INTERVISTA A FABIO PICCHI: Reinventare la tradizione

  Slow Food presenta...

Intervista a

FABIO PICCHI

Titolare del Cibrèo, del Cibreino, del Caffè Cibrèo e del Teatro del Sale a Firenze

Reinventare la tradizione

Se è vero che c’è una dimensione teatrale nella cucina e in particolare nel ristorante, Fabio Picchi, titolare del fiorentino Cibrèo, è una delle testimonianze viventi più persuasive.

Di lui, che aprì il Cibrèo ristorante nel 1979 scegliendo di chiamarlo come un antico piatto a base di rigaglie di pollo che richiamava Collodi e i luoghi della piana di Sesto Fiorentino, il “New York Times” ha scritto che « parla come un poeta e cucina come un mago ».

Al Cibrèo si è poi affiancata la trattoria il Cibreino, a cui è seguito il Caffè Cibrèo, un negozio di alimentari e, nel 2003, il Teatro del Sale, un grande spazio realizzato insieme alla compagna Maria Cassi, che comprende un teatro, un ambiente per convegni e una cucina ispirata agli anni Cinquanta.

Che cos’è che l’ha reso famoso nel mondo?

«L’aspetto più originale della mia cucina attinge alla tradizione popolare, al recupero degli avanzi, al “quinto quarto”: il mio libro Senza vizi e senza sprechiLa virtù in cucina e la passione degli avanzi fornisce un repertorio di grande sapienza e creatività».

Come nasce l’idea del libro?

«L’idea di comporre questo ricettario – se vogliamo, un brillante esempio pratico di etica ed estetica alimentare perfettamente coniugate – mi fu data da un cuoco di Kyoto il quale, con le lische di un grande scorfano, diede da mangiare a otto persone».

Certo trovarsi a Firenze è un ottimo punto di partenza...

«Ho trovato un’alleata portentosa nella Firenze “già operosa alle 5 di mattina nei suoi mercati rionali e generali ”, nella vita di quartiere, con il suo falegname, il suo fabbro, il suo pizzicagnolo, il suo pescivendolo, il suo macellaio, il suo trippaio...».

Un recupero delle tradizioni, insomma...

«Io celebro una cucina di materie prime eccellenti e reinvento, tra i secondi di carne, piatti come le braciole di manzo in padella oppure fritte con l’acciugata, il rognone d’agnello con la mostarda, la gallina ripiena, lo spezzatino con patate».

... che è anche innovazione...

«Fedele all’idea del recupero, riutilizzo la carne anche in una ricetta come il minestrone con carne trita e dedico particolare attenzione, con relativo repertorio praticamente infinito, alle polpette e al polpettone».

  Buone pratiche SLOW FOOD

Mangiare meno carne

Fa bene all’ambiente: l’impatto ambientale di un allevamento convenzionale può essere molto pesante. Principalmente si tratta di allevamenti industriali standard, ma anche gli allevamenti di piccola scala possono avere una ricaduta negativa sull’ambiente.

Fa bene a noi: di proteine e grassi animali, nei Paesi sviluppati, ne mangiamo troppi, tanto da ammalarci. Il consumo eccessivo di carne è associato a un aumento dell’obesità, alla comparsa di disturbi cardiovascolari e di alcune forme di tumore.

Fa bene agli animali: gli allevamenti convenzionali riducono gli animali a meri oggetti, costretti in gabbie strettissime o confinati in spazi ridotti dove trascorrono una vita breve e dolorosa.

Protagonisti in Cucina
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