FRANCO BIONDI SANTI: L’erede del Brunello di Montalcino

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Franco Biondi Santi

L’erede del Brunello di Montalcino

Scomparso il 7 aprile 2013 all’età di 91 anni, Franco Biondi Santi è stato il gentiluomo del vino italiano, una figura carismatica che, negli anni, è divenuta l’emblema dell’eccellenza enologica della sua terra: il Brunello di Montalcino.

Erede di una tradizione agricola illuminata e moderna, ha saputo custodire l’enorme patrimonio culturale trasmessogli dai suoi predecessori per proiettarlo nel mondo del vino contemporaneo: con il suo lavoro, è riuscito a definire i canoni enologici di eleganza e classicità che sono oggi un punto di riferimento per la viticoltura italiana.


La storia viticola della sua famiglia inizia nel 1867, quando il Moscadello prodotto da Clemente Santi, il bisnonno di Franco, ottiene un’importante menzione all’Esposizione Universale di Parigi. è proprio Clemente che inizia a studiare le potenzialità di un vitigno Sangiovese, il Sangiovese Grosso, che nella zona viene denominato “brunello” per il colore scuro dei grappoli.

Qualche decennio più tardi, Ferruccio, nipote di Clemente, isola il clone di Sangiovese Grosso che meglio ha resistito a quell’attacco devastante della fillossera che, a fine Ottocento, aveva distrutto i vigneti di mezza Europa. Convinto che il vino prodotto con queste viti possa sfidare il tempo, Ferruccio investe molto in questo vitigno: è la nascita del Brunello di Montalcino così come oggi lo conosciamo. Col figlio Tancredi, padre di Franco, l’azienda assume una fisionomia moderna diventando una delle realtà viticole più importanti nel panorama internazionale: fra i primi in Italia, Tancredi compie alcuni viaggi all’estero per portare il vino toscano all’attenzione mondiale.

Franco inizia la sua attività accompagnando il padre nei suoi viaggi e resta affascinato dal mondo del vino. Ben presto la sua convinzione che la tradizione sia l’unica ricetta per produrre il miglior Brunello di Montalcino dà i suoi frutti. Indimenticabili successi, come la nomina da parte della prestigiosa rivista americana WineSpectator della Riserva 1955 a miglior vino del secolo, o il punteggio di 10/10 (la perfezione!) assegnato dalla rivista inglese Decanter al Brunello 1891, lo consacrano uno dei migliori produttori vinicoli della Storia.


Per la vinificazione del Brunello Franco Biondi Santi si è sempre opposto all’introduzione dell’uso di barrique o di vitigni “migliorativi” che andassero a mescolarsi con il suo Sangiovese Grosso.

Per niente intimorito da alcuni giudizi approssimativi che la critica enologica italiana dette al suo Brunello verso la metà degli anni Novanta del secolo scorso, ha dimostrato come la profonda conoscenza storica e agronomica del territorio, unita a una completa dedizione al lavoro, siano i sicuri punti di riferimento per ottenere un vino di qualità.

Questo insegnamento, assieme alla magnifica disponibilità con la quale accoglieva i visitatori nella sua cantina, sono l'eredità che generazioni di appassionati di vino porteranno con loro.

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Interpretare il terroir

Un vino che intende rappresentare al meglio il contesto produttivo in cui nasce non può prescindere dall’interpretazione di terroir. Con questo termine non si intende letteralmente il territorio e tanto meno il terreno, ma qualcosa che va oltre gli aspetti, anche ampi e articolati, che riguardano il suolo su cui giace un vigneto. Terroir rimanda anche agli aspetti climatici di quella porzione di territorio, grande o piccola che sia. A queste si aggiunge la presenza del/i vitigno/i, anche qui nell’accezione più ampia possibile. Non ultimo, nel termine terroir entra anche l’aspetto umano, inteso come storia, cultura, tradizione.

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