CONSONANZE CONTEMPORANEE - Francesco Guccini – Don Chisciotte nella canzone d’autore italiana

CONSONANZE CONTEMPORANEE

Francesco Guccini

DON CHISCIOTTE NELLA CANZONE D’AUTORE ITALIANA

Un personaggio letterario affascinante e suggestivo come don Chisciotte non poteva mancare di influenzare la canzone d’autore. Sono infatti diversi i cantautori italiani che si sono confrontati con l’eroe o, meglio, l’antieroe nato dalla fantasia di Cervantes. Tra questi, Francesco Guccini (n. 1940), che nel 2000 ha firmato un brano dal titolo Don Chisciotte, nel longplay Stagioni. Il testo è costituito da un dialogo tra don Chisciotte e Sancho Panza: le parole del primo sono cantate dallo stesso Guccini, mentre quelle dello scudiero da Juan Carlos Biondini. Come nel romanzo di Cervantes, don Chisciotte rappresenta il sogno, l’utopia, la voglia di cambiare il mondo, mentre quella di Sancho è la voce dell’uomo “realista”, ben piantato con i piedi per terra, prosaico e materialista. Le due visioni del mondo si confrontano nel serrato dialogo tra i due personaggi, finché nell’ultima strofa i due cantano all’unisono, avendo trovato un punto di incontro nel rifiuto del potere e delle sue logiche perverse, pur nella consapevolezza del rischio di una sconfitta.

«Ho letto millanta1 storie di cavalieri erranti,

di imprese e di vittorie dei giusti sui prepotenti

per starmene ancora chiuso coi miei libri in questa stanza

come un vigliacco ozioso, sordo ad ogni sofferenza.

Nel mondo oggi più di ieri domina l’ingiustizia,

ma di eroici cavalieri non abbiamo più notizia;

proprio per questo, Sancho, c’è bisogno soprattutto

d’uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto:

vammi a prendere la sella, che il mio impegno ardimentoso

l’ho promesso alla mia bella, Dulcinea del Toboso,

e a te Sancho io prometto che guadagnerai un castello,

ma un rifiuto non l’accetto, forza sellami il cavallo!

Tu sarai il mio scudiero, la mia ombra confortante

e con questo cuore puro, col mio scudo e Ronzinante,

colpirò con la mia lancia l’ingiustizia giorno e notte,

com’è vero nella Mancha che mi chiamo don Chisciotte...»


«Questo folle non sta bene, ha bisogno di un dottore,

contraddirlo non conviene, non è mai di buon umore...

è la più triste figura che sia apparsa sulla Terra,

cavalier senza paura di una solitaria guerra

cominciata per amore di una donna conosciuta

dentro a una locanda a ore dove fa la prostituta,

ma credendo di aver visto una vera principessa,

lui ha voluto ad ogni costo farle quella sua promessa.

E così da giorni abbiamo solo calci nel sedere,

non sappiamo dove siamo, senza pane e senza bere

e questo pazzo scatenato che è il più ingenuo dei bambini

proprio ieri si è stroncato fra le pale dei mulini...

È un testardo, un idealista, troppi sogni ha nel cervello:

io che sono più realista mi accontento di un castello.

Mi farà Governatore e avrò terre in abbondanza,

quant’è vero che anch’io ho un cuore e che mi chiamo Sancho Panza...»


«Salta in piedi, Sancho, è tardi, non vorrai dormire ancora,

solo i cinici e i codardi non si svegliano all’aurora:

per i primi è indifferenza e disprezzo dei valori

e per gli altri è riluttanza nei confronti dei doveri.

L’ingiustizia non è il solo male che divora il mondo,

anche l’anima dell’uomo ha toccato spesso il fondo,

ma dobbiamo fare presto perché più che il tempo passa

il nemico si fa d’ombra e s’ingarbuglia la matassa...»


«A proposito di questo farsi d’ombra delle cose,

l’altro giorno quando ha visto quelle pecore indifese

le ha attaccate come fossero un esercito di Mori,

ma che alla fine ci mordessero oltre i cani anche i pastori!

Era chiaro come il giorno, non è vero, mio Signore?

Io sarò un codardo e dormo, ma non sono un traditore,

credo solo in quel che vedo e la realtà per me rimane

il solo metro che possiedo, com’è vero... che ora ho fame!»


«Sancho, ascoltami, ti prego, sono stato anch’io un realista,

ma ormai oggi me ne frego e, anche se ho una buona vista,

l’apparenza delle cose come vedi non m’inganna,

preferisco le sorprese di quest’anima tiranna

che trasforma coi suoi trucchi la realtà che hai lì davanti,

ma ti apre nuovi occhi e ti accende i sentimenti.

Prima d’oggi mi annoiavo e volevo anche morire,

ma ora sono un uomo nuovo che non teme di soffrire...»

«Mio Signore, io purtroppo sono un povero ignorante

e del suo discorso astratto ci ho capito poco o niente,

Ma anche ammesso che il coraggio mi cancelli la pigrizia,

riusciremo noi da soli a riportare la giustizia?

In un mondo dove il male è di casa e ha vinto sempre,

dove regna il capitale, oggi più spietatamente,

riuscirà con questo brocco e questo inutile scudiero

al Potere dare scacco e salvare il mondo intero?»


«Mi vuoi dire, caro Sancho, che dovrei tirarmi indietro

perché il Male ed il Potere hanno un aspetto così tetro?

Dovrei anche rinunciare ad un po’ di dignità,

farmi umile e accettare che sia questa la realtà?»


«Il Potere è l’immondizia della storia degli umani

e anche se siamo soltanto due romantici rottami,

sputeremo il cuore in faccia all’ingiustizia giorno e notte:

siamo i “Grandi della Mancha”,

Sancho Panza... e don Chisciotte!».


(Francesco Guccini, Stagioni, Emi Records, Milano 2000)

PER DISCUTERNE

Come accennavamo sopra, quella di Guccini non è l’unica canzone dedicata a don Chisciotte. «Ho combattuto il cuore dei mulini a vento / insieme a un vecchio pazzo che si crede me, / ho amato Dulcinea insieme ad altri cento / ho cantato per lei, / ma perché? / In un paese d’ombre tra la terra e il cielo / ora sogno di te». A cantare questa volta è – nel brano Per amore mio (Ultimi giorni di Sancho P.), compreso nell’album Per amore mio (1991) – Roberto Vecchioni (n. 1943), il quale mette in scena uno scambio di ruoli tra don Chisciotte e Sancho Panza. Realtà e fantasia sono due dimensioni importanti nella vita di ciascuno. Con questa canzone l’autore vuole dire che non bisogna confonderle, ma che, per un’esistenza piena, è opportuno viverle entrambe. Il protagonista ha sognato di sposare una principessa, ma poi ha capito che l’amore è un’esperienza reale, un sentimento per una donna vera.

Ivano Fossati (n. 1951), nell’album Discanto (1990), canta invece la melanconica Confessione di Alonso Chisciano: «Giro nel mio deserto e sto tranquillo, / ho solo il vento per barriera. / Ah, che cavaliere triste!». Così parla di sé il «Cavaliere dalla Triste Figura», ormai morente, meditando sulle proprie scelte esistenziali, sulle avventure vissute e sui sogni infranti. Egli rivendica però, fino all’ultimo, il diritto al sogno e alla follia: «Che vergogna, che spavento la normalità eterna!». Anche a costo delle sconfitte che ne possono conseguire, perché è già una vittoria poter essere sé stessi: «Carambole di fantasmi io conservo / conservo pezzi di temporale. / A me, a me una pazzia d’argento, / al mio cavallo una pazzia di biada».

Dopo aver ascoltato tutte e tre le canzoni e dopo averne analizzato i testi, discuti con la classe su quale sia la tua preferita, motivando la tua scelta sia sul piano musicale sia su quello dei contenuti.

Classe di letteratura - volume 2
Classe di letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento