Classe di letteratura - volume 2

230 235 240 245 250 255 E me che i tempi ed il desio d onore fan per diversa gente ir fuggitivo, me ad evocar gli eroi chiamin le Muse del mortale pensiero animatrici. Siedon custodi de sepolcri, e quando il tempo con sue fredde ale vi spazza fin le rovine, le Pimplèe fan lieti di lor canto i deserti, e l armonia vince di mille secoli il silenzio. Ed oggi nella Troade inseminata eterno splende a peregrini un loco, eterno per la Ninfa a cui fu sposo Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio, onde fur Troia e Assàraco e i cinquanta talami e il regno della giulia gente. Però che quando Elettra udì la Parca che lei dalle vitali aure del giorno chiamava a cori dell Eliso, a Giove mandò il voto supremo: «E se , diceva, «a te fur care le mie chiome e il viso e le dolci vigilie, e non mi assente premio miglior la volontà de fati, la morta amica almen guarda dal cielo onde d Elettra tua resti la fama . Così orando moriva. E ne gemea l Olimpio: e l immortal capo accennando piovea dai crini ambrosia su la Ninfa, e fe sacro quel corpo e la sua tomba. Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto cenere d Ilo; ivi l iliache donne sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando 226-227 E me ir fuggitivo: il poeta con- trappone ai felici viaggi compiuti da Pindemonte in gioventù le proprie attuali peregrinazioni di esule, dovute così scrive qui alle vicende politiche (i tempi) e alla sua ricerca di gloria (desio d onore). Il sintagma E me richiama infatti il Felice te del v. 213, istituendo un raffronto implicito tra l autore e l amico Ippolito. Non è difficile cogliere in questo passaggio anche il ricordo del paragone con Ulisse, svolto nel sonetto A Zacinto ( T6, p. 599). 232 Pimplèe: le Muse, dette Pimplèe da Pimpla, monte della Macedonia dove era l omonima fonte a loro sacra. 233 l armonia: quella del canto poetico, contrapposta al silenzio determinato dallo scorrere del tempo, con la distruzione della memoria che esso porta con sé. il concetto della poesia eternatrice, già presente nell ode All amica risanata ( T9, p. 606). 235 Troade inseminata: la regione in cui 632 / IL PRIMO OTTOCENTO 226-234 E le Muse, ispiratrici del pensiero umano, chiamino me, che la perfidia dei tempi e il desiderio (desio) di gloria fanno vagare esule (ir fuggitivo) tra popoli stranieri (per diversa gente), a evocare gli eroi. Le Muse (le Pimplèe) stanno a custodia delle tombe, e quando il tempo, con le sue fredde ali, delle tombe (vi) spazza via persino le macerie, allietano (fan lieti) con il loro canto i luoghi ormai abbandonati (i deserti), e l armonia di quel canto supera anche un silenzio di mille secoli. 235-249 E oggi, nella Troade desolata (inseminata), risplende perenne ai viaggiatori un luogo, reso eterno grazie alla ninfa che ebbe come sposo Giove, e a Giove diede come figlio Dardano, da cui discesero Troia, Assaraco, i cinquanta figli (talami) e il regno della gens Iulia. Quel luogo è eterno per il fatto che (Però che), quando Elettra sentì la Parca che la chiamava dalle brezze vitali del mondo dei vivi (del giorno) alle danze (cori) dei Campi Elisi (dell Eliso), rivolse a Giove un ultima preghiera (voto supremo): «E se , diceva, «ti furono graditi i miei capelli, il viso e le dolci notti d amore (vigilie), e se la volontà del destino non mi concede (assente) una ricompensa (premio) migliore, proteggi almeno dal cielo l amata (amica) morta, affinché rimanga viva la memoria della tua Elettra . 250-262 Così pregando (orando), moriva. E Giove (l Olimpio) ne piangeva: e piegando il suo capo immortale in segno di assenso (accennando) faceva piovere dai suoi capelli (crini) gocce d ambrosia sulla ninfa, e rese (fe ) sacri quel corpo e la sua tomba. Lì fu sepolto (posò) Erittonio e riposano i resti del giusto Ilo; lì le donne troiane (iliache) scioglievano le chiome, ahimè inutilmente (indarno)! pregando per allontanare sorgeva Troia è oggi incolta, deserta. 237-238 la Ninfa Giove: Elettra, sposa di Giove, al quale diede un figlio, Dardano, da cui derivarono la discendenza troiana e di conseguenza, secondo la leggenda narrata da Virgilio nell Eneide, Roma. 239-240 onde gente: Foscolo si rifà alla genealogia virgiliana. Dardano ebbe due figli, Assaraco e Ilo. Della discendenza di Assaraco fecero parte Anchise (suo nipote), Enea e Iulo (o Ascanio), capostipite della gens Iulia, da cui sarebbe nata Roma; alla discendenza di Ilo (citato al v. 255) appartennero Priamo e i suoi cinquanta figli maschi (talami, letti nuziali), Cassandra ed Ettore. 241-243 quando Elettra udì dell Eliso: la perifrasi significa quando Elettra sentì l approssimarsi della morte . La Parca che viene qui ricordata è tropo, quella che recideva il filo della vita nel punto stabilito dal destino. L Eliso sono i Campi Elisi, nella mitologia classica l aldilà dei beati, degli spiriti migliori, che vi si potevano dedicare alle attività più nobili (come la poesia e la danza, alla quale alludono i cori). 248 amica: latinismo per amante . 251 l Olimpio: Giove, così chiamato in quanto re dell Olimpo. accennando: attraverso il cenno del capo gli dèi indicavano l intenzione di accogliere una preghiera. 252 piovea: il verbo è qui costruito transitivamente. ambrosia: già citata al v. 63, l ambrosia era il cibo profumato degli dèi, che qui, scendendo sul corpo di Elettra, ne rende immortale la fama. 254 Ivi: nel sepolcro di Elettra. posò: riposò , e dunque fu sepolto (eufemismo, come anche, subito dopo, dorme). Erittonio: figlio di Dardano. 255 Ilo: nipote di Erittonio e nonno di Priamo. 256 sciogliean le chiome: sciogliere i capelli era per le donne antiche un segno di lutto.

Classe di letteratura - volume 2
Classe di letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento