DALLA VITE ALLA BOTTIGLIA

dalla vite alla bottiglia

Un’analisi chimica sui resti di una giara ci dice che già settemila anni fa, nel villaggio neolitico iraniano di Hajji Firuz Tepe, l’uomo produceva vino. Da quel tempo antico a oggi questo prezioso prodotto dell’agricoltura si è arricchito di significati culturali: importante nelle cerimonie di numerose culture e religioni, col tempo il vino si è affermato come uno dei principali prodotti della tradizione culinaria di molti Paesi. Oggi è il costante compagno delle più varie interpretazioni della cucina europea e internazionale, da quella più semplice e tradizionale a quella più sofisticata e innovativa. In sala, conoscere le sfumature che il vino può portare sulla tavola riveste un’enorme importanza.

Come nasce il vino

Si pensa che i primi veri “intenditori” di vino siano stati i Fenici: abili navigatori e commercianti, avrebbero trasportato il vino dal Medio Oriente a tutti i Paesi del Mediterraneo. Furono forse i primi a chiudere le anfore con un sottile strato d’olio o di resina per preservarlo dall’ossidazione, portandolo fino in Egitto, in Grecia, in Italia, in Francia e in Spagna. Conquistate dal sapore, le popolazioni s’impadronirono della coltivazione della vite che, in poco tempo, si estese ovunque.

Nonostante gli alti e bassi della storia, questa coltura ha superato i secoli e si è estesa al di là degli oceani, raggiungendo la Nuova Zelanda, le Americhe, l’Africa e l’Asia: oggi, la produzione di vino è una delle principali risorse economiche in numerosi Paesi.

Enologia: il vino, la sua produzione e le sue caratteristiche

Il termine “enologia” (dal greco oînos = vino e lògos = discorso) indica lo studio del vino: comprende la valutazione delle caratteristiche principali della coltivazione della vite (viticoltura), lo studio delle tecniche e delle lavorazioni usate per la produzione di vino (vinificazione) oltre che dei sistemi per la sua conservazione.

Tutto ha origine dalla vite

Oltre alle lavorazioni eseguite dall’uomo, che possono modificare lievemente le caratteristiche del vino, i principali fattori che incidono in modo determinante (positivo o negativo) sul vino prodotto sono legati alla vite:

  • il tipo d’uva, cioè del prodotto del ▶ vitigno;
  • le tecniche con cui viene coltivata;
  • la qualità del terreno in cui la pianta cresce;
  • il clima della zona di coltura.

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La vite e la sua coltivazione

La vite comune, o Vitis vinifera, è la specie più usata nel mondo per produrre vino: in particolare si usano piante della sottospecie sativa.

Come tutte le piante, anche la vite ha:

  • un apparato radicale sotterraneo che la àncora al suolo e assorbe acqua e sali minerali;
  • un apparato vegetativo esterno costituito da un fusto ligneo che può diventare molto lungo e dividersi in rami chiamati tralci. Essendo una pianta rampicante, la vite si attacca a sostegni o tutori per mezzo di foglie trasformate dette viticci. Sui tralci si trovano le larghe foglie, dette pàmpini, che, per ▶ fotosintesi, producono lo zucchero necessario a nutrire la pianta. Fiori – e ovviamente frutti – sono prodotti a grappoli: ciascun chicco si chiama àcino, mentre il fusticino ramificato che li collega tutti è detto graspo o raspo.

Il ciclo vitale della pianta di vite si divide in tre periodi:

  • pianta giovane, dal 1° al 3° anno di vita; in questo periodo la pianta cresce senza riprodursi (fase improduttiva);
  • pianta adulta: in questo periodo la vite produce i grappoli (fase produttiva); si divide in:
    crescita, dal 4° al 5° anno;
    costante, dal 6° al 20-25° anno ma, per alcune viti a piede-franco, cioè non innestate (vedi approfondimento alla pagina seguente), dura anche fino ai 100 anni;
  • pianta vecchia: è il periodo che va, in media, dal 25° anno in poi, in cui la produzione si riduce progressivamente.

Essendo una pianta a foglia caduca, ogni anno la vite subisce una serie di trasformazioni legate alla stagione e influenzate dal clima, dalle gelate o dai grandi caldi. Questo ciclo biologico si divide in due sottocicli:

  • sottociclo vegetativo, comprende i vari stadi di sviluppo della pianta durante l’anno. A periodi diversi corrispondono specifici fenomeni:
    – a fine inverno-inizio primavera, si ha la ripresa dell’attività radicale: nei vasi la linfa risale sotto pressione, e se i tralci vengono tagliati o incisi, gocciolano (pianto della vite);
    – in aprile si ha il germogliamento: le gemme si gonfiano e foglioline, rametti e bocci iniziano a dispiegarsi;
    – fra giugno e agosto si ha lo sviluppo dei nuovi tralci e la loro progressiva lignificazione (agostamento: fra agosto e novembre le parti verdi si colorano fino a diventare marroni). Si ha anche la formazione e l’allungamento dei viticci, l’espansione delle foglie e l’accrescimento dei raspi che sostengono i fiori;
    – in autunno si ha la perdita delle foglie;
    – da dicembre ad aprile, la pianta è a riposo;
  • sottociclo riproduttivo, comprende i vari stadi di sviluppo dei frutti; anche in questo caso le fasi che si succedono dipendono dalle condizioni climatiche:
    – in aprile-maggio, a partire dalle gemme si ha lo sviluppo e la formazione dei fiori;
    – agli inizi di giugno si ha la fioritura che dura pochi giorni; la fecondazione avviene grazie al vento (fecondazione anemofila);
    – verso la metà di giugno si ha il passaggio dal fiore al frutto (allegagione) e la caduta dei fiori non fecondati;
    – fino alla metà di agosto gli acini si sviluppano (ingrossamento);
    – da metà a fine agosto gli acini prendono colore (invaiatura): in questo periodo si eliminano i grappoli in eccesso per prediligere la qualità del vino rispetto alla quantità;
    – a settembre-ottobre la maturazione dell’uva porta un aumento del rapporto fra zuccheri e acidi nei frutti, che vengono raccolti.

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Una coltivazione problematica

Avere un bel raccolto di grappoli sani non è una cosa semplice: i problemi da fronteggiare, che possono influire negativamente sulla produzione del vino, sono numerosi:

  • le malattie parassitarie, cioè dovute a organismi che sfruttano la vite per vivere e riprodursi, danneggiandola. Sono causate da virus, che attaccano soprattutto le foglie e le parti lignee; da funghi, come la peronospora (Plasmopara viticola) o l’oidio (Oidium tuckeri), o da animali (ragnetti o insetti come la fillossera e le tignole), che colpiscono tutta la pianta;
  • i problemi ambientali, che ostacolano le funzioni della pianta; sono il gelo invernale, le gelate primaverili, la grandine, la carenza e/o l’eccesso di minerali del terreno, la siccità o la troppa pioggia che determina l’asfissia radicale. Oltre a influenzare direttamente la pianta, questi fattori agiscono anche sulla capacità dei parassiti di infestarla.

L’uomo può intervenire sia a mitigare i problemi ambientali, sia a prevenire l’azione dei parassiti. Ad esempio, la peronospora non solo è molto influenzata dalla temperatura e dall’umidità, ma può essere combattuta irrorando le piante con funghicidi a base di rame, un rimedio tradizionale e antico accettato anche nelle coltivazioni biologiche.

dall’america Una malattia e una cura

Intorno alla fine dell’Ottocento, gli esemplari di Vitis labrusca che giunsero dall’America nascondevano una grave minaccia per i vitigni europei: la fillossera (Daktulosphaira vitifoliae), un insetto che, così come attaccava le foglie delle viti americane, distruggeva le radici delle viti europee.

Senza antagonisti, in Europa la fillossera si diffuse ovunque, portando all’annientamento di quasi tutti i vigneti. Si salvarono in particolare solo alcuni vitigni pregiati, come il Nebbiolo e la Barbera, che crescevano in alta quota o vicino a zone sabbiose: qui le condizioni di vita erano sgradite alla fillossera. E proprio sfruttando le debolezze di questo insetto l’uomo riuscì a superare la crisi: innestando una porzione di tralcio (marza) di vite europea su tronchi radicati di vite americana, si eliminò il problema in modo definitivo. La fillossera, infatti, non attacca le radici americane, né le foglie europee.

Oggi in Europa restano solo pochi vitigni “franchi di piede”, cioè con radici autoctone europee, e, nel mondo, l’unico Paese “a piede franco” è rimasto il Cile.

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I fattori che condizionano l’ecosistema viticolo

Ciascun elemento rilevante nella coltivazione della vite – il vitigno, il terreno, il clima, l’azione dell’uomo – è, a sua volta, il prodotto di numerosi fattori legati in una fitta rete di interazioni.

Il vitigno

Perché le viti si possano integrare al meglio, la scelta della varietà di Vitis vinifera sativa da impiantare in un certo terreno va fatta sulla base di accurati studi sulle condizioni e le caratteristiche del territorio. Poi, il vitigno da preferire sarà quello con una produzione bassa di grappoli più piccoli e compatti, più ricchi di sostanze da estrarre durante la vinificazione.

Il terreno

Con le caratteristiche fisico-chimiche del suolo e la sua ▶ esposizione, il terreno può presentare numerosi ▶ microclimi a cui il vitigno si deve adattare in modo più o meno felice. Vediamo qualche dettaglio in più su ciascun aspetto del terreno.

  • Il suolo è lo strato superficiale della crosta terrestre, che può essere coltivato e che viene modificato, nella sua costituzione e struttura, dalla presenza di coltivazioni, di attività umane o animali, e dalle condizioni climatiche. Le sue caratteristiche fisico-chimiche influiscono molto su quelle del vino:
    – se il suolo è ricco di sabbia, il vino avrà poco colore, sarà delicato e fine;
    – se è calcareo, il vino sarà molto profumato e ricco di alcol;
    – se è ciottoloso, il vino sarà alcolico e di elevata qualità;
    – se è un po’ argilloso, il vino sarà molto acido e longevo.
    Il suolo più adatto a produrre vino è composto da sabbia (60-70%), limo (25-50%) e argilla (10-25%). Anche il suo colore incide sul prodotto finale: se il suolo è scuro, infatti, si riscalda di più e l’uva matura più rapidamente; se è chiaro rimane più a lungo freddo e il vino avrà un’acidità maggiore.
  • Il sottosuolo, su cui “appoggia” il suolo, è uno strato profondo e ha caratteristiche stabili legate all’origine geologica. Determina l’efficienza del drenaggio dell’acqua, e assicura alla pianta i sali minerali necessari. Un sottosuolo ciottoloso è permeabile e rende ottimo il drenaggio favorendo la salute della pianta e la produzione di vini ad alta gradazione, raffinati e intensamente profumati; un sottosuolo roccioso, spesso non permeabile, è un ambiente difficile e il vino sarà ricco di sensazioni minerali.
  • L’esposizione
    La coltivazione della vite dà i migliori risultati in collina: qui la giacitura o inclinazione del suolo garantisce sia un buon drenaggio sia una maggiore esposizione ai raggi del sole. Ciò significa che le viti subiscono meno gelate primaverili, che danneggiano i germogli appena spuntati, hanno una migliore attività vegetativa e una migliore produzione e maturazione dei frutti. In sostanza, il rischio di perdere il prodotto sarà inferiore che in pianura.
    A parità di latitudine e di giacitura, quindi:
    – più il suolo è esposto a nord, maggiore deve essere la pendenza;
    – più è esposto a sud, migliore è l’insolazione.
  • I microclimi
    Sono determinanti per la produzione di ciascun vigneto: sebbene la vite si adatti a qualsiasi tipo di terreno, lo stesso vitigno darà risultati diversi a seconda del microclima in cui si trova a crescere. Per esempio, la vicinanza di montagne, foreste, fiumi e laghi può proteggere la vigna dal vento freddo o assicurare un’umidità costante nella stagione calda.

