INTERVISTA A ANTONELLO COLONNA: La sfida per i futuri cuochi

  Slow Food presenta...

Intervista a

Antonello Colonna

Chef all’Open del Palazzo delle Esposizioni (Roma) e all’Antonello Colonna Resort di Vallefredda (Labico, Roma)

La sfida per i futuri cuochi

Chef Colonna, hai avuto modo di avvicinarti ai processi di formazione dei giovani cuochi?

«La formazione per me è sempre stata una delle cose più importanti. I giovani che vogliono diventare cuochi, oggi, devono aumentare al massimo l’impegno e la qualità della loro formazione, ma…».

... ma?

«… ma la loro prospettiva non può e non deve rimanere all’interno della pentola. E forse nemmeno solo all’interno di una cucina. Per quanto “grande” e celebrata possa essere questa cucina!».

Prova a spiegare meglio...

«Quando dico “non limitarsi solo a guardare dentro le pentole”, voglio intendere che è necessario guardarsi intorno. La formazione tecnica è importantissima e la gavetta in cucina è irrinunciabile. Tuttavia il cuoco di questo millennio è obbligato a essere un po’ imprenditore di sé stesso. Deve pensare alle materie prime che usa, alla scelta dei prodotti e al territorio. Deve pensare come confezionare il cibo che elabora, che non è necessariamente una pennellata di salsa su un bel piatto di porcellana».

Basta con l’alta cucina?

«Ci sarà sempre spazio per la cucina più creativa, ma sarà circoscritto a pochi ristoranti. Per gli altri si devono scegliere prodotti e piatti semplici. Anche se la qualità deve rimanere alta, per tutti.

Non si deve avere paura di pensare a una ristorazione diversa. Mi viene da dire: “Caro giovanotto, vedi i ristoranti da una stella Michelin con sei tavoli ben apparecchiati? Beh, il futuro non è questo”. Il futuro è più complesso e c’è bisogno di un investimento in risorse umane e buone idee, piuttosto che in tovaglie. Ma le idee possono nascere ovunque, anche con il cibo di strada».

Cibo di strada?

«Certo. Lo street food sarà il futuro di una somministrazione rapida e veloce. E c’è tanta, tantissima gente che non aspetta altro che mangiare una cosa semplice ma di qualità. Guardate al fenomeno dei panini gourmet, ad esempio. Ma per capire e farsi venire idee si può anche pensare semplicemente a un venditore di caldarroste o a una piadineria, perché anche da lì può arrivare l’ispirazione per un nuovo modello. Il grande cuoco può essere tale anche in un localino di pochi metri quadrati, e non lo è necessariamente in un ristorante chic. Dipende da che cosa fa e come lo fa: questa è la sfida».

  Buone pratiche SLOW FOOD

IL CUOCO OGGI, DIVERSO DA IERI

Nel corso dei millenni, da quando l’uomo ha cominciato a cucinare il cibo, la categoria professionale dei cuochi ha goduto di una considerazione che è mutata a seconda del periodo storico.

Nella Grecia del V-IV secolo a.C. chi si occupava dei cibi e dei banchetti nelle dimore dei ricchi era un personaggio importante: i più famosi, tutti siciliani, gestirono scuole, scrissero ricettari e manuali di cucina, organizzarono diete. Nella Roma imperiale (I sec. a.C.- V sec. d.C.), il ruolo del cuoco-gastronomo acquistò prestigio e figure emblematiche come Marco Gavio Apicio raggiunsero la fama. Poi, nel Medioevo e, in parte, anche nel Rinascimento, la sua importanza declinò, così come declinò, in generale, l’interesse per una cucina ricercata, raffinata ed eccentrica com’era stata quella dei Romani.

Il 1570 è l’anno in cui si ha una prima svolta: la pubblicazione del maggior trattato di cucina mai scritto fino ad allora, realizzato da Bartolomeo Scappi, cuoco dei papi Pio IV e Pio V, rinverdì le fortune dell’“arte del cucinare”. Il definitivo riscatto della figura del cuoco, che torna a essere concepito come un maestro d’arte, si ha nel Settecento con la Rivoluzione francese, che abolisce buona parte della classe nobile e, di conseguenza, lascia senza lavoro i cuochi delle grandi casate: nasce il ristorante nel senso moderno del termine. Ad affiancare gli “osti”, spesso custodi del sapere culinario antico e territoriale, rimasero cuochi solo nelle famiglie più ricche, destinati a vezzeggiare palati di nobili e borghesi arricchiti, così come dei primi industriali.

Oggi quello del cuoco è un mestiere tornato in auge, anche a causa dei moderni mezzi di comunicazione, ma sulla sua figura pesano nuove responsabilità. La ricerca delle materie prime, per esempio, richiede attenzione da vari punti di vista: la salute dei consumatori, il rispetto della biodiversità e degli equilibri ambientali, il sostegno alle piccole economie locali. L’alleanza tra cuochi e Presìdi Slow Food persegue proprio questi obiettivi: 300 ristoratori in tutta Italia si sono già impegnati a cucinare e valorizzare i prodotti “presidiati”, tessendo una grande rete di solidarietà.


IL CUOCO, PORTATORE DI CULTURA: I GRANAI DELLA MEMORIA

Da qualche anno, ampio spazio all’interno delle librerie e dei palinsesti televisivi è occupato da cuochi e da ricette. Si tratta però, sovente, di pubblicazioni e programmi superficiali, volti più all’intrattenimento che alla costruzione di contenuti. Proprio per questo l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo ha attivato il progetto dei Granai della Memoria, video-racconti che vogliono rappresentare, con le voci che custodiscono, un’occasione alta di confronto sulle cucine e le produzioni agroalimentari, a partire dall’eccellenza italiana. In questa prospettiva le storie di vita dei cuochi dell’alta ristorazione italiana vengono messe in dialogo con le voci di casari, agricoltori, produttori.

Protagonisti in Cucina
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Corso di enogastronomia per il primo biennio