Classe di letteratura - volume 2

Glossario Discorso indiretto libero Riporta un discorso in forma indiretta, ma con alcune caratteristiche specifiche. A differenza di quanto accade di solito nel discorso indiretto, non è introdotto da verbi come dire , sostenere , affermare , dichiarare ecc. Come invece accade sovente nel discorso diretto, spesso presenta al suo interno interiezioni, esclamazioni, avverbi di luogo e tempo, frasi interrogative dirette, frasi ellittiche e vari costrutti tipici del parlato, mentre i tempi verbali più usati sono l indicativo imperfetto e il condizionale passato, che permettono una maggiore vicinanza di chi scrive a ciò che si racconta. Molto in voga nella prosa narrativa tra Ottocento e Novecento, il discorso indiretto libero ha lo scopo di riferire in 3ª persona le parole e i pensieri di un personaggio, combinandoli con quelli della voce narrante. Dittologia In retorica, ripetizione di una parola (come bello bello , alto alto ), oppure giustapposizione di una parola a un altra ( ubriaco fradicio , pieno zeppo ), con funzione rafforzativa; è detta d. sinonimica quella in cui si ha giustapposizione di una coppia di sinonimi o quasi sinonimi. Esempio: «[ ] Ella già sente / morirsi, e l piè le manca egro e languente (T. Tasso, Gerusalemme liberata, XII, ott. 64). E Ellissi Figura retorica che consiste nell omissione, in una proposizione, di uno o più elementi che si possono sottintendere (per esempio, il verbo) conferendo all enunciato più concisione ed efficacia. Emistichio Nella metrica classica, ciascuna delle 2 parti in cui il verso viene diviso dalla cesura . Nella metrica medievale e moderna, la prima o la seconda metà di un verso divisibile in due (come, per es., l alessandrino). Endecasillabo Verso composto di 11 sillabe, il più importante e vario della tradizione poetica italiana per le sue molteplici soluzioni metriche (in base al numero degli accenti e delle pause); di largo impiego nel poema in terzine (Dante, che lo definì superbissimum carmen) e in ottave (L. Ariosto, T. Tasso), nella poesia tragica, nel sonetto o, alternato al settenario , nella canzone antica e leopardiana. Le origini risalgono alla poesia dei primi siciliani (fine XII sec.), che probabilmente lo ripresero dai poeti provenzali. Gli accenti ritmici possono essere disposti in modo vario; l unica costante è l accento fisso sulla 10ª sillaba. Nella varietà delle configurazioni, si presentano con maggiore frequenza gli schemi con accento sulla 4ª sillaba e con accento sulla 6ª sillaba: l e. risulta diviso in 2 membri o emistichi e prende il nome, nel primo caso, di e. a minore («sì che l piè férmo // sempre era l più bàsso , Dante, Inferno, I, 30), nel secondo, di e. a maiore («l amor che move il s le // e l altre stélle , Dante, Paradiso, XXXIII, 145). «Addio, monti sorgenti dall acque (A. Manzoni, I promessi sposi, cap. 8). Endiadi Figura retorica per cui un concetto viene espresso con due termini coordinati, di solito due sostantivi al posto di un sostantivo determinato da aggettivo o complemento di specificazione. Esempi: «amore e pena (F. H lderlin, Fantasia serale, v. 17); «con tante note sì pietose et scorte (F. Petrarca, Canzoniere, 311, 4), a significare suoni modulati in maniera tanto commossa ; «di ceneri e di pomici e di sassi / notte e ruina (G. Leopardi, La ginestra, vv. 215-216), cioè tenebrosa rovina . 950 Enjambement Superamento logico e sintattico del limite ritmico del verso, ottenuto con la collocazione nel verso successivo di un termine strettamente connesso ad altro del precedente. Mentre poeti come Dante tendono a far coincidere l unità metrica del singolo verso con l unità sintattica e concettuale di una frase, di modo che ogni singolo verso abbia un significato compiuto e autonomo, a partire dal Cinquecento e sempre più spesso nell Otto e Novecento, i poeti spezzano i nessi unitari, sia per dare maggiore rilievo a singoli elementi dei versi, sia per creare una più intensa fluidità ritmica che modifichi la rigida e monotona scansione dei versi. Esempi: «da cui vergine nacque / Venere (U. Foscolo, A Zacinto, vv. 4-5); «l astro più caro a Venere / [ ] / appare (U. Foscolo, All amica risanata, vv. 2-5); «A noi / morte apparecchi (U. Foscolo, Dei Sepolcri, vv. 145-146). Enumerazione L atto, il fatto di enumerare; enunciazione ordinata e puntuale di una serie di cose. Nella retorica classica, la parte di un orazione in cui si richiamano ordinatamente gli argomenti precedentemente enunciati. Epanalessi Figura retorica, dai grammatici latini detta geminatio, che consiste nella ripetizione di una o più parole in un unico segmento testuale sintattico (prosa) o ritmico (verso), sia di seguito, sia con l interposizione di altre parole. figura di emozione, di intensificazione emotiva. Epifora Nella retorica, figura speculare all anafora , consistente nella ripetizione di una o più parole alla fine di enunciati. Epigrafe Iscrizione in fronte a un libro o a uno scritto, per dedica o per ricordo; più in particolare, citazione di un passo d autore o di opera illustre che si pone in testa a uno scritto per confermare con parole autorevoli quanto si sta per dire. Esempio: «Pubblicando queste lettere, io tento di erigere un monumento alla virtù sconosciuta (U. Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis, Parte prima, Al lettore). Epistola In diplomatica, sinonimo di littera, nel senso di documento pubblico, imperiale, regio e pontificio, emanato in forma di lettera. Nella letteratura latina, genere di componimento poetico in versi, talvolta affine alla satira, che nella forma e nel tono familiare s avvicina alla lettera (le e. in esametri di Orazio), ma tratta anche argomenti elevati (l e. ad Pisones di Orazio, detta anche Ars poetica). Nella letteratura italiana, denominazione di alcuni poemetti lirico-didascalici in versi sciolti o in terzine del XVII e del XVIII sec. (come le e. di C.I. Frugoni, l e. A Vincenzo Monti di U. Foscolo e l e. Al conte Carlo Pepoli di G. Leopardi). Nel linguaggio ecclesiastico, le lettere degli Apostoli che fanno parte del Nuovo Testamento. Epitesi In linguistica, aggiunta di qualche fonema alla fine di una parola; per es., in italiano antico -e nelle forme ossitone: fae, faroe, ameroe, piue, tue ecc., e talora -ne, come in sine, none, quine. detta anche paragoge. Esametro Verso tradizionale dell epopea greca e romana da Omero in poi, usato però anche nella poesia religiosa (oracoli e inni), nella didascalica e, unito con il cosiddetto pentametro elegiaco, nella poesia elegiaca (distico elegiaco). L e. si trova alternato con il dimetro giambico già in Archiloco e poi in epodi di Orazio. Si ebbero vari tipi di e. secondo la disposizione degli spondei rispetto ai dattili; tra i più noti: e. spondaico, se il 5° piede è spondeo; e. periodico, se alterna dattili e spondei; e. saffico, frequente in Saffo, se ha lo spondeo all inizio e in fine; e. olodattilo,

Classe di letteratura - volume 2
Classe di letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento