Gli scritti in prosa
Gli scritti linguistici, letterari e morali
Fra linguistica ed etica Notevoli per la modernità di vedute circa la dignità dei dialetti e dei rapporti tra questi e la lingua italiana sono le due lettere polemiche (1760) contro il gesuita Onofrio Branda, denigratore dei milanesi e del loro dialetto. La tradizione letteraria e linguistica del Trecento, afferma Parini, è nobile e piena di valore, ma non per questo va imitata pedissequamente: uguale nobiltà e valore vanno attribuiti ad altre forme linguistiche e letterarie.
Il trattato De’ principii fondamentali e generali delle belle lettere applicati alle belle arti (steso fra il 1773 e il 1775) raccoglie invece le lezioni tenute da Parini a Brera: nella prima parte l’autore espone le idee dei sensisti e dei razionalisti intorno alle arti, mentre nella seconda restringe il campo alla letteratura, con rapide osservazioni di carattere linguistico e stilistico sui principali scrittori italiani. Infine, le Lettere del Conte N.N. ad una falsa devota (1761) sono una satira della mentalità e degli atteggiamenti clericali (soprattutto quelli gesuitici), nascosta sotto il velo di un insegnamento ironico.
Dialogo sopra la nobiltà
Una trattazione a parte merita il Dialogo sopra la nobiltà, che, composto forse nel 1757, riflette le idee dei Trasformati. È qui espressa in modo netto, tra le altre cose, l’opposizione pariniana ai privilegi di casta e al concetto di nobiltà ereditaria.
L’opera si rifà all’antico genere letterario del dialogo, o meglio a un suo sottogenere, quello del dialogo tra morti, iniziato dallo scrittore greco Luciano di Samosata (II secolo d.C.) e ripreso da alcuni scrittori francesi del Seicento e Settecento come Bernard Le Bovier de Fontenelle (1657-1757) e François Fénelon (1651-1715). Parini immagina che due cadaveri si ritrovino a dividere una sola tomba: sono i corpi di un nobile e di un poeta plebeo. Anche dopo la morte, il nobile continua a vantare i propri privilegi e l’importanza della sua stirpe, che gli conferisce diritti e poteri impossibili da ottenere da parte di un plebeo. Il poeta, però, lo persuaderà dei suoi errori, e alla fine il nobile sarà costretto ad ammettere la propria presunzione.
T6
Il nobile e il poeta
Dialogo sopra la nobiltà
I due personaggi del dialogo – un nobile e un poeta plebeo, cui la sorte ha assegnato la medesima tomba – disputano sul valore della nobiltà in un confronto acceso e serrato. Riportiamo un brano dall’ultima parte dell’opera, in cui il poeta cerca di dimostrare al suo interlocutore quanto sia stolta la pretesa di arrogarsi privilegi fondati sull’ereditarietà.
NOBILE Noi nasciamo come se’1 nato tu medesimo, se io ho a dirti ’l vero:2 ma il
sangue che in noi è provenuto dai nostri maggiori3 è tutt’altra cosa che il tuo.
POETA Dàlle!4 e voi seguite pure a infilzarmi maraviglie.5 Forseché6 il vostro sangue
non è come il nostro fluido e vermiglio?7 È egli fatto alla foggia8 di quello degli
5 Dei d’Omero?
NOBILE Egli è anzi così, come il vostro, fluidissimo e vermiglissimo: ma tu ben sai
che possa9 il nostro sangue sopra gli animi nostri.
POETA Io non so nulla, io. Di grazia, che credete però voi che il vostro sangue possa
sopra gli animi vostri?
10 NOBILE Esso ci può più che non credi:10 esso rende i nostri spiriti svegliati,11 gentili
e virtuosi; laddove il vostro li rende ottusi, zotici e viziosi.
POETA E perché ciò?
NOBILE Perché esso è disceso purissimo per insino12 a noi per li purissimi canali13
de’ nostri antenati.
15 POETA Se la cosa è come a voi pare, voi sarete adunque,14 voi altri Nobili, tutti quanti
forniti d’animo svegliato, gentile e virtuoso.
NOBILE Sì certamente.
POETA Onde vien egli però che,15 quando io era colassù16 tra’ viventi, a me pareva
che una così gran parte di voi altri fosse ignorante, stupida, prepotente, avara,
20 bugiarda, accidiosa, ingrata, vendicativa e simili altre gentilezze?17 Forse che
talora per qualche impensato avvenimento si è introdotta qualche parte del
nostro sangue eterogeneo per entro18 a que’ purissimi canali de’ vostri antenati?
Ed onde viene ancora, che tra noi altra plebe io ho veduto tante persone
letterate, valorose, intraprendenti, liberali, gentili, magnanime e dabbene? Forse
25 che qualche parte del vostro purissimo sangue vien talora, per qualche impensato
avvenimento, ad introddursi negli oscuri canali di noi altra canaglia?19
NOBILE Io non ti saprei ben dire onde ciò procedesse;20 ma egli è pur certo21 che
bisogna sempre dir bene de’ nobili, perché bisogna rispettarli, se non per altro,
almeno per l’antichità della nostra prosapia.22
30 POETA Deh, Signore, ditemi per vita vostra,23 quanti secoli prima della creazione
cominciò egli mai la vostra prosapia?
NOBILE Ah ah, tu mi fai ridere: pretenderesti tu forse, minchione, che ci avesse24
delle famiglie prima che nulla ci fosse?
POETA Or bene; di che tempo credete voi che avesse cominciamento25 la vostra
35 famiglia?
NOBILE Dal tempo di Carlo Magno, cicala.26
POETA Olà, tu fammi dunque il cappello tu,27 scòstati da me tu.
NOBILE Insolente! che linguaggio tieni28 tu ora con me? Tu mi faresti po’ poi29
scappare la pazienza.
40 POETA Olà! scòstati, ti dico io.
NOBILE E perché?
POETA Perché la mia famiglia è di gran lunga più antica della tua.
NOBILE Taci là, buffone; e da chi presumeresti però30 tu d’esser disceso?
POETA Da Adamo, vi dico io.
DENTRO IL TESTO
I contenuti tematici
Il brano, rappresentativo della vivacità del Dialogo, è tutto giocato sullo scambio di battute fra il poeta, acuto e intelligente, e il nobile, tronfio, presuntuoso e pieno di pregiudizi. Il poeta – evidente controfigura dell’autore – smonta una per una, con lucidità e sprezzo delle ipocrisie, le convinzioni astratte dell’aristocratico, ormai superate e destinate a essere spazzate via dalla nuova mentalità che si è fatta strada nel corso del secolo. Durante il confronto, andando oltre i luoghi comuni e i preconcetti consolidati, il poeta arriva così a una verità sostanziale: tutte le stirpi sono antiche, perché ogni essere umano discende, secondo la tradizione biblica, da Adamo; di conseguenza, non esistono reali differenze tra le famiglie e tra gli individui.
Le scelte stilistiche
Lo stile del Dialogo sopra la nobiltà è prevalentemente giocoso e comico-grottesco, nella migliore tradizione italiana della satira. Il lessico e la sintassi sono artificiosamente elevati nel linguaggio dell’aristocratico (Io non ti saprei ben dire onde ciò procedesse, r. 27; prosapia, r. 29), mentre risultano per lo più popolareschi in quello del poeta povero (voi seguite pure a infilzarmi maraviglie, r. 3), il quale, comunque, non è affatto incolto, nonostante le dichiarazioni di ignoranza (Io non so nulla, io, r. 8).
VERSO LE COMPETENZE
Comprendere
1 Qual è l’argomento principale con cui il poeta smonta le pretese del nobile? Su quale presupposto tipicamente illuministico è basato?
Analizzare
2 Descrivi le caratteristiche dei due personaggi che dialogano. Quale atteggiamento manifesta Parini nei loro confronti? Per quale dei due parteggia?
3 Con quale genere di interrogative il poeta incalza il nobile e mette in crisi le sue certezze?
4 Individua nel testo esempi di lessico altisonante e di termini popolari e completa le tabelle.
Termini aulici |
Termini popolari |
Interpretare
5 In che modo il fatto che si tratti di un dialogo tra due persone morte influisce sull’atteggiamento del poeta plebeo verso il nobile?
Dibattito in classe
6 Chi, nella società attuale, ha preso il posto della nobiltà? Discutine con la classe.
Classe di letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento