Le OPERE
Opere giovanili Prima della conversione Manzoni compone soprattutto versi di stampo neoclassico e illuminista. Di questa fase ricordiamo il carme del 1806 In morte di Carlo Imbonati, in cui, sul modello pariniano, Manzoni delinea il ritratto di un uomo moralmente integro, e il poemetto Urania (1809), in cui si esalta la funzione civilizzatrice della poesia.
Poesia religiosa Dopo il 1810 compone versi di matrice cattolica, reinterpretando in chiave evangelica gli ideali egualitari e la vena pedagogica della tradizione illuminista. Progetta un ciclo di dodici inni sacri; fra quelli completati ricordiamo La Pentecoste (1817-1822), dove la rievocazione della discesa dello Spirito Santo si scioglie in una commossa preghiera corale per l’umanità.
Le tragedie Le tragedie di Manzoni non rispettano le unità aristoteliche di tempo e luogo, piuttosto mirano alla verosimiglianza e allo sviluppo di una coscienza critica: Il conte di Carmagnola (1816-1820) rappresenta la storia di un capitano di ventura condannato a morte per la sua clemenza verso i nemici; nell’Adelchi (1820-1822), invece, si narrano il crollo del dominio longobardo in Italia a opera dei Franchi e lo scontro fra politica e morale. Entrambe le opere sono caratterizzate dal pessimismo cristiano dell’autore, che si traduce nel trionfo del male nella Storia, da cui “salva” solamente la consolazione della ▶ fede.
Le odi civili Convinto della funzione pedagogica della poesia, nelle odi civili Manzoni rappresenta la Storia come un terreno in cui la Provvidenza agisce al fianco dell’uomo per riscattarlo dalla tirannide.
In Marzo 1821, composta durante i moti carbonari, il popolo viene incitato a lottare per la libertà in nome della volontà divina; nel Cinque maggio, scritta alla morte di Napoleone, si racconta il conforto portato dalla Grazia divina alla solitudine del generale francese nel momento del suo trapasso.
Le lettere sulla poetica Manzoni utilizza il genere epistolare per veicolare le proprie idee di poetica. Per esempio nella Lettre à Monsieur Chauvet (1820) rivendica la rinuncia alle unità aristoteliche; nella Lettera sul Romanticismo (1823) identifica una radice cristiana nel sistema romantico
I promessi sposi L’opera è da considerarsi il primo romanzo moderno della letteratura italiana. Manzoni ci lavora per circa vent’anni: dopo una prima versione (il Fermo e Lucia, 1821-1823), l’opera, profondamente modificata, viene data alle stampe nel 1827 (la “ventisettana”); poi, in seguito a una lunga e meticolosa rielaborazione linguistica (la cosiddetta “risciacquatura in Arno”), I promessi sposi escono in versione definitiva nel 1840 (la “quarantana”). La storia si svolge nel Seicento lombardo e narra le peripezie che due giovani promessi sposi, Renzo e Lucia, devono affrontare per sfuggire alle grinfie di don Rodrigo e potersi sposare. Nel corso della vicenda incontrano numerosi, emblematici personaggi: don Abbondio, curato vigliacco e opportunista; il carismatico fra Cristoforo; l’inquieta e ambigua monaca di Monza; l’Innominato, uomo malvagio convertito al bene dalla stessa Lucia; e Federigo Borromeo, cardinale caritatevole e illuminato. Il racconto di questa ingiustizia sociale a danno di due oppressi consegna un messaggio morale e religioso: Dio colpisce anche gli innocenti, ma la sventura può essere provvida; è necessario aver fede e abbandonarsi alla Grazia. Scegliendo un’epoca lontana dalla propria, Manzoni porta avanti un’aspra critica nei confronti degli abusi del potere, ancora presenti al tempo in cui scrive.
Scritti storici, letterari e filosofici Dal 1830, Manzoni abbandona il lavoro creativo, dedicandosi alla religione (Osservazioni sulla morale cattolica, 1819), alla storia (Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia, 1822; Storia della colonna infame, 1840), alla letteratura (Del romanzo storico, 1828; Dell’invenzione, 1850), alla questione della lingua (Della lingua italiana, 1830-1850; Relazione al ministro Broglio, 1868; Sentir messa, 1835-1836). In particolare, nella Lettera sulla lingua italiana (1847) tratta le ragioni che lo hanno portato a scegliere il fiorentino dell’uso colto.