T2 - La vita è un "ingannevole sogno"

T2

La vita è un «ingannevole sogno»

Ultime lettere di Jacopo Ortis, Parte prima

Dopo aver compreso che Teresa, la donna amata, non potrà essere sua, Jacopo inizia il proprio vagabondaggio nelle campagne dei colli Euganei, dove la contemplazione del pae­saggio gli ispira riflessioni amare sul destino umano.

Da’ colli Euganei, 19 Gennajo 1798
Umana vita? sogno; ingannevole sogno al quale noi pur diam sì gran prezzo,1
siccome le donnicciuole2 ripongono la loro ventura3 nelle superstizioni e ne’ presagj!
Bada;4 ciò cui tu stendi avidamente la mano è un’ombra forse, che mentre
è a te cara, a tal altro è nojosa.5 Sta dunque tutta la mia felicità nella vota6 apparenza
5      delle cose che ora m’attorniano; e s’io cerco alcun che di reale,7 o torno a
ingannarmi, o spazio attonito e spaventato nel nulla!8 Io non lo so; ma, per me,
temo che Natura abbia costituito la nostra specie quasi minimo anello passivo9
dell’incomprensibile suo sistema, dotandone di cotanto10 amor proprio, perché il
sommo timore e la somma speranza creandoci nella immaginazione una infinita
10    serie di mali e di beni, ci tenessero pur sempre affannati di questa esistenza breve,
dubbia,11 infelice. E mentre noi serviamo ciecamente al suo fine, essa ride del nostro
orgoglio che ci fa reputare12 l’universo creato solo per noi, e noi soli degni e
capaci di dar leggi al creato.
Andava dianzi perdendomi per le campagne, inferrajuolato13 sino agli occhi,
15    considerando lo squallore della terra tutta sepolta sotto le nevi, senza erba né
fronda che mi attestasse le sue passate dovizie.14 Né potevano gli occhi miei lungamente
fissarsi su le spalle de’ monti, il vertice15 de’ quali era immerso in una negra
nube di gelida nebbia che piombava ad accrescere il lutto dell’aere freddo ed ottenebrato.
E parevami vedere quelle nevi disciogliersi e precipitare a16 torrenti che
20    innondavano il piano, trascinandosi impetuosamente piante, armenti,17 capanne,
e sterminando in un giorno le fatiche di tanti anni, e le speranze di tante famiglie.
Trapelava di quando in quando un raggio di Sole, il quale quantunque restasse
poi soverchiato dalla caligine,18 lasciava pur divedere19 che sua mercé soltanto il
mondo non era dominato da una perpetua notte profonda. Ed io rivolgendomi
25    a quella parte di cielo che albeggiando manteneva ancora le tracce del suo splendore:
– O Sole, diss’io, tutto cangia quaggiù! E verrà giorno che Dio ritirerà il suo
sguardo da te, e tu pure sarai trasformato; né più allora le nubi corteggeranno20 i
tuoi raggi cadenti; né più l’alba inghirlandata di celesti rose verrà cinta di un tuo
raggio su l’oriente ad annunziar che tu sorgi. Godi intanto della tua  carriera, che
30    sarà forse affannosa, e simile a questa dell’uomo; tu ’l vedi; l’uomo non gode de’
suoi giorni; e se talvolta gli è dato di passeggiare per li fiorenti prati d’Aprile, dee21
pur sempre temere l’infocato aere dell’estate, e il ghiaccio mortale del verno.

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DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

L’esistenza umana è un sogno ingannevole e la natura è indifferente alla nostra sorte. Questo concetto antico, presente nella tradizione occidentale come in quella orientale, viene ripreso da Foscolo che ha ben presenti sia le famose parole di William Shake­speare («Noi siamo della stessa materia di cui sono fatti i sogni, e la nostra piccola vita è circondata di sonno», dice il saggio mago Prospero nella Tempesta), sia l’altrettanto famosa opera del drammaturgo spagnolo Pedro Calderón de la Barca, dal titolo La vita è sogno (1635). Le cose a cui teniamo di più, i nostri ideali al pari di tutto ciò che possediamo nella vita, hanno semplicemente – e tragicamente – la consistenza di ombre. L’illusione è menzognera, ci fa credere in un mondo che non esiste ed è solo lo specchio delle nostre aspettative più profonde, che non trovano alcun riscontro nella realtà.

All’interno di una concezione della vita materialistica e meccanicistica di stampo illuministico, la natura è la grande colpevole, preoccupata solo di governare il mondo all’interno di un ciclo di produzione e distruzione: essa ha creato la stirpe umana quasi minimo anello passivo dell’incomprensibile suo sistema (rr. 7-8). Jacopo (esprimendo direttamente le idee dell’autore) non parla di Dio ma di una forza impersonale, che ha generato esseri mortali come anelli di una catena meccanica, minuscoli e ciecamente asserviti a un fine che non conoscono.

Gli individui della specie umana hanno in più un difetto gravissimo, che nella Grecia antica si identificava con il peccato di hybris, un insieme di orgoglio, tracotanza, brama di autoaffermazione e sfida rivolta contro volontà superiori (il destino, gli dèi stessi), con le quali è persino ridicolo mettersi a confronto, tanto gli uomini sono miseri, inermi e soli.

Le scelte stilistiche

Umana vita? sogno: l’inizio della lettera introduce il lettore nel mezzo di una meditazione già iniziata, che si può quindi immaginare come persistente nell’animo di Jacopo. Il discorso ha l’andamento di un monologo drammatico, in cui all’intonazione meditativa iniziale, scandita da un periodare ampio e complesso e suggerita anche dall’uso del tempo presente, ne subentra nella seconda parte (dalla r. 14 in poi) una più narrativa, contrassegnata dall’imperfetto. Nelle righe conclusive (in cui l’autore rielabora i versi di una poesia giovanile, Al Sole), invece, le immagini si fanno più liriche, con l’invocazione al Sole (dalla r. 26 in avanti) che si apre al tono profetico, sottolineato dalla presenza dei verbi al futuro.

VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

Riassumi il contenuto della lettera in circa 5 righe.

Analizzare

Individua e spiega il climax del primo paragrafo.


Spiega la metafora con cui si chiude il brano.


Descrivi le caratteristiche del paesaggio ed evidenzia gli elementi preromantici.

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Interpretare

Che cosa intende Foscolo con la frase l’uomo non gode de’ suoi giorni (rr. 30-31)?


La specie umana viene definita un minimo anello passivo (r. 7) nel sistema della natura. Spiega questa espressione, soffermandoti in particolare sul significato dell’aggettivo passivo.


Alle rr. 26-27 Jacopo chiama in causa Dio (E verrà giorno che Dio ritirerà il suo sguardo da te): a tuo giudizio, tale riferimento appare incoerente con la visione meccanicistica che Foscolo ha della realtà? Motiva la tua risposta.

T3

L’amore di Teresa

Ultime lettere di Jacopo Ortis, Parte prima

Durante una passeggiata sui monti, mentre la luna sorge all’orizzonte, Jacopo incontra Teresa, che gli parla della passione di Petrarca per Laura e accende nel cuore dell’innamorato il sentimento struggente di una profonda affinità. I due si siedono sotto un grande gelso e si scambiano un bacio, che trasforma l’animo del giovane, il quale sente improvvisamente la natura e la vita stessa trasfigurarsi ai suoi occhi. Riportiamo qui le tre lettere in cui il protagonista racconta l’avvenimento all’amico e descrive gli effetti che esso ha prodotto nel suo animo.

14 Maggio, ore 11
Sì, Lorenzo! – dianzi io meditai di tacertelo – or odilo, la mia bocca è tuttavia
rugiadosa – d’un suo bacio – e le mie guance sono state innondate dalle lagrime
di Teresa. Mi ama – lasciami, Lorenzo, lasciami in tutta l’estasi di questo giorno di
paradiso.
14 Maggio, a sera
5      O quante volte ho ripigliato la penna, e non ho potuto continuare: mi sento un
po’ calmato e torno a scriverti. – Teresa giacea sotto il gelso – ma e che posso dirti
che non sia tutto racchiuso in queste parole? Vi amo. A queste parole tutto ciò
ch’io vedeva mi sembrava un riso dell’universo: io mirava con occhi di riconoscenza
il cielo, e mi parea ch’egli si spalancasse per accoglierci! deh! a che1 non
10    venne la morte? e l’ho invocata. Sì; ho baciato Teresa; i fiori e le piante esalavano
in quel momento un odore soave; le aure erano tutte armonia; i rivi risuonavano
da lontano; e tutte le cose s’abbellivano allo splendore della Luna che era tutta
piena della luce infinita della Divinità.2 Gli elementi e gli esseri esultavano nella
gioja di due cuori ebbri di amore – ho baciata e ribaciata quella mano – e Teresa
15    mi abbracciava tutta tremante,3 e trasfondea4 i suoi sospiri nella mia bocca, e il
suo cuore palpitava su questo petto: mirandomi co’ suoi grandi occhi languenti,
mi baciava, e le sue labbra umide, socchiuse mormoravano su le mie – ahi! che ad
un tratto mi si è staccata dal seno quasi atterrita: chiamò sua sorella e s’alzò correndole
incontro. Io me le sono prostrato,5 e tendeva le braccia come per afferrar
20    le sue vesti – ma non ho ardito di rattenerla, né richiamarla. La sua virtù – e non
tanto la sua virtù, quanto la sua passione, mi sgomentava: sentiva6 e sento rimorso
di averla io primo eccitata nel suo cuore innocente. Ed è rimorso – rimorso di tradimento!
Ahi mio cuore codardo! – Me le sono accostato tremando. – Non posso
essere vostra mai! – e pronunciò queste parole dal cuore profondo e con una occhiata
25    con cui parea rimproverarsi e compiangermi. Accompagnandola lungo la
via, non mi guardò più; né io avea più cuore di dirle parola. Giunta alla ferriata7
del giardino mi prese di mano la Isabellina8 e lasciandomi: Addio, diss’ella; e rivolgendosi
dopo pochi passi, – addio.
Io rimasi estatico: avrei baciate l’orme de’ suoi piedi: pendeva un suo braccio,
30    e i suoi capelli rilucenti al raggio della Luna svolazzavano mollemente: ma poi,
appena appena il lungo viale e la fosca ombra degli alberi mi concedevano di travedere9
le ondeggianti sue vesti che da lontano ancor biancheggiavano; e poiché
l’ebbi perduta, tendeva l’orecchio sperando di udir la sua voce. – E partendo, mi
volsi con le braccia aperte, quasi per consolarmi, all’astro di Venere: era anch’esso
35    sparito.
15 Maggio
Dopo quel bacio io son fatto divino.10 Le mie idee sono più alte e ridenti, il mio
aspetto più gajo, il mio cuore più compassionevole.11 Mi pare che tutto s’abbellisca
a’ miei sguardi; il lamentar degli augelli,12 e il bisbiglio de’ zefiri13 fra le frondi son
oggi più soavi che mai; le piante si fecondano, e i fiori si colorano sotto a’ miei
40    piedi;14 non fuggo più gli uomini, e tutta la Natura mi sembra mia. Il mio ingegno
è tutto bellezza e armonia. Se dovessi scolpire o dipingere la Beltà, io sdegnando15
ogni modello terreno la troverei nella mia immaginazione. O Amore! le arti belle
sono tue figlie; tu primo hai guidato su la terra la sacra poesia, solo alimento degli
animali generosi che tramandano dalla solitudine i loro canti sovrumani sino alle
45    più tarde generazioni, spronandole con le voci e co’ pensieri spirati dal cielo ad
altissime imprese: tu raccendi ne’ nostri petti la sola virtù utile a’ mortali, la Pietà,
per cui sorride talvolta il labbro16 dell’infelice condannato ai sospiri: e per te rivive
sempre il piacere fecondatore degli esseri, senza del quale tutto sarebbe caos e
morte. Se tu fuggissi, la Terra diverrebbe ingrata;17 gli animali, nemici fra loro; il
50    Sole, foco malefico; e il Mondo, pianto, terrore e distruzione universale. Adesso
che l’anima mia risplende di un tuo raggio, io dimentico le mie sventure; io rido
delle minacce della fortuna, e rinunzio alle lusinghe dell’avvenire.18 – O Lorenzo!
sto spesso sdrajato su la riva del lago de’ cinque fonti:19 mi sento vezzeggiare20 la
faccia e le chiome dai venticelli che alitando21 sommovono l’erba, e allegrano i fiori,
55    e increspano le limpide acque del lago. Lo credi tu? io delirando deliziosamente
mi veggo dinanzi le Ninfe22 ignude, saltanti,23 inghirlandate di rose, e invoco in
lor compagnia le Muse e l’Amore; e fuor dei rivi che cascano sonanti e spumosi,
vedo uscir sino al petto con le chiome stillanti24 sparse su le spalle rugiadose, e
con gli occhi ridenti le Najadi,25 amabili custodi delle fontane. Illusioni! grida il
60    filosofo. – Or non è tutto illusione? tutto! Beati gli antichi che si credeano degni
de’ baci delle immortali dive del cielo; che sacrificavano alla Bellezza e alle Grazie;
che diffondeano lo splendore della divinità su le imperfezioni dell’uomo,26 e che
trovavano il Bello ed il Vero accarezzando gli idoli27 della lor fantasia! Illusioni!
ma intanto senza di esse io non sentirei la vita che nel dolore, o (che mi spaventa
65    ancor più) nella rigida e nojosa indolenza: e se questo cuore non vorrà più sentire,28
io me lo strapperò dal petto con le mie mani, e lo caccerò come un servo
infedele.

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DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Il bacio di Teresa sconvolge Jacopo, che ne descrive gli effetti all’amico, in un crescendo di reazioni scatenate dall’amore e ora rappresentate con un ritmo frenetico, addirittura convulso, provocato da un’emozione prepotente. La sera stessa, Jacopo riflette sull’accaduto e rende partecipe il suo confidente dell’evolversi della vicenda, analizzando gli episodi della giornata con psicologia sottile ed estrema partecipazione: oltre al trasporto emotivo del protagonista, alle sue esitazioni e alla sua veemenza, scopriamo però, in controluce, anche la complessa personalità di Teresa, donna angelicata nella migliore tradizione stilnovista (come indicano i suoi tremori e sospiri, r. 15), ma anche figura dotata di passioni capaci di travalicare ogni convenzione sociale e familiare (il suo ardore romantico è espresso con palpiti e languori, rr. 15-16).

La seconda lettera (14 Maggio, a sera) è percorsa dai sentimenti che si avvicendano: la natura sembra partecipare all’estasi di Jacopo, l’intero universo sorride, in quella sorta di simbiotico rispecchiamento tra paesaggio e stato d’animo che è uno dei tratti tipici della sensibilità romantica. Al tempo stesso, però, Jacopo è turbato, teme di violare il “cuore innocente” di Teresa, avverte che la propria felicità non può essere slegata dal dolore e dall’imminenza della morte, in un triste presentimento che la verità si incarica subito di confermare quando Teresa gli dice: Non posso essere vostra mai! (r. 23-24).

La consapevolezza dell’irrealizzabilità dell’amore non cancella però la percezione della sua forza irresistibile. Nella lettera del giorno successivo il senso di pienezza che il sentimento trasmette rende la realtà molto diversa da come fino a quel momento è apparsa a Jacopo. Gli effetti del bacio lo portano a sperimentare appieno la potenza dell’amore descritta nella tradizione lirica: l’innamorato che si identifica con la stagione primaverile, la passione che ispira la poesia, l’amore che anima il cosmo e diventa principio di eroismo (le altissime imprese, r. 46), di umanità (la Pietà, r. 46), di vita stessa. Tutta la Natura mi sembra mia. Il mio ingegno è tutto bellezza e armonia (rr. 40-41), confessa il protagonista, che vede il suo destino rasserenarsi e il mondo popolarsi di presenze divine dell’antica tradizione pagana. Tutta la seconda parte della lettera del 15 maggio evoca le ombre gentili della mitologia: Ninfe, Muse, Naiadi appaiono a Jacopo che sta delirando deliziosamente (r. 55). Appaiono anche le Grazie, prefigurando il poema che Foscolo comporrà dieci anni dopo, già associate nel pensiero del protagonista al Bello e al Vero, che l’uomo può scoprire contemplando gli idoli della lor fantasia (r. 63).

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Recuperando, secondo lo spirito neoclassico, i valori della bellezza e dell’armonia – e al contempo polemizzando con i filosofi, che con atteggiamento raziocinante condannano i frutti dell’immaginazione poetica – Foscolo ragiona qui proprio sulla potenza salvifica delle illusioni come risarcimento dal dolore provocato dalla Storia: esattamente allo stesso modo degli antichi, i quali, grazie al conforto della fantasia, erano in grado di vincere i limiti umani. Le illusioni peraltro non costituiscono una fuga dal mondo o un viatico per evadere nella dimensione astratta e consolatoria del sogno, ma al contrario rappresentano lo strumento (l’unico concesso all’uomo) per attivare le forze creative e un’energia indomita senza la quale la vita sarebbe ridotta a pianto, terrore e distruzione universale (r. 50). Si avverte qui una critica del razionalismo illuministico, colpevole, con la sua fredda analisi del reale, di evidenziare il dolore dell’esistenza umana, spegnendo ogni illusione e condannando quindi l’individuo alla noia e alla rassegnazione.

Le scelte stilistiche

Jacopo non riesce a raccontare in modo puntuale e razionale ciò che è accaduto: ha bisogno di scrivere tre lettere il 14 (la prima, che non abbiamo riportato, costituisce una sorta di preambolo narrativo al bacio) e poi un’altra, il giorno immediatamente successivo, per fermare il prorompere della passione amorosa e descrivere l’impatto che essa ha avuto su di lui. Il breve biglietto inviato all’amico (14 Maggio, ore 11) comunica tutta la sua eccitazione, che egli chiede di non turbare (lasciami, Lorenzo, lasciami in tutta l’estasi di questo giorno di paradiso, rr. 3-4). Ma anche la lettera successiva (14 Maggio, a sera) svela la sua tensione emotiva, enfatizzata da interrogative, esclamative, interiezioni (deh, r. 9; ahi, r. 17).

L’enfasi non diminuisce nemmeno il giorno successivo, quando l’autore esprime, con entusiastica commozione, il palpito dei sensi e della mente (divino, r. 36; alte e ridenti, r. 36; gajo, r. 37: sono solo alcuni degli aggettivi che troviamo nelle prime frasi). Anche in questo caso, la componente sentimentale traspare chiaramente sulla pagina, puntellata com’è da esclamazioni (O Amore!, r. 42; O Lorenzo!, r. 52; Illusioni! grida il filosofo, rr. 59-60; tutto! Beati gli antichi, r. 60) e da domande retoriche (Lo credi tu?, r. 55; Or non è tutto illusione?, r. 60). L’emozione raggiunge infine il culmine con l’immagine conclusiva: se questo cuore non vorrà più sentire, io me lo strapperò dal petto con le mie mani (rr. 65-66).

VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

Dai un titolo a ciascuna delle tre lettere presen­tate.


All’inizio della lettera del 15 maggio Jacopo descrive gli effetti del bacio sulla propria percezione di sé e della natura. Riassumili in un linguaggio corrente.

Analizzare

Che tipo di lessico utilizza Jacopo in queste lettere?


Quali dettagli fisici ci vengono mostrati di Teresa? E qual è il suo comportamento? Dopo avere individuato tutte le espressioni che la riguardano, analizzale e prova a costruire un ritratto della donna.


L’espressione delirando deliziosamente (r. 55) presenta contemporaneamente due figure retoriche. Quali?


Elenca tutti gli aggettivi che connotano positivamente la condizione interiore di Jacopo.

Interpretare

Nella descrizione della natura compaiono elementi tipici sia della sensibilità neoclassica sia di quella preromantica. Quali sono?


In che senso gli antichi sono definiti Beati (r. 60)? Quale capacità li differenzia dai moderni?


Quale immagine della natura emerge nella lettera del 15 maggio?

scrivere per...

esporre

10 In queste lettere emerge chiaramente la funzione delle illusioni esercitata, secondo Foscolo, nella vita umana. Facendo diretto riferimento al racconto e alle considerazioni di Jacopo, ragiona sull’argomento in un testo espositivo di circa 25 righe.

Classe di letteratura - volume 2
Classe di letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento