T10 - Fra Cristoforo dinanzi a don Rodrigo

T10

Fra Cristoforo dinanzi a don Rodrigo

I promessi sposi, cap. 6

Venuto a conoscenza degli infami propositi di don Rodrigo, fra Cristoforo decide di parlargli di persona, nella speranza di convincerlo a desistere dal tormentare Lucia. Si reca perciò nel palazzotto del nobile, dove lo trova intento a banchettare. Scaldati dal vino, i commensali parlano con frivolezza di politica, della carestia, di regole cavalleresche. Fra Cristoforo attende con pazienza, sino al momento in cui don Rodrigo si stacca dal gruppo e gli concede un colloquio a quattr’occhi. Il momento è cruciale.

«In che posso ubbidirla?» disse don Rodrigo, piantandosi in piedi nel mezzo della
sala. Il suono delle parole era tale; ma il modo con cui eran proferite, voleva dir
chiaramente: bada a chi sei davanti, pesa le parole,1 e sbrigati.
Per dar coraggio al nostro fra Cristoforo, non c’era mezzo più sicuro e più spedito,
5      che prenderlo con maniera arrogante. Egli che stava sospeso,2 cercando le parole,
e facendo scorrere tra le dita le ave marie della corona che teneva a cintola,3
come se in qualcheduna di quelle sperasse di trovare il suo esordio;4 a quel fare
di don Rodrigo, si sentì subito venir sulle labbra più parole del bisogno. Ma pensando
quanto importasse di non guastare i fatti suoi5 o, ciò ch’era assai più, i fatti
10    altrui, corresse e temperò6 le frasi che gli si eran presentate alla mente, e disse, con
guardinga umiltà: «vengo a proporle un atto di giustizia, a pregarla d’una carità.
Cert’uomini di mal affare7 hanno messo innanzi il nome di vossignoria illustrissima,
per far paura a un povero curato, e impedirgli di compire il suo dovere, e per
soverchiare8 due innocenti. Lei può, con una parola, confonder coloro,9 restituire
15    al diritto la sua forza, e sollevar quelli a cui è fatta una così crudel violenza. Lo
può; e potendolo… la coscienza, l’onore…».
«Lei mi parlerà della mia coscienza, quando verrò a confessarmi da lei. In quanto
al mio onore, ha da sapere che il custode ne son io, e io solo; e che chiunque
ardisce entrare a parte con me di questa cura, lo riguardo come il temerario che
20    l’offende».10
Fra Cristoforo, avvertito da queste parole che quel signore cercava di tirare al
peggio le sue,11 per volgere il discorso in contesa, e non dargli luogo di venire alle
strette, s’impegnò tanto più alla sofferenza,12 risolvette di mandar giù qualunque
cosa piacesse all’altro di dire, e rispose subito, con un tono sommesso: «se ho detto
25    cosa che le dispiaccia, è stato certamente contro la mia intenzione. Mi corregga
pure, mi riprenda, se non so parlare come si conviene; ma si degni ascoltarmi.
Per amor del cielo, per quel Dio, al cui cospetto dobbiam tutti comparire…» e, così
dicendo, aveva preso tra le dita, e metteva davanti agli occhi del suo accigliato
ascoltatore il teschietto di legno attaccato alla sua corona, «non s’ostini a negare
30    una giustizia così facile, e così dovuta a de’ poverelli. Pensi che Dio ha sempre gli
occhi sopra di loro, e che le loro grida, i loro gemiti sono ascoltati lassù. L’innocenza
è potente al suo…».

