di Gesualdo
Mastro-don Gesualdo, IV, cap. 5
Riportiamo le pagine finali del romanzo. Gesualdo, nel palazzo ducale del genero, assiste impotente e rassegnato al disfacimento di tutto ciò che ha costruito. Abbandonato dai familiari, rifiutato dalla nobiltà, egli vorrebbe almeno stabilire un dialogo sincero con la figlia Isabella. Ma ciò non è possibile e il vecchio muore in una solitudine senza affetti, dopo una straziante agonia sotto lo sguardo malevolo della servitù.
DENTRO IL TESTO
I contenuti tematici
Come avviene nella novella La roba (▶ T9, p. 243), anche in Mastro-don Gesualdo la morte rivela il fallimento della vicenda umana del protagonista: accolto malato e stanco nella dimora della figlia Isabella, egli trascorre gli ultimi giorni come un forestiero (r. 49), oggetto delle ipocrite attenzioni del genero e della fredda indifferenza della figlia, che non gli perdona di averla costretta a un matrimonio infelice al solo fine di garantirsi un titolo nobiliare prestigioso. Perfino i servi, sfaccendati nell’indolente organizzazione della casa, lo guardano con disprezzo, invidiosi della scalata sociale realizzata da un uomo dalle origini umili come le loro.
Il destino di Gesualdo è pertanto quello di un tragico «personaggio bifronte» (Cigliana), nuovo padrone invidiato dai suoi, ma anche vilipeso dai galantuomini in quanto parvenu, bifolco rifatto. La sua scalata sociale si è trasformata in un fallimento umano doloroso e in un isolamento che è la conseguenza della rottura del patto di solidarietà con la classe sociale da cui proviene.
Anch’egli, come Mazzarò, ha costruito, mantenuto e accresciuto il proprio patrimonio grazie alla fatica e al sacrificio. Tuttavia, mentre Mazzarò, chiuso nella propria grettezza, non può concepire altro che un perpetuo bisogno di possesso, Gesualdo si concede un’infrazione che si rivelerà fatale: il matrimonio. Per quanto tale decisione sia sempre dettata da motivi di convenienza, essa è di fatto la causa di tutti i suoi mali, economici e affettivi.
La sconfitta del personaggio matura tragicamente nei suoi ultimi momenti di vita. Invano Gesualdo si era appigliato all’idea che la roba potesse sopravvivergli: a sancire la sua resa definitiva è la coscienza che ciò non potrà accadere. Il pensiero rivolto ai figli illegittimi avuti prima del matrimonio, le persone verso cui ha degli obblighi (r. 257), è destinato a cadere nel vuoto. Isabella, a cui chiede di lasciar loro qualcosa del patrimonio che sta per ereditare, non è capace infatti di entrare davvero in contatto con lui, e i suoi occhi, dopo una breve, inespressa commozione, tornano indifferenti e insensibili: la distanza che separa padre e figlia si traduce così nello sdegnoso ritrarsi di Isabella, nella sua indisponibilità alla confidenza e nel riapparire della ruga ostinata dei Trao fra le ciglia (r. 268), di fronte alla quale a Gesualdo non resta che rinunciare a ogni tentativo di comunicazione.
In quegli occhi e nello sconforto senza lacrime di Gesualdo, rassegnato con dignità alla sconfitta (Allentò le braccia, e non aggiunse altro, rr. 270-271), Verga proietta il proprio radicale pessimismo sulle possibilità di salvezza dell’uomo, costretto a vivere in un mondo spogliato di ogni idealità, asservito alla sola morale utilitaristica e privato di ogni autentica religione degli affetti.
Le scelte stilistiche
All’inizio del passo è lo stesso protagonista a scrutare la realtà del palazzo in cui è ospitato: la condizione di escluso in cui si trova gli permette di valutare la vacuità e l’insensatezza che vi regna. Anche durante il colloquio con Isabella, dietro l’apparenza di un’osservazione neutrale compiuta da un narratore esterno, a essere registrati sono soprattutto gli stati d’animo di Gesualdo: guardandola fisso per vedere se voleva lei pure (rr. 220-221), La guardò fissamente (r. 253), E mentre la guardava (r. 264).
VERSO LE COMPETENZE
COMPRENDERE
1 Qual è il responso dei medici riuniti a consulto sulla malattia di Gesualdo?
2 Che cosa confida il protagonista alla figlia in punto di morte?
3 Che cosa intuisce Gesualdo quando guarda negli occhi la figlia?
ANALIZZARE
4 Elenca tutte le manifestazioni di lusso a causa delle quali il patrimonio di Gesualdo andrà in rovina.
5 Trova nel testo le espressioni che denunciano il fastidio o l’invidia dei servitori nei confronti del protagonista.
6 Quali artifici vengono adottati dal narratore nelle battute di dialogo per rendere l’immediatezza del parlato?
INTERPRETARE
7 Perché Gesualdo prova irritazione per l’atteggiamento della servitù del palazzo?
8 Il colloquio tra il protagonista e la figlia è costellato di punti di sospensione: perché?
9 Nella sofferenza provata da Gesualdo dinanzi allo sperpero del genero si può cogliere la differenza tra due mentalità, espressione di due diverse classi sociali. Sei d’accordo con quest’affermazione? Motiva la tua risposta.
10 Come reagisce Gesualdo davanti alla morte ormai imminente?
scrivere per...
argomentare
11 Dopo aver letto la novella La roba (▶ T9, p. 243) e il brano del romanzo (▶ T10, p. 250), metti in luce in un breve testo argomentativo di circa 30 righe le differenze esistenti nel rapporto che i due protagonisti intrattengono con la roba.
esporre
12 Ritieni che oggi la ricchezza e l’ambizione di scalare la società siano obiettivi diffusi presso i tuoi contemporanei? Quale peso ha, a tuo giudizio, l’appartenenza a una classe sociale nelle dinamiche e nelle relazioni tra gli individui? Rifletti su questi problemi esponendo il tuo punto di vista.
Classe di letteratura - volume 3A
Dal secondo Ottocento al primo Novecento