I componenti del SUOLO

Componente

Diametro medio delle particelle

Caratteristiche

Sabbia

da 2 a 0,02 mm

rende il suolo aerato e drenante, ma incoerente

Limo

0,02 e 0,002 mm

ha caratteristiche intermedie tra l’argilla e la sabbia

Argilla

massimo di 0,002 mm

trattiene acqua e concimi e rende il suolo compatto e plastico

Il clima

È la sintesi delle condizioni ambientali “di base” della regione. A seconda delle condizioni climatiche, ciascuna zona produce tipi di vino diversi:

– le aree torride regalano uve zuccherine, a bassa acidità, adatte per vini liquorosi;

– le aree più fredde offrono uve meno ricche di zuccheri e con maggiore acidità, adatte soprattutto a vini bianchi meno alcolici;

– le aree a clima intermedio, come il Nord Italia e la Francia centrale, producono vini di corpo, rossi e bianchi.

  • La temperatura
    È il fattore più importante. Per poter coltivare la vite, le temperature medie annue devono essere superiori ai 10 °C, le medie estive intorno ai 20 °C e le medie invernali sui -1 °C. Il giusto equilibrio tra freddo e caldo è fondamentale: il freddo influenza la maturazione del legno ed elimina i parassiti, il caldo permette la maturazione costante dell’uva.
  • L’insolazione
    Per una buona crescita del vigneto è necessario che la pianta, da aprile ad agosto, sia esposta alla luce del sole per almeno 1300 ore.
  • La pioggia e l’umidità
    Il terreno umido favorisce la maturazione dei frutti, anche se le piogge durante la fioritura e la vendemmia sono dannose sia perché aumentano il rischio di muffe sia perché rendono meno concentrato il succo negli acini.
L’azione dell’uomo

Le lavorazioni eseguite dall’uomo su piante e terreno hanno notevoli effetti sulla riuscita del vino. La più rilevante è il modo di potare la vite per coltivarla. I vari sistemi di coltura sono strettamente legati al clima e all’esposizione: vediamo le principali tecniche di potatura che li caratterizzano:

  • ad alberello, è usata soprattutto in pianura (Puglia, Emilia-Romagna): la vite non ha bisogno di sostegni, perché forma piccoli cespugli; così i trattamenti sono più facili e si può fare una raccolta automatizzata;
  • a cordoni speronati: tipica dei terreni instabili (Toscana, Champagne, Langhe), si fa appoggiare la vite a lunghi fili di plastica o di ferro sorretti da pali in legno o cemento;
  • a guyot: diffusa nelle zone collinari dell’Italia centro-settentrionale e nei terreni magri e siccitosi, consiste nel far sviluppare il tralcio principale orizzontalmente, a circa 30 cm dal suolo, e quelli secondari e produttivi in verticale verso l’alto;
  • a pergola: è usata in pianura, in ambienti freschi e ventilati (Nord Italia); la vite si appoggia a fili di ferro legati a pali distanti 2 m;
  • a sylvoz: è adatta alle grandi produzioni; da un tralcio orizzontale legato in alto partono i rami fruttiferi verso il basso. Una variante è il sistema a casarsa con due viti appoggiate allo stesso palo.

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Il chicco d’uva

Nella struttura di ciascun chicco d’uva si individuano 3 parti principali:

  • la buccia o pericarpo è la parete esterna. Di solito è ricoperta dalla pruina, una sostanza cerosa che contiene ▶ enzimi (detti starter naturali) utili alla fermentazione. La buccia contiene anche sostanze aromatiche (terpèni) e polifenoli : tannini e coloranti come i pigmenti gialli (flavoni), presenti in tutti i tipi di uva, e quelli rossi (antociani), che si trovano solo nell’uva rossa;
  • la polpa o mesocarpo è la zona intermedia che costituisce circa il 90% del volume dell’acino. È composta di acqua, zuccheri e acidi, può contenere i pigmenti gialli (in misura minore rispetto alla buccia) e, solo in qualche tipo di uva, anche quelli rossi. Nella zona superficiale della polpa si ha una presenza maggiore di tannini e di zuccheri e minore di acidi; la zona centrale è ricca di acidi e povera di zuccheri;
  • il nucleo centrale o endocarpo contiene i semi o vinaccioli, ricchi di olio e tannini, che rappresentano il 2-4% del peso dell’acino.

Dall’uva al mosto: le prime fasi di lavorazione

Trasformare l’uva in vino è un processo che vede le sostanze presenti nell’acino modificarsi progressivamente. Vediamone le diverse fasi.

La raccolta o vendemmia

È uno dei momenti fondamentali per determinare le caratteristiche del vino: sulla vite, infatti, l’uva è in continua evoluzione, e raccoglierla in un momento piuttosto che in un altro farà sì che il vino abbia caratteri diversi. Se il raccolto è precoce, si avrà un vino fresco; una vendemmia tardiva, con un indice di maturazione dell’uva più elevato, darà un vino corposo adatto all’invecchiamento.

Per avere un prodotto di ottima qualità, senza rischiare infezioni di muffe o fermentazioni batteriche, la raccolta dell’uva va fatta con il bel tempo.

La pressatura soffice o pigiatura

È la prima operazione di cantina che avviene dopo l’accurata selezione degli acini, dove quelli rotti o muffiti sono scartati. Si ottengono così:

  • una parte solida composta da bucce (15-20%) e vinaccioli (3-6%), le cosiddette vinacce;
  • una parte liquida definita mosto (70-85%).

La pigiatura dev’essere “soffice” perché, se eccessiva, si producono sostanze amaricanti (cioè che danno sapore amaro).

La diraspatura

È l’operazione con cui si separano gli acini dal raspo a cui sono attaccati. Va effettuata immediatamente per i vini bianchi (precede anche la pigiatura), in tempi successivi per i rosati e i rossi. Evita che le sostanze contenute nel raspo (pectine, tannini, cellulosa, resine) passino nel vino dandogli caratteristiche indesiderate e spiacevoli.

Il mosto

È ciò che si ottiene dopo queste due operazioni. È composto da acqua (70-85% in peso) e zuccheri (30-25%), presenti in quantità maggiori nell’uva di quelle zone dove, per la migliore insolazione, la fotosintesi è più efficace. Il cosiddetto “zucchero d’uva” è costituito da:

  • glucosio (circa il 48%), più abbondante in uva non completamente matura;
  • fruttosio (circa il 50%), più abbondante in uva che ha raggiunto la completa maturazione;
  • zuccheri minori come xilosio e arabinosio (circa 2%).

La percentuale di zuccheri presenti nel mosto è importante, perché determina il grado alcolico del vino. Ogni grammo di zucchero equivale al valore in percentuale (%) del volume alcolico finale potenziale secondo la costante 0,6:


grammi di zucchero x 0,6 = volume alcolico %


Da 1 g di zucchero si ottengono 0,6 ml di alcol (poco più di mezzo grado alcolico).

Nel mosto si trovano anche gli acidi organici:

  • fissi, cioè che restano in soluzione, come l’acido tartarico, l’acido malico, l’acido citrico e altri minori;
  • volatili, cioè in grado di disperdersi nell’aria, come l’acido acetico, il più importante, presente in quantità minori.

Acidi fissi e volatili danno l’acidità totale che si esprime in g/l di acido tartarico; generalmente varia dal 5 al 6% per i vini delle zone più temperate, e dal 10 al 15% per i vini delle zone settentrionali.

Gli acidi presenti nel mosto hanno una funzione importantissima: oltre a dare struttura e freschezza al vino, se presenti nelle giuste percentuali contribuiscono a regolare la fermentazione, e il vino sarà fresco e saporito. Se l’acidità è troppo bassa, il vino darà sensazioni piatte; se è troppo alta, il vino risulterà acre e duro.

Il mosto contiene anche numerosi polifenoli derivati dalla buccia: queste sostanze organiche, come i tannini di sapore astringente, e i pigmenti dai colori brillanti (antociani rosso-violacei e flavoni gialli), determinano il sapore e il colore che avrà il vino.

Nel mosto si trovano anche tracce di altre sostanze:

  • sostanze azotate, essenziali per la fermentazione;
  • pectiche, presenti nei vegetali, possono dare intorbidimento;
  • sostanze odorose derivate dalle bucce e presenti in percentuali variabili in uve diverse;
  • minerali o “ceneri” (ferro, calcio, rame ecc.), determinano limpidezza e sapidità del vino;
  • vitamine: soprattutto C e molte vitamine del gruppo B (B1, B2, B6, l’acido folico o B9 e la vitamina PP o B3).

Sulle bucce dell’uva si trovano anche microrganismi che finiscono nel mosto: sono i batteri, responsabili delle malattie del vino; le muffe, in genere dannose ma in alcuni casi utili a dare aromi e sapori molto pregiati al vino; i lieviti, responsabili della fermentazione alcolica. Si distinguono in:

  • apiculati, a forma di piccolo spillo, sono molto pericolosi perché producono alcol metilico; sono però molto sensibili ad alcol etilico e anidride solforosa, che li neutralizzano facilmente;
  • ellittici o saccaromiceti, sono i veri responsabili della fermentazione alcolica, che viene definita:
    assoluta, se portata avanti da lieviti selezionati artificialmente,
    relativa, se portata avanti da lieviti selezionati e lieviti naturali.

Caratteristiche principali degli acidi presenti nel vino

Acido acetico

è volatile, se presente in eccesso altera il vino (acescenza o spunto); è spigoloso e pungente

Acido citrico

definito “acido verde” per la sua “astringenza”,

esalta in modo netto la freschezza del vino

Acido lattico

si forma dopo la fermentazione malolattica (p. 239) e quindi è presente solo nel vino, a cui dà morbidezza, e non nell’uva; è meno aspro

Acido malico

lo si trova in particolar modo nelle zone molto fredde ed è particolarmente “aspro”

Acido succinico

è un acido con caratteristiche miste “salato-acido-amaro”; dona sapore

Acido tartarico

o uvico

deriva dall’ossidazione del glucosio in acido saccarico;

è soprattutto “duro”

particolari trattamenti del mosto

Per compensare le carenze prodotte da un cattivo andamento stagionale o per rendere più costante la produzione vinicola, il mosto può subire vari trattamenti:

  • correzione dello zucchero: essendo vietata l’aggiunta di saccarosio, l’aumento della percentuale di zucchero si ottiene aggiungendo “mosto concentrato” sia concentrando il mosto a caldo o a freddo, sia con il “taglio” del mosto con una percentuale maggiore di zucchero. A ogni modo è vietato far aumentare l’alcol nel vino di oltre 2 gradi;
  • correzione dell’acidità: si ottiene un aumento di acidità con l’aggiunta di acido tartarico, soprattutto nei vini delle regioni calde. Se l’acidità è eccessiva, di solito la correzione viene effettuata sul vino, non sul mosto;
  • correzione del colore e dei tannini: si ottengono con pigiature più o meno intense e con tempi di contatto fra mosto e raspi differenti. Non si usa tagliare il mosto con un altro più colorato;
  • solfitazione: è l’aggiunta al mosto di diossido di zolfo (o anidride solforosa, SO²) per regolare la fermentazione alcolica e favorire il passaggio delle sostanze coloranti dalle bucce al mosto. Questo composto dello zolfo può avere un’azione antisettica sui batteri e rendere il mosto più limpido; inoltre è un valido antiossidante e protegge il vino dall’aria;
  • aggiunta di bentonite: si tratta di un’argilla che agisce in modo da chiarificare il mosto.

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piccolo dizionario delle operazioni di cantina

Follatura: procedura per rimuovere il cappello delle vinacce onde evitarne l’ossidazione e favorire il passaggio delle sostanze dal mosto al vino facilitando allo stesso tempo il raffreddamento del prodotto.

Rimontaggio: estrazione di un po’ di mo­sto dalla zona bassa del tino di fermentazione per immetterlo nella parte alta; serve a raffreddare e rimescolare il tutto.

Svinatura: separazione del vino dalle sostanze residue (fecce) della fermentazione.

Torchiatura: procedura utile a produrre vini molto colorati e ricchi di tannini.

Illimpidimento: procedimento per rendere più piacevole il prodotto alla vista; si ottiene centrifugando o filtrando il vino, oppure aggiungendovi anidride solforosa o bentonite.

La vinificazione

È il processo attraverso il quale il mosto si trasforma in vino. Ne esistono diversi tipi:

  • in bianco (di uve bianche o rosse);
  • in rosato;
  • in rosso (con macerazione);
  • con macerazione carbonica;
  • a caldo (o termovinificazione).
La vinificazione in bianco

Si usa per produrre vini bianchi. Raspi e vinacce si separano immediatamente dal mosto con la diraspatura e la sgrondatura. Il mosto viene poi messo in silos di acciaio dove ▶ decanta; quindi viene centrifugato per essere illimpidito, prima di essere avviato alla fermentazione, che avviene alla temperatura costante di circa 20 °C.


schema della vinificazione in bianco

  •  uve bianche o rosse
  •  diraspatura, pigiatura e sgrondatura
  •  mosto fiore (cioè libero da raspi e vinacce)
  •  aggiunta di anidride solforosa
  •  illimpidimento
  •  eventuale aggiunta di lieviti selezionati
  •  fermentazione
  •  svinatura, cioè travaso in tini o botti
  •  vino fresco o giovane
  •  maturazione
  •  eventuali correzioni e stabilizzazioni
  •  imbottigliamento e distribuzione
La vinificazione in rosato

Per legge non si possono “tagliare” vini bianchi e vini rossi per ottenere un vino rosato: perché il vino abbia questa colorazione, quindi, si segue una lavorazione particolare usando diverse varietà di uva. Il mosto è lasciato per breve tempo a contatto con le vinacce in modo che acquisti una piccola parte di polifenoli, poi viene fermentato con la stessa procedura dei vini bianchi.


schema della vinificazione in rosato

  •  uva rossa
  •  pigiatura
  •  mosto con vinacce per breve tempo
  •  sgrondatura e diraspatura
  •  mosto fiore
  •  aggiunta di anidride solforosa
  •  illimpidimento
  •  eventuale aggiunta di lieviti selezionati
  •  fermentazione
  •  svinatura
  •  vino fresco o giovane
  •  maturazione
  •  eventuali correzioni e stabilizzazioni
  •  imbottigliamento e distribuzione
La vinificazione in rosso

Il mosto e le vinacce fermentano insieme per alcuni giorni a 25- 28 °C: se si vuole un vino più giovane, la fermentazione dura almeno 7 giorni, se si vuole un vino da invecchiamento fino a un massimo di 20 giorni. In questo modo, tutte le sostanze nobili presenti nell’uva passano al vino. Una volta eliminate le vinacce, si procede con successive fasi di fermentazione che terminano con le procedure già viste per gli altri tipi di vino.


schema della vinificazione in rosso

  •  uve rosse ed eventualmente bianche
  •  pigiatura e diraspatura
  •  mosto con vinacce
  •  aggiunta di anidride solforosa
  •  eventuale aggiunta di lieviti selezionati
  •  fermentazione a contatto delle vinacce
  •  svinatura, cioè travaso in tini o botti del mosto-vino, separandolo dalle vinacce
  •  vino fresco o fiore
  •  fermentazione lenta o seconda fermentazione
  •  fermentazione malolattica
  •  maturazione
  •  eventuali correzioni e stabilizzazioni
  •  invecchiamento
  •  imbottigliamento e distribuzione
Vinificazione con macerazione carbonica

Per i vini novelli, che devono avere almeno 11° di alcol, si usa questa tecnica: i grappoli sono collocati in grandi vasche (50-70 hl) a temperatura di 30 °C, dove, eliminata l’aria, si satura l’ambiente con anidride carbonica. Per 5-10 giorni i lieviti, che migrano dalla buccia alla polpa in cerca di ossigeno e acqua, danno inizio alla fermentazione. Si procede poi alla vinificazione in rosso, con una lieve pigiatura e un’ulteriore fermentazione di 3-4 giorni; a seguire, avviene l’imbottigliamento. La commercializzazione di questo tipo di vino è vincolata dalla legge che stabilisce il deblocage, cioè il giorno a partire dal quale si può iniziare la vendita. Questo tipo di vini ha particolari caratteristiche di profumo e freschezza: i più famosi sono i Beaujolais Nouveau francesi, mentre la produzione italiana è in crescita.Vinificazione a caldo o termovinificazioneÈ un metodo di vinificazione continua che consiste nel riscaldare l’uva pigiata: ciò accelera i tempi di estrazione delle proprietà dell’uva aumentando il rendimento. Esistono però degli svantaggi: la torbidità del vino e la perdita delle sue qualità, soprattutto di profumi e sapore.

La fermentazione alcolica

Questa reazione biochimica svolta dagli enzimi dei lieviti porta alla scissione delle molecole di zucchero presenti nel mosto e alla produzione di alcol etilico e anidride carbonica. La trasformazione può procedere in modo più o meno rapido ed efficace; ciò dipende da vari fatti, i più importanti dei quali sono:

  • la temperatura; oltre i 37 °C, infatti, la fermentazione si blocca;
  • la percentuale di zucchero nel mosto; se è troppo alta la fermentazione stenta a iniziare;
  • la percentuale di alcol etilico; se prodotto in eccesso inibisce l’attività dei lieviti;
  • l’acidità, se non è abbastanza alta non riesce a combattere l’azione dannosa dei batteri;
  • la quantità e il tipo dei lieviti, che possono essere o no sufficienti per attivare la reazione.

Il processo di fermentazione avviene in varie fasi:

  • la fermentazione tumultuosa: è la prima fase, che si svolge in modo rapido, con grande sviluppo di anidride carbonica e calore; il mosto “ribolle”;
  • la fermentazione lenta o secondaria: è la fase successiva, che ha inizio con la svinatura. È in questa fase che nel vino, oltre all’alcol etilico e all’anidride carbonica, si formano sostanze come la glicerina e l’acido acetico;
  • la fermentazione malolattica o disacidificazione biochimica: è una fase in cui il vino subisce ulteriori trasformazioni; in particolare l’acido malico si modifica in acido lattico, con un conseguente ammorbidimento del gusto del vino. Questa fase è molto importante per i vini da invecchiamento, che contengono notevoli quantità di acido malico, ma è dannosa per quelli bianchi che, dopo i primi freddi invernali, sono già morbidi e del tutto privi di acidità.
Maturazione e invecchiamento

Sono fasi necessarie perché nel vino possano avvenire le numerose trasformazioni che portano a un graduale e netto cambiamento delle qualità organolettiche.

  • La maturazione avviene di solito nelle autoclavi d’acciaio, a temperatura controllata. Il vino acquista stabilità e limpidezza.

  • L’invecchiamento che segue può avvenire in botti di legno e/o nelle bottiglie di vetro: esso garantisce la formazione del  bouquet e, col passar del tempo, un cambiamento di colore.

Quando il vino invecchia nelle botti, trae dal legno alcune sostanze – i polifenoli gallici – che arricchiscono l’aroma.

Ma l’invecchiamento non è per tutti i vini! È destinato soprattutto ai vini rossi: quelli bianchi – eccetto alcuni come il Vin Santo, la Vernaccia e pochi altri – hanno come caratteristiche specifiche la freschezza del gusto e la fragranza del profumo, elementi che tendono a deteriorarsi durante l’invecchiamento. Anche per i vini rossi, tuttavia, ci sono delle limitazioni: solo quelli ricchi di alcol, con alta acidità e molto corpo possono affrontare un lungo invecchiamento. Sono vini che inizialmente hanno una certa durezza e astringenza, e possono migliorare soltanto con il passare del tempo.

L’imbottigliamento

È l’ultima fase della produzione del vino.

I vini fermi (cioè “senza bollicine”) di solito si imbottigliano in primavera se bianchi, rosati o rossi giovani, in autunno se rossi.

I vini vivaci si imbottigliano ai primi rialzi termici (marzo), che favoriscono una leggera fermentazione degli zuccheri residui.

Protagonisti in Sala
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Corso di sala e vendita per il primo biennio