«Eh, padre!» interruppe bruscamente don Rodrigo: «il rispetto ch’io porto al
suo abito è grande: ma se qualche cosa potesse farmelo dimenticare, sarebbe il
35    vederlo indosso a uno che ardisse di venire a farmi la spia in casa».13
Questa parola fece venir le fiamme sul viso del frate: il quale però, col sembiante14
di chi inghiottisce una medicina molto amara, riprese: «lei non crede che
un tal titolo mi si convenga. Lei sente in cuor suo, che il passo ch’io fo15 ora qui,
non è né vile né spregevole. M’ascolti, signor don Rodrigo; e voglia il cielo che
40    non venga un giorno in cui si penta di non avermi ascoltato. Non voglia metter la
sua gloria… qual gloria, signor don Rodrigo! qual gloria dinanzi agli uomini! E
dinanzi a Dio! Lei può molto quaggiù; ma…».
«Sa lei», disse don Rodrigo, interrompendo, con istizza, ma non senza qualche
raccapriccio,16 «sa lei che, quando mi viene lo schiribizzo17 di sentire una predica,
45    so benissimo andare in chiesa, come fanno gli altri? Ma in casa mia! Oh!» – e
continuò, con un sorriso forzato di scherno: «lei mi tratta da più di quel che sono.
Il predicatore in casa! Non l’hanno che i principi».
«E quel Dio che chiede conto ai principi della parola che fa loro sentire, nelle
loro regge; quel Dio le usa ora un tratto di misericordia, mandando un suo ministro,
50    indegno e miserabile, ma un suo ministro, a pregar per una innocente…».
«In somma, padre», disse don Rodrigo, facendo atto d’andarsene, «io non so
quel che lei voglia dire: non capisco altro se non che ci dev’essere qualche fanciulla
che le preme molto. Vada a far le sue confidenze a chi le piace; e non si prenda
la libertà d’infastidir più a lungo un gentiluomo».
55    Al moversi di don Rodrigo, il nostro frate gli s’era messo davanti, ma con
gran rispetto; e, alzate le mani, come per supplicare e per trattenerlo ad un punto,
rispose ancora: «la mi preme, è vero, ma non più di lei; son due anime che,
l’una e l’altra, mi premon più del mio sangue. Don Rodrigo! io non posso far
altro per lei, che pregar Dio; ma lo farò ben di cuore. Non mi dica di no: non
60    voglia tener nell’angoscia e nel terrore una povera innocente. Una parola di lei
può far tutto».
«Ebbene», disse don Rodrigo, «giacché lei crede ch’io possa far molto per questa
persona; giacché questa persona le sta tanto a cuore…».
«Ebbene?» riprese ansiosamente il padre Cristoforo, al quale l’atto e il contegno
65    di don Rodrigo non permettevano d’abbandonarsi alla speranza che parevano
annunziare quelle parole.
«Ebbene, la consigli di venire a mettersi sotto la mia protezione. Non le mancherà
più nulla, e nessuno ardirà d’inquietarla,18 o ch’io non son cavaliere».
A siffatta proposta, l’indegnazione del frate, rattenuta a stento fin allora, traboccò.
70    Tutti que’ bei proponimenti di prudenza e di pazienza andarono in fumo:
l’uomo vecchio si trovò d’accordo col nuovo;19 e, in que’ casi, fra Cristoforo valeva
veramente per due.
«La vostra protezione!» esclamò, dando indietro due passi, postandosi20 fieramente
sul piede destro, mettendo la destra sull’anca, alzando la sinistra con
75    l’indice teso verso don Rodrigo, e piantandogli in faccia due occhi infiammati: «la
vostra protezione! È meglio che abbiate parlato così, che abbiate fatta a me una
tale proposta. Avete colmata la misura;21 e non vi temo più».

«Come parli, frate?…».
«Parlo come si parla a chi è abbandonato da Dio, e non può più far paura. La
80    vostra protezione! Sapevo bene che quella innocente è sotto la protezione di Dio;
ma voi, voi me lo fate sentire ora, con tanta certezza, che non ho più bisogno di
riguardi a parlarvene. Lucia, dico: vedete come io pronunzio questo nome con la
fronte alta, e con gli occhi immobili».
«Come! in questa casa…!».
85    «Ho compassione di questa casa: la maledizione le sta sopra sospesa. State
a vedere che la giustizia di Dio avrà riguardo a quattro pietre, e suggezione22 di
quattro sgherri. Voi avete creduto che Dio abbia fatta una creatura a sua immagine,
per darvi il piacere di tormentarla! Voi avete creduto che Dio non saprebbe difenderla!
Voi avete disprezzato il suo avviso! Vi siete giudicato. Il cuore di Faraone era
90    indurito quanto il vostro;23 e Dio ha saputo spezzarlo. Lucia è sicura da voi: ve lo
dico io povero frate; e in quanto a voi, sentite bene quel ch’io vi prometto. Verrà
un giorno…».
Don Rodrigo era fin allora rimasto tra la rabbia e la maraviglia, attonito, non
trovando parole; ma, quando sentì intonare una predizione, s’aggiunse alla rabbia
95    un lontano e misterioso spavento.
Afferrò rapidamente per aria quella mano minacciosa, e, alzando la voce, per
troncar quella dell’infausto profeta, gridò: «escimi di tra’ piedi,24 villano temerario,
poltrone incappucciato».
Queste parole così chiare acquietarono in un momento il padre Cristoforo.
100 All’idea di strapazzo e di villania, era, nella sua mente, così bene, e da tanto tempo,
associata l’idea di sofferenza e di silenzio, che, a quel complimento,25 gli cadde
ogni spirito d’ira e d’entusiasmo, e non gli restò altra risoluzione che quella d’udir
tranquillamente ciò che a don Rodrigo piacesse d’aggiungere. Onde, ritirata placidamente
la mano dagli artigli del gentiluomo, abbassò il capo, e rimase immobile,
105 come, al cader del vento, nel forte26 della burrasca, un albero agitato ricompone
naturalmente i suoi rami, e riceve la grandine come il ciel la manda.
«Villano rincivilito!»27 proseguì don Rodrigo: «tu tratti da par tuo. Ma ringrazia
il saio che ti copre codeste spalle di mascalzone, e ti salva dalle carezze che si
fanno a’ tuoi pari,28 per insegnar loro a parlare. Esci con le tue gambe, per questa
110 volta; e la vedremo». Così dicendo, additò, con impero29 sprezzante, un uscio in
faccia a quello per cui erano entrati; il padre Cristoforo chinò il capo, e se n’andò,
lasciando don Rodrigo a misurare, a passi infuriati, il campo di battaglia.

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DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Il passo trasporta in ambito romanzesco un espediente classico del repertorio teatrale: il confronto drammatico fra l’eroe e il tiranno. I ruoli sono chiaramente determinati: il narratore sta apertamente dalla parte del nostro fra Cristoforo (r. 4); spesso ne adotta il punto di vista, riporta i suoi pensieri, descrive le reazioni alle parole del suo avversario. A don Rodrigo invece nega persino la descrizione fisica, che in genere concede a personaggi di rilievo anche modesto, e si limita a riportarne le parole, senza commenti. Da esse emerge direttamente – per la prima volta nel romanzo – il carattere sprezzante, orgoglioso, volgare del nobilotto. Don Rodrigo scinde l’onore dalla coscienza (Lei mi parlerà della mia coscienza, quando verrò a confessarmi da lei, r. 17), sottraendolo alla sfera della religione per tenerlo nell’ambito di un’invecchiata morale cavalleresca. Ritiene degni di discuterne solo i suoi pari, come accade in effetti nella scena precedente (qui non antologizzata), quando i commensali durante il banchetto litigano su questioni di etica cavalleresca, invocando l’autorità delle opere di Torquato Tasso.

Manzoni ironizza su una concezione del mondo feudale, basata sull’ossequio formale alle regole della “cortesia”, non ancora tramontata del tutto ai suoi tempi. In base a essa don Rodrigo si indigna quando fra Cristoforo giunge a rinfacciargli apertamente la sua colpa osando pronunciare il nome di Lucia. Qui il nobile tocca la vetta dell’ipocrisia: e qui il narratore per la prima volta illumina il suo stato d’animo, in cui si fa strada – insieme alla rabbia e alla meraviglia – un lontano e misterioso spavento (r. 95) dinanzi alla profezia che l’epilogo del romanzo si incaricherà puntualmente di realizzare.

L’unica strada per ottenere qualche risultato, probabilmente, sarebbe stata quella della diplomazia ossequiosa, condita da allusioni ai vantaggi ricavabili dalla rinuncia ai turpi propositi. Fra Cristoforo però non si abbassa ad adulare la vanità di don Rodrigo. Fedele al suo carattere, resta fermo alla verità schietta e finisce con l’impartire una predica morale in cui non manca di agitargli dinanzi il teschietto di legno, ammonimento della sorte che attende tutti gli individui (non va dimenticata l’importanza che rivestono nel Seicento questi richiami macabri). La severità del Dio biblico non impressiona il suo avversario, che non coltiva una fede sincera e timorata, ma tutt’al più qualche vaga superstizione, come accennato. Don Rodrigo ha dunque buon gioco nel suo proposito di far scivolare il colloquio in una “contesa”, per evitare di affrontare in termini troppo espliciti l’argomento che ha mosso fra Cristoforo. A ciò servono i suoi sarcasmi sul predicatore (Non l’hanno che i principi, r. 47), gli accenni maliziosi alle premure del frate verso Lucia (r. 63) e la proposta finale di invitare la ragazza a mettersi sotto la sua protezione (rr. 67-68).

A questo punto fra Cristoforo è sconfitto: non ha ottenuto ciò che si era ripromesso, non è riuscito a smuovere l’animo del nobile, e – peggio – l’ira ridesta in lui per un attimo l’uomo che era stato prima di indossare il saio, scelto per penitenza dopo aver commesso un omicidio per futili motivi. Tutta l’aggressività tenuta a bada fino a quel momento esplode in quel Verrà un giorno… (rr. 91-92) che riprende il più indiretto voglia il cielo che non venga un giorno in cui si penta di non avermi ascoltato (rr. 39-40). Don Rodrigo ribatte alla minaccia con un vedremo (r. 110) e lo costringe ad abbandonare il campo di battaglia. In cuor suo però sa che la guerra non è vinta, e per questo continua a camminare avanti e indietro nella stanza, a passi infuriati (r. 112).

Le scelte stilistiche

Lo stile ha un ruolo cruciale nel qualificare le posizioni dei contendenti durante il dialogo, subito posto in primo piano dalla scelta di aprire per la prima volta un capitolo con le virgolette del discorso diretto. All’ipocrisia di don Rodrigo, venata di boria, insolenze e sarcasmo, si contrappone la guardinga umiltà (r. 11) di fra Cristoforo, in un succedersi di attacchi e difese. È da notare come il crescere della tensione venga evidenziato attraverso un abile cambiamento dei pronomi allocutivi: fra Cristoforo passa dal lei al voi (La vostra protezione!, r. 73), mentre don Rodrigo arriva addirittura a uno sprezzante tu (Come parli, frate?, r. 78).

Manzoni inoltre è attento a specificare il significato che via via assumono toni e movenze. Se dunque in apertura don Rodrigo apostrofa con falsa cortesia il suo interlocutore (In che posso ubbidirla?, r. 1), ecco che il narratore interviene per specificare che il suono delle parole era tale; ma il modo con cui eran proferite, voleva dir chiaramente: bada a chi sei davanti, pesa le parole, e sbrigati (rr. 2-3). Lo stesso accade più avanti, dinanzi a un’altra uscita ambigua (l’atto e il contegno di don Rodrigo non permettevano d’abbandonarsi alla speranza che parevano annunziare quelle parole, rr. 64-66).

Quando fra Cristoforo passa all’attacco, la successione dei gesti lo fa sembrare un guerriero che si mette in posizione, e insieme un predicatore sul pulpito, in un crescendo scandito da cinque gerundi: «La vostra protezione!» esclamò, dando indietro due passi, postandosi fieramente sul piede destro, mettendo la destra sull’anca, alzando la sinistra con l’indice teso verso don Rodrigo, e piantandogli in faccia due occhi infiammati (rr. 73-75). La schermaglia in ultimo assomiglia a un vero incrociarsi di spade, quando la mano levata del frate viene bloccata dagli artigli del gentiluomo (r. 104), dove l’ossimoro sottolinea ancora una volta la doppiezza di don Rodrigo. Il paragone dell’albero agitato (r. 105) nella burrasca consente viceversa di sottolineare il ritorno di fra Cristoforo alla consueta umiltà.

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VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

A chi si riferisce don Rodrigo nella frase seguente: io non so quel che lei voglia dire: non capisco altro se non che ci dev’essere qualche fanciulla che le preme molto (rr. 51-53)?


2 Verrà un giorno… (rr. 91-92): che cosa intende dire fra Cristoforo?


Spiega il significato di questa frase: a quel fare di don Rodrigo, si sentì subito venir sulle labbra più parole del bisogno (rr. 7-8).

Analizzare

4 Ebbene, la consigli di venire a mettersi sotto la mia protezione. Non le mancherà più nulla, e nessuno ardirà d’inquietarla, o ch’io non son cavaliere (rr. 67-68); quando pronuncia questa frase don Rodrigo è


a commosso.


b cinico.


c scherzoso.


d rabbioso.


La prossemica è la scienza che studia i gesti e il loro significato. Alla luce di questa ottica, analizza i movimenti nello spazio dei due personaggi e spiegali, cercando di fornire un possibile significato.


Individua tutti i momenti in cui fra Cristoforo deve essere paziente davanti alle insolenze dell’interlocutore.

Interpretare

Perché don Rodrigo cerca di volgere il discorso in contesa (r. 22)?


Che cosa fa perdere definitivamente la calma a fra Cristoforo?

scrivere per...

raccontare

Scrivi un dialogo (di circa 10 righe per ciascun personaggio) in cui fra Cristoforo riesce a convincere don Rodrigo a lasciar perdere Lucia.

argomentare

10 In quanto al mio onore, ha da sapere che il custode ne son io, e io solo (rr. 17-18). Così si esprime don Rodrigo riguardo alla sua condotta e alla sua idea di onore. Oggi che cosa si intende con la parola “onore”? Si tratta di un concetto ancora importante? Quali sono i comportamenti che procurano onore e rispetto? Scrivi un testo argomentativo di circa 20 righe.

Classe di letteratura - volume 2
Classe di letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento