Classe di letteratura - volume 2

IN BREVE presupposto fondamentale per cui il «Fine delle pene (par. 12) «non è altro che d impedire il reo dal far nuovi danni ai suoi concittadini e di rimuovere gli altri dal farne uguali : in altre parole, la prevenzione dei delitti. La tortura è condannata quale pratica inutilmente crudele. Il rifiuto della tortura Tra le pagine più chiare e persuasive di Beccaria vi è il paragrafo «Della tortura (par. 16), che con la sua carica appassionata colpisce profondamente il lettore. La tortura, questa «crudeltà consacrata , sopravvissuta in un mondo incamminato sulla via del progresso, è definitivamente e radicalmente rifiutata. La passione della polemica non impedisce un estremo rigore dell esposizione, grazie al quale l autore, facendo ricorso ad argomenti in parte già noti (derivanti da Montesquieu) e in parte originali, confuta uno dopo l altro i sofismi che per secoli avevano giustificato l uso di tale pratica. I reati dovono essere giudicati in tempi brevi perché sia evidente il nesso di causa-effetto tra delitto e pena. La prontezza della pena Dopo essersi soffermato su diverse forme di giudizio e di pena giudicate antiquate, come i compensi pecuniari e i giuramenti (par. 17 e par. 18), Beccaria presenta il fondamentale concetto di «Prontezza della pena (par. 19), ossia della rapidità con cui un delitto è giudicato e punito. Tale rapidità rappresenta un fatto di giustizia (mentre si svolge il processo, l imputato è detenuto in carcere, che è già di per sé una punizione: è dunque essenziale che questo tempo sia il minore possibile, per evitare che un innocente venga sottoposto a una pena che non meriterebbe), ma è anche la garanzia dell utilità delle pene come elemento deterrente: solo se la condanna segue rapidamente il delitto la maggioranza delle persone assocerà i due eventi in una relazione di causa-effetto. Le pene non devono essere troppo dure per non compromettere il criterio di proporzionalità. La dolcezza delle pene Dopo aver esposto l esame particolareggiato dei diversi delitti e delle varie categorie di rei «Violenze (par. 20), «Furti (par. 22), «Infamia (par. 23), «Oziosi (par. 24), «Bando e confische (par. 25) , nel paragrafo intitolato la «Dolcezza delle pene (par. 27) Beccaria torna al suo argomento principale: la definizione degli scopi delle pene e la loro modalità di attuazione. L autore tratta il proprio tema sulla base di due presupposti, quello umanitario e quello utilitaristico: le pene non devono essere eccessivamente dure per un fatto di umanità («Chi nel leggere le storie non si raccapriccia d orrore pe barbari ed inutili tormenti che da uomini, che si chiamano savi, furono con freddo animo inventati ed eseguiti? ) ma anche per una questione di utilità generale. L esagerata crudeltà delle pene rende impossibile la loro proporzionalità (se a un delitto minimo corrisponde già una pena atroce, quale pena potrà essere comminata per un reato davvero grave?); inoltre, la ferocia delle pene abitua la società alla violenza, facendo aumentare i delitti; bisogna poi considerare che poiché l essere umano tende a temere una pena lieve ma certa più di una pena dura ma incerta (quale la morte, di cui ogni individuo ha un idea soltanto vaga e indefinita), invece di scongiurare i reati, la durezza delle pene li incentiverà: di fronte alla prospettiva di un castigo spietato, il reo tenderà infatti a commettere più delitti, per approfittare di maggiori vantaggi fintanto che riesca a sfuggire alla condanna. La pena di morte deve essere abolita perché nessun uomo ha il diritto di uccidere un altro uomo. Il problema centrale: la pena capitale A questo punto, Beccaria può dedicarsi al problema più grave di tutto il trattato: «Della pena di morte (par. 28). Qui l autore, riprendendo le fila di tutte le argomentazioni accumulate nei paragrafi precedenti, espone la propria lucida e sentita perorazione contro «il diritto che si attribuiscono gli uomini di trucidare i loro simili . Di fronte alla logica stringente della ragione che dimostra appunto come sia illegittimo attribuire a qualcuno il diritto di morte su qualcun altro nulla pesano, dice Beccaria, gli esempi dei secoli e dei millenni passati, in cui la pena capitale è stata quasi L AUTORE / CESARE BECCARIA / 301

Classe di letteratura - volume 2
Classe di letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento