I LATTICINI E IL LORO USO IN CUCINA

I latticini e il loro uso in cucina

Il latte di varie specie animali viene trasformato in numerosi prodotti alimentari: i latticini come la panna, il burro, lo yogurt e i formaggi. Conoscere le loro caratteristiche principali e saperle sfruttare nel modo migliore è importante per arricchire i propri piatti di sapore e gusto.

Una “scelta” dal latte

Il burro e la panna sono specifiche parti del latte intero; vediamo come sono prodotti questi latticini e quali sono le loro principali caratteristiche.

La panna

La panna, o crema di latte, è la parte grassa del latte che si ottiene per centrifugazione: sono i grassi che le danno il tipico sapore avvolgente e caldo. I tipi di panna più usati sono:

  • la panna da cucina: con il 25% circa di grassi; è pastorizzata o sterilizzata, e la durata di conservazione varia di conseguenza. È densa perché può essere addizionata di addensanti come la carragenina;
  • la panna da montare: con il 35% di grassi, è più liquida e pastorizzata; si conserva come il latte fresco.

Una volta aperta la confezione va sempre tenuta ben sigillata, in frigo e al buio, per evitare contaminazioni pericolose per la salute.

In cucina la panna si usa in preparazioni salate (soprattutto primi piatti come gnocchi, tortellini, penne…), per legare i fondi (p. 271) e dare ai piatti un gusto vellutato e morbido. Inoltre, per la sua capacità di montare, cioè di incorporare – se lavorata con frusta, sbattitore o sifone – bolle d’aria fino a duplicare il proprio volume, serve a decorare dolci e gelati, a farcire torte e ad alleggerire creme.

Il burro

Si ottiene eliminando acqua dalla panna: un tempo si lasciava che la panna affiorasse sul latte, oggi si ottiene con la centrifugazione, in un modo molto più veloce che dà un burro con caratteristiche organolettiche molto buone. Per produrre 1 kg di burro sono necessari circa 25 litri di latte: più la qualità del latte è alta, più il burro è saporito.

Per ottenere il burro, la panna viene pastorizzata e sottoposta a zangolatura, cioè sbattuta meccanicamente con energia e a bassa temperatura (7-13 °C): così si rompono i globuli che i grassi formano in ambiente acquoso e i grassi si aggregano in una massa via via più grande, che si separa dalla parte acquosa (il latticello). La massa grassa viene poi “strizzata” fino a darle la consistenza desiderata del burro.

Il burro in vendita in Italia contiene l’82% circa di grassi e un massimo del 16% di acqua. In confezione chiusa si conserva in frigo per 8 -12 settimane; in confezione aperta solo 3 settimane.

Ne esistono vari tipi: di solito in cucina si usa il burro normale non salato, ma anche quello chiarificato (p. 240), cioè lavorato al calore per rimuovere acqua e proteine.

In cucina il burro è uno degli ingredienti di base: si usa per aggiungere sapore agli alimenti; per preparare salse, creme e condimenti, che rende più densi; per cuocere le carni, che rende più tenere e meno stoppose; per far croccante la cottura al forno; per preparare dolci, che rende più morbidi e saporiti.

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Chiarificare il burro

1. Mettete il burro in un tegame e scioglietelo a bagnomaria.

2. Cuocete il burro a lungo, scremando con una schiumarola o un mestolo forato la patina bianca dalla superficie man mano che si forma, senza mescolare.

3. Sul fondo si sedimenta la caseina (proteina del latte), mentre il burro prende un colore giallo intenso trasparente.

4. Il burro chiarificato viene raccolto con un mestolo senza smuovere la caseina, e viene filtrato con un colino foderato con una garza o un telo di lino.

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Dalla lavorazione del latte

Lo yogurt e il formaggio sono latticini derivati dalla fermentazione e dalla stagionatura di lavorati del latte. Vediamo in breve come sono prodotti e quali sono le loro caratteristiche.

Lo yogurt

Si ottiene da latte vaccino intero, o parzialmente o totalmente scremato, ma si può usare anche latte di pecora, di capra, di bufala o latte vegetale: l’origine andrà scritta sull’etichetta.

Dopo la pastorizzazione, il latte viene raffreddato e addizionato di fermenti lattici: si tratta di batteri delle due specie Streptococcus thermophilus e Lactobacillus delbrueckii varietà bulgaricus, che portano avanti la fermentazione; a temperatura costante, nel giro di 4-9 ore si moltiplicano nutrendosi del lattosio fino a diventare centinaia di milioni per ogni grammo di yogurt. La fermentazione può avvenire nei vasetti destinati alla vendita o in grandi contenitori da cui il prodotto viene estratto per il confezionamento.

Lo yogurt ha tutte le caratteristiche nutrizionali del latte, ma ha una digeribilità maggiore poiché la fermentazione scinde buona parte del lattosio. Inoltre, i fermenti lattici, in grado di integrare la flora batterica intestinale, danno un notevole aiuto alla salute, in particolare di coloro che soffrono di problemi intestinali. L’aggiunta di frutta (in pezzi o in marmellata), di dolcificanti, di cioccolata o di altri aromi, avviene subito prima del confezionamento.

Lo yogurt si conserva 2-3 settimane a 4 °C per mantenere vitali i fermenti lattici. In cucina di solito lo yogurt di latte intero si usa per la sua consistenza cremosa in sostituzione della panna e del burro per rendere più dense le preparazioni dolci e salate, o nelle marinature per ammorbidire i cibi, cui dà un sapore tipicamente acidulo.

Il formaggio

È un alimento con una notevole percentuale di proteine ad alto valore biologico, di importanti sali minerali (come il complesso fosforo-calcio) e di vitamine (come la vitamina D). Inoltre, ha un’azione stimolante sulla secrezione dei succhi gastrici che, in qualche modo, favorisce la digestione: l’abitudine mediterranea di concludere il pasto con il formaggio va ricollegata a questa sua qualità. Per la legge, il “formaggio” è un prodotto ottenuto dal latte intero, da quello parzialmente o totalmente scremato o dalla panna (privi di odori e sapori sgradevoli e provenienti da animali sani), sottoposto alla ▶ coa­gulazione, con eventuale aggiunta di sale o di fermenti lattici. In generale, per produrre 1 kg di formaggio servono circa 11 litri di latte.

La caseificazione

Si chiama così il processo che porta alla produzione del formaggio e che segue una serie di fasi. Vediamo quali sono e in che cosa consistono.

1. Precipitazione della caseina: nella maggior parte dei casi, l’aggiunta di fermenti lattici impedisce la crescita di microrganismi pericolosi e favorisce alcune fasi successive (la formazione della cagliata e la maturazione).

2. Aggiunta di ▶ caglio : causa l’aggregazione della caseina, che intrappola siero e grassi in un reticolo; la separazione delle proteine dalla parte liquida (siero) fa assumere al latte l’aspetto di una massa gelatinosa, la “cagliata”.

3. Concentrazione della cagliata: si scola il siero, si “rompe la cagliata” e si estrae altro siero.

4. Cottura (eventuale) della cagliata: questa fase non avviene in tutti i tipi di formaggio e ne determina le differenze qualitative.

5. Pressatura: la cagliata viene messa nelle forme e, successivamente, sottoposta a salatura a secco o in salamoia.

6. Stagionatura o maturazione: il pas­sare del tempo in condizioni particolari di temperatura e umidità porta il formaggio ad assumere le sue caratteristiche tipiche.

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La classificazione dei formaggi

I formaggi si classificano secondo vari criteri: vediamo i più importanti.

In base al contenuto di grassi, si distinguono:

  • formaggi grassi, preparati con latte intero, hanno almeno il 42% di grassi;
  • formaggi semigrassi: preparati con latte parzialmente scremato, contengono dal 20 al 40% di grassi;
  • formaggi magri: preparati con latte scremato centrifugato hanno meno del 20% di grassi. Ricordate: la legge italiana non ammette la denominazione “formaggi magri”.

In base alle caratteristiche strutturali, si distinguono:

  • formaggi a pasta dura pressati e cotti, come il Parmigiano Reggiano o il caciocavallo;
  • formaggi a pasta semidura pressati ma non cotti, come il montasio;
  • formaggi a pasta molle non pressati né cotti, come il gorgonzola.

In base alla temperatura di coagulazione, si distinguono:

  • formaggi crudi: con temperatura non superiore a 38 °C;
  • formaggi semicotti: con temperatura compresa fra 38 e 48 °C;
  • formaggi cotti: con temperatura compresa fra 48 e 58 °C.

In base alla stagionatura, si distinguono:

  • formaggi stagionati, se prima del consumo ottimale passano almeno 6 mesi;
  • formaggi freschi, se prima del consumo ottimale passano meno di 6 mesi.

I formaggi freschi e quelli stagionati sono molto diversi fra loro: perdere l’acqua durante la stagionatura fa crescere, per unità di peso, l’apporto energetico e la percentuale dei nutrienti in quelli stagionati.

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Ulteriori classificazioni

Esistono altri modi di classificare i mille tipi di formaggio esistienti. In particolare, in base al processo di lavorazione della pasta si distinguono le seguenti tipologie.

Classificazione in base al tipo di pasta
  • Formaggi a pasta erborinata: il nome deriva da erborin, termine dialettale lombardo per “prezzemolo”, che ricorda come i loro colori richiamino quelli dell’erba. Si distinguono due tipi di erborinati:
    – gli erborinati a pasta molle come il Gorgonzola e il Blu del Monviso;
    – gli erborinati a pasta dura come il Castelmagno, il Roquefort o il Blue Stilton.
    I formaggi erborinati si producono inoculando nel latte o nella cagliata una muffa nobile del genere Penicillium (per esempio P. glaucum nel caso del Gorgonzola, P. roqueforti in quello del Roquefort e del Danish Blue) che si sviluppano durante la maturazione del formaggio producendo le classiche striature verdi o bluastre e un tipico aroma. Oltre che dalle muffe, l’odore è dovuto sia al tipo di latte, sia al tipo di lavorazione della pasta, sia al tipo di batteri (come il Brevibacterium linens) che crescono nella forma. Il sapore unico di questi formaggi tende all’aspro leggermente piccante e viene sfruttato in cucina in piatti e ricette saporite: sono usati come base di salse per verdure (carote, broccoli o cavolfiore), come condimento di risotto o polenta, o ancora, insieme ad altri formaggi, nella pasta o sulla pizza. Vengono anche sbriciolati e sciolti su preparazioni di carne alla griglia, o usati come farcitura di olive verdi e omelette.
  • Formaggi a pasta filata: si preparano partendo da una cagliata che viene lasciata sotto siero per almeno 3 ore in modo da farle raggiungere un pH di 5,2-5,3. Successivamente la cagliata viene cotta in acqua bollente e quindi tirata in fili e modellata in varie forme (sferiche, cilindriche, intrecciate, “a bottiglia” ecc.). Secondo la struttura, questi formaggi sono classificati in:
    formaggi a pasta filata dura come il Provolone e il Ragusano;
    formaggi a pasta molle come la Mozzarella;
    formaggi a pasta semidura come il Caciocavallo;
    formaggi a pasta dura pressata come il Gruviera.
  • Formaggi a pasta pressata: hanno una fase di lavorazione in cui la cagliata viene pressata meccanicamente in modo da far uscire il siero che contiene. A seguito di una media stagionatura questi formaggi formano una crosta regolare e ben definita: è ciò che accade anche nel Canestrato pugliese o nel Raschera.
  • Formaggi a pasta fusa: si ottengono macinando formaggi di vario tipo, fondendo il tutto a 70-75 °C e aggiungendo panna, caseina, siero, conservanti (fosfati o polifosfati), sali di fusione per aumentarne la spalmabilità (come il citrato di sodio), burro o margarina e coloranti. Esistono formaggi fusi cremosi e spalmabili, formaggi fusi a fette e formaggi fusi che, per consistenza, ricordano i formaggi molli.
Classificazione in base alla crosta

I formaggi possono avere una crosta o no: quelli freschi non ce l’hanno, gli altri possono averla artificiale (di cera o paraffina) o ; in questo caso, sono classificati a seconda del tipo di crosta che formano con la stagionatura.

  • Formaggi a crosta fiorita o brinata: sono quelli che, trattati con muffe del genere Penicillium (P. camemberti), sviluppano una superficie soffice e biancastra; è ciò che accade in formaggi come il Brie e il Caprice des Dieux o come le robiole bresciane (di latte sia vaccino che caprino).
  • Formaggi a crosta lavata o crosta rossa: sono quelli che vengono ripetutamente lavati o pennellati con acqua salata (ma anche birra, brandy o altro) e spazzolati in superficie in modo da eliminare le eventuali muffe, permettendo la crescita di batteri che danno alla crosta un tipico colore rosso-marrone e contribuiscono al sapore e all’aroma del formaggio. Formaggi di questo tipo sono il Taleggio, lo Chaumes e il Rollot.
  • Formaggi affumicati: vengono messi in ambienti fumosi durante la maturazione. Sono di questo tipo il Provolone, e numerose versioni di Pecorino e Ricotta.

Ovviamente, come in tutte le classificazioni, ci sono anche formaggi che potrebbero stare in più raggruppamenti: per esempio, fra i prodotti in cui non si prevede alcun trattamento termico dopo la rottura della cagliata (cioè a pasta cruda), si hanno formaggi a pasta dura (Toma di Murazzano); a pasta molle (Robiola di Roccaverano); a pasta semidura pressata (Bra, Taleggio, Castelmagno) e così via.

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Formaggi particolari
  • La ricotta. Considerata un formaggio, in termini merceologici definiti per legge è un “latticinio”: essa infatti non si produce per coagulazione della caseina, ma delle proteine del siero di latte che si separa dalla cagliata durante la caseificazione. Sono soprattutto lattoalbumina e globulina che, riscaldate a 75-80 °C, si denaturano formando un precipitato che ingloba piccole quantità di grasso, lattosio e sali. Raccolto, lasciato gocciolare per 12 ore, viene messo poi nelle forme: è un prodotto povero di grassi e di lattosio, ricco di proteine ad alto valore biologico e facilmente digeribile. I molti tipi che esistono (vaccine, ovine, caprine, bufaline, miste, salate o secche, affumicate, al forno…) sono molto usate in cucina: la ricotta fresca è alla base di molte ricette regionali (dai tortelli maremmani alla schianta pugliese, dalla pastiera ai cannoli siciliani); quella salata o cotta si grattugia sulla pasta o in ricette come gli anellini alla pecorara.
  • Il mascarpone. Prodotto per coagulazione chimica (si aggiunge acido citrico o acetico alla panna), il mascarpone è un formaggio a pasta molle: la panna acidificata si lavora 5-10 min a temperatura di 90-95 °C. Tipico di alcune zone della Lombardia, è particolarmente cremoso per l’elevato contenuto d’acqua: morbido, consistente, di sapore molto dolce, estremamente ricco d’energia, va usato fresco perché tende a irrancidire rapidamente. In cucina è la base di creme e dolci come il tiramisù.

CLASSIFICAZIONI DEI FORMAGGI

IN BASE AL TIPO DI LATTE Formaggi vaccini • Formaggi pecorini • Formaggi caprini • Formaggi bufalini • Formaggi misti
IN BASE AL TRATTAMENTO TERMICO DEL LATTE Formaggi molli (> 67%) • Formaggi semiduri (54-69%) • Formaggi duri (49-56%)
IN BASE AL CONTENUTO DI GRASSI Formaggi grassi • Formaggi semigrassi • Formaggi magri
IN BASE ALLE CARATTERISTICHE STRUTTURALI DELLA PASTA Formaggi a pasta molle • Formaggi a pasta semidura • Formaggi a pasta dura
IN BASE ALLA TEMPERATURA DI COAGULAZIONE Formaggi crudi o a pasta cruda • Formaggi semicotti o a pasta semicotta • Formaggi cotti o a pasta cotta
IN BASE AL TIPO DI PASTA Formaggi a pasta erborinata • Formaggi a pasta filata • Formaggi a pasta pressata • Formaggi a pasta fusa
IN BASE AL TIPO DI CROSTA Formaggi a crosta fiorita • Formaggi a crosta lavata • Formaggi affumicati
IN BASE AI TEMPI DI STAGIONATURA Formaggi freschi • Formaggi a stagionatura media • Formaggi a stagionatura lenta

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Il formaggio in tavola

Il formaggio si può consumare a sé, come spuntino, secondo piatto o a fine pasto, servito con miele, marmellate e mostarde; può accompagnare le insalate o essere un ingrediente per preparazioni dolci e salate, crude e cotte. Estremamente versatile, si usa per farcire e ricoprire le preparazioni, in salse, crocchette, omelette, in primi e secondi piatti, per la fonduta e come ingrediente di preparazioni dolci (in questo caso si scelgono soprattutto formaggi freschi).

ELENCO DEI PRINCIPALI FORMAGGI DOP

Denominazione Latte Pasta Regione
Asiago vaccino semidura Trentino-Alto Adige, Veneto
Bitto misto vaccino-caprino semidura Lombardia
Bra misto vaccino-ovino/caprino semidura Piemonte
Caciocavallo Silano vaccino semidura Basilicata, Campania, Calabria, Molise, Puglia
Canestrato Pugliese ovino dura Puglia
Casciotta d’Urbino misto ovino-vaccino semidura Marche
Castelmagno vaccino e a volte ovino/caprino semidura Piemonte
Fiore Sardo ovino dura Sardegna
Fontina vaccino semidura Valle d’Aosta
Formai de Mut vaccino semidura Lombardia
Gorgonzola vaccino molle Lombardia, Piemonte
Grana Padano vaccino dura Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Trentino-Alto Adige
Montasio vaccino semidura Friuli Venezia Giulia, Veneto
Monte Veronese vaccino semidura Veneto
Mozzarella di Bufala Campana bufalino semidura Campania, Lazio
Murazzano misto ovino-vaccino molle Piemonte
Parmigiano Reggiano vaccino dura Lombardia, Emilia-Romagna
Pecorino Romano ovino dura Toscana, Lazio, Sardegna Pecorino Sardo
Pecorino Siciliano ovino dura Sicilia
Pecorino Toscano ovino semidura Lazio, Toscana, Umbria
Provolone Valpadana vaccino semidura Emilia-Romagna, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto
Quartirolo Lombardo vaccino molle Lombardia
Ragusano vaccino semidura Sicilia
Raschera misto vaccino-caprino/ovino semidura Piemonte
Robiola di Roccaverano misto vaccino/ovino-caprino molle Piemonte
Taleggio vaccino molle Lombardia, Piemonte, Veneto
Toma Piemontese vaccino molle Piemonte
Valle d’Aosta Fromadzo misto vaccino-caprino semidura Valle d’Aosta
Valtellina Casera vaccino semidura Lombardia

Protagonisti in Cucina
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Corso di enogastronomia per il primo biennio