Il tartufo

Il tartufo

Intenso, penetrante, persistente: è il profumo inconfondibile a rendere unico, ricercatissimo e altrettanto costoso questo ingrediente. Il tartufo è il corpo fruttifero di un fungo della famiglia delle Tuberacee che compie il suo intero ciclo vitale sottoterra. Il tartufo ha dimensioni che variano da quelle di una noce a quelle di un’arancia, ed è rivestito da una pellicina detta peridio, che può essere liscia o rugosa a seconda del tipo di terreno, e di un colore che può variare dal bianco avorio tendente al giallo fino a una tonalità più intensa tra il grigio e il nero. La parte interna, detta gleba, mostra venature ramificate.

Come tutti i cibi raffinati, anche il tartufo era già apprezzato nell’antichità: i Sumeri lo accompagnavano con legumi e cereali (orzo, ceci e lenticchie); i Babilonesi lo servivano abitualmente alla mensa reale; i Romani lo apprezzavano particolarmente e lo chiamavano terrae tuber, tubero di terra. Nel XVIII secolo il celebre gastronomo francese Anthelme Brillat-Savarin (1755-1826) descrisse le proprietà afrodisiache del tartufo affermando che: «La truffe rend les femmes aimables et les hommes amoureux» (il tartufo rende le donne amabili e gli uomini amorevoli). Ma in Francia era conosciuto solo il tartufo nero, in particolare quello del Périgord, e solo più tardi si diffuse la fama del tartufo bianco del Piemonte, considerato pregiatissimo presso tutte le corti, dove la ricerca del tartufo era considerata un passatempo e un divertimento di palazzo a cui partecipavano anche i sovrani.

La classificazione

Tra le numerose varietà di tartufo note, solo sei sono classificate come commestibili dalla legge che ne disciplina la raccolta e il commercio:

  • bianchetto o marzuolo (Tuber borchii Vittadini);
  • tartufo bianco di Alba o bianco pregiato (Tuber magnatum Pico);
  • tartufo d’estate o scorzone (Tuber aestivum Vittadini);
  • tartufo d’inverno o trifola nera (Tuber brumale Vittadini);
  • tartufo nero di Norcia o nero pregiato (Tuber melanosporum Vittadini);
  • tartufo nero ordinario o tartufo di Bagnoli (Tuber mesentericum Vittadini).

Tra queste, le più pregiate e conosciute sono le prime due.

  • Il tartufo bianco pregiato ha una forma irregolare, tondeggiante o appiattita. Il più famoso è quello che prende il nome dalla città di Alba (Cuneo), ma si può trovare in tutta la zona del Monferrato, nelle Langhe e nel Roero e in altre regioni d’Italia; importante, per esempio, quello di Acqualagna, nelle Marche. Il peridio è di color avorio tendente al giallo-ocra e la gleba ha venature bianche molto ramificate. La data di inizio e di fine raccolta è stabilita di anno in anno dalle amministrazioni regionali: indicativamente va dal 21 settembre al 31 gennaio.
  • Il tartufo nero di Norcia ha una forma sferica di circa 6-7 cm di diametro; il peridio bruno-nerastro, a verruche poligonali; la gleba di colore bruno o nero-rossastro con venature bianche molto ramificate. Il profumo è molto intenso e aromatico, e lo rende meno pregiato del tartufo bianco. La ricerca è permessa dal 1° dicembre al 15 marzo.

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La produzione

Il tartufo predilige i terreni argillosi e calcarei delle colline, e cresce spontaneamente accanto alle radici di alcuni alberi (querce, roveri e pioppi) con cui vive in simbiosi.

La sua raccolta è affidata al trifolao, che per esercitare deve avere un tesserino di idoneità rilasciato dalla provincia di residenza dopo un esame specifico. Il trifolao utilizza un cane dal fiuto finissimo addestrato alla ricerca del tartufo, e una zappetta, chiamata vanghetto o vanghino, che serve a estrarlo dal terreno e caratterizzata da una piccola lama di metallo.

Il servizio

Mentre il tartufo nero può essere consumato sia crudo sia cotto, è assolutamente preferibile consumare quello bianco crudo, tagliato a fette sottilissime direttamente davanti agli ospiti (mai in cucina!).

Prima di presentare a tavola il tartufo per servirlo a crudo, è necessario pulirlo con una spazzolina morbida eliminando ogni residuo di terra. I tartufi non vanno mai pelati.

Va poi appoggiato su un piatto con un frangino e coperto da una cloche in vetro per preservarne il profumo. Accanto, va messo l’apposito tagliatartufi in legno o in acciaio, la cui lama regolabile con una vite consente di ottenere le lamelle dello spessore desiderato.

La dose per persona può variare da 10 a 20 g.

Il tartufo non si può congelare e non va neppure lasciato per più giorni in frigorifero dove subisce una notevola perdita di peso e le sue caratteristiche organolettiche si alterano rapidamente.

Per conservare il tartufo al meglio, bisogna avvolgerlo nella carta assorbente, assicurandosi che rimanga sempre ben asciutta, e chiuderlo in un contenitore di vetro o plastica.

Il tartufo può sposarsi con varie preparazioni, dall’antipasto al piatto forte. Tenendo conto delle abitudini e dalle tradizioni regionali, per esaltarne al meglio il sapore si consiglia la semplicità: piatti poco elaborati e privi di condimenti pesanti che ne coprirebbero il sapore e il profumo.

Per la scelta del vino, si farà riferimento alla natura del piatto al quale il tartufo si accompagna: se si sposa con un antipasto, sarà preferibile abbinare una Barbera o un Nebbiolo fresco e giovane; se, invece, il piatto è succulento e strutturato, la scelta si orienterà verso un Barolo, un Brunello o un Amarone della Valpolicella.

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