COME SERVIRE LE INSALATE

come servire le insalate

Le attività di sala sono molto più numerose e varie di quanto si pensi: oltre alla preparazione di tavoli e ambiente, alla presentazione del menu ai clienti e alla raccolta delle comande, oltre all’interazione con la cucina e al servizio di piatti o di vassoi pronti e di bevande d’ogni tipo, il maître – o chi lo sostituisce – è deputato anche alla preparazione, davanti al cliente, di alcune ricette. Vediamo le più importanti.

C’è insalata e insalata!

Quando si dice “insalata”, ci si immagina subito un piatto di verdure fresche, leggero e semplice, facile da preparare e veloce da consumare. L’insalata è stata a lungo la “cenerentola” del menu, e solo da pochi anni ha riguadagnato importanza sulla nostra tavola: il suo ruolo nella ristorazione era quello di contorno a piatti più impegnativi e dal gusto più deciso, un’aggiunta destinata a completare un secondo ricco con qualcosa che riequilibrasse il pranzo da un punto di vista dietetico. Oggi, invece, i nuovi costumi sociali e alimentari le affidano sempre più spesso un ruolo di primo piano. Diversamente dal passato, oggi l’insalata è un piatto di verdure, più comunemente crude ma anche cotte separatamente, che possono essere usate singolarmente o mischiate, e di solito sono servite fredde. Di “assemblare” un’insalata, di condirla nel modo adeguato e di presentarla nel modo migliore possibile si occupa – soprattutto nei locali di alto livello – il maître, o chi lo sostituisce. Per questa creazione in cui nulla deve predominare e tutto deve avere gusto, è necessario trovare sapori e profumi in armonia. Ma anche la scelta dei colori è importante: l’occhio vuole sempre la sua parte! Vediamo come si preparano e si servono i principali tipi di insalate.

Le insalate semplici

Sono le cosiddette insalate verdi o di altro colore, crude o cotte, nelle quali la verdura scelta è presente in un’unica varietà: insalata di lattuga, di radicchio, di pomodori, di finocchi, di fagiolini ecc. Di solito, l’insalata semplice accompagna preparazioni calde a base di carne (arrosti e grigliate) o di pesce (al forno e alla griglia) con una funzione di contorno aggiunto, cioè in più rispetto a quelli già presenti nel piatto: per questo motivo dovrebbe essere mangiata prima o dopo la portata. Se viene mangiata prima, attenua l’appetito e svolge un’azione digestiva; mangiata dopo tende a eliminare i residui dei sapori forti del secondo, preparando il palato al dessert.

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Le insalate miste

Prodotte dall’unione di vari tipi di ortaggi crudi e/o cotti, può essere di molti generi diversi secondo gli ingredienti. Se la scelta degli ingredienti è limitata, l’insalata può essere servita come contorno; viceversa, se il numero di ingredienti è particolarmente alto, può diventare un piatto a sé, in grado di sostituire una portata classica, usanza molto gradita nel periodo estivo.

Le insalate composte

Sono quelle che lasciano più spazio alla fantasia creativa: infatti, oltre che da vari tipi di verdure, sono costituite anche da legumi bolliti, frutta, formaggio, carne di pollo, tacchino o vitello bollita o arrostita, pesce o crostacei bolliti o grigliati, pesci sott’olio come tonno e acciughe, uova sode, salumi, pasta e altri ingredienti ancora. In base alla loro composizione, queste insalate sono servite come antipasto, se sono frutto dell’estro dello chef e sono presentate in modo piacevole, che stuzzica l’appetito; oppure come piatto unico, molto apprezzato nella stagione estiva, o come pasto leggero.

Gli ingredienti delle insalate

Per rendere più ricche le insalate, è consigliabile usare sempre ingredienti dalle caratteristiche organolettiche qualitativamente migliori, come quelli con una Denominazione di Origine Protetta (DOP) o una Indicazione Geografica Tipica (IGT).

Ecco qualche esempio:

  • per i legumi e gli ortaggi: Fagiolo di Sarconi, Fagiolo di Lamon della Vallata Bellunese, Peperone di Senise, Pomodoro di San Marzano, Radicchio rosso di Treviso, Radicchio variegato di Castelfranco Veneto;
  • per i funghi: Fungo di Borgotaro, Tartufo Bianco d’Alba;
  • per i cereali: Riso Vialone Nano Veronese, Farro della Garfagnana;
  • per i salumi: Prosciutto di Parma, Prosciutto di San Daniele, Salame di Varzi, Salame Brianza, Lardo d’Arnad, Bresaola della Valtellina, Culatello di Zibello.
  • per i formaggi: Raschera, Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Asiago, Taleggio, Mozzarella di bufala campana, Gorgonzola, Fontina ecc.

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I condimenti

Il modo in cui si condisce un’insalata è fondamentale: dare la giusta nota di sapore in più ravviva gli aromi delle verdure, rendendole più fresche e saporite, o accende di colore le combinazioni dei sapori delle insalate composte. Alcuni componenti – come l’olio e l’aceto – sono quasi sempre presenti, e devono essere altrettanto freschi e genuini quanto le verdure scelte per il piatto.

Ma sono “condimenti” anche gli altri sapori che si aggiungono alle insalate: la senape, le spezie, le erbe aromatiche, il limone, i dressing e le salse. Vediamo qualcosa di più su questi ingredienti usati in minime quantità, ma che così tanto aggiungono al piatto.

L’olio d’oliva

Sembra impossibile che dall’olivo, una pianta così semplice e rude, dai frutti amari e minuscoli, qualcuno abbia potuto pensare di ricavare una sostanza come l’olio, che sarebbe diventata essenziale nella dieta di molti popoli. L’olivo viene citato nei libri più antichi, dai testi sacri a quelli letterari, