Le scelte linguistiche

IN BREVE delle sue emozioni. Non a tutte le sue creature, però, Manzoni concede questa opportunità. Il punto di vista dei malvagi, in atto di meditare o compiere cattive azioni, è radicalmente escluso dal romanzo. Non a caso l unica, straordinaria scena in cui al lettore si apre l universo mentale di don Rodrigo cade giusto nel momento in cui il signorotto, aggredito dalla peste, scopre nel delirio il bubbone e intravede alla porta il Griso, suo servitore, che lo tradisce. | LE SCELTE LINGUISTICHE | Manzoni incontra difficoltà quando cerca di scrivere in una lingua italiana unitaria. Un «composto indigesto Postosi al lavoro sul romanzo, Manzoni si trovò dinanzi a difficoltà innanzitutto linguistiche. Non esisteva un modello di riferimento, nella scarna tradizione narrativa italiana, e non esisteva del resto neppure una lingua universalmente adottata nella penisola. Nella vita quotidiana egli sentiva usare quasi soltanto il dialetto o tutt al più il parlar finito , ovvero un milanese aggiustato alla bell e meglio con desinenze toscane. Come regolarsi, dunque? Come restituire la freschezza della conversazione orale? La soluzione non arriva subito. L eclettismo della prima stesura lo lascia profondamente insoddisfatto: «Scrivo male a mio dispetto , sbotta nell introduzione al Fermo e Lucia, biasimando in una spietata autocritica quello che gli pare un «composto indigesto di frasi un po lombarde, un po toscane, un po francesi, un po anche latine; di frasi che non appartengono a nessuna di queste categorie, ma sono cavate per analogia e per estensione o dall una o dall altra di esse . Il soggiorno a Firenze gli indica la soluzione: utilizza molte parole della lingua fiorentina parlata. Dalla ventisettana alla quarantana Nel riscrivere il romanzo Manzoni cerca dunque più saldi appigli nel toscano usato in ambito letterario, consultando e postillando vari repertori, a cominciare dal Vocabolario milanese-italiano di Francesco Cherubini. A lungo l autore crede nell opportunità di valorizzare le convergenze fra italiano e dialetto locale, poi si rende conto che resta alla pagina un sapore in qualche misura artificiale, di una lingua ricavata dai libri e non dal parlato vivo di una comunità. Il soggiorno a Firenze, subito dopo l uscita della ventisettana , lo convince ad adottare la lingua effettivamente usata in città in contesti civili. Avvalendosi dei suggerimenti di Emilia Luti istitutrice delle figlie, nativa del capoluogo toscano nella quarantana Manzoni elimina i lombardismi, sfronda le forme auliche (scrivendo aria al posto di aere, materasso al posto di coltrice, paura al posto di tema, e così via), sostituisce nell imperfetto indicativo la prima persona in -o a quella in -a (io facevo invece di io faceva), accresce la presenza di interiezioni e altri fenomeni tipici dell oralità, come i pleonasmi («La peste l ho avuta ) e gli anacoluti («il coraggio, chi non ce l ha non se lo può dare ), in modo da conferire al romanzo maggiore vivacità. Testo PLUS Don Abbondio dinanzi al cardinal Borromeo A sinistra: frontespizio dell edizione del 1827, con il visto della censura austriaca. A destra: Francesco Gonin, Frontespizio dell edizione del 1840. Milano, Biblioteca Braidense. 800 / IL PRIMO OTTOCENTO

Classe di letteratura - volume 2
Classe di letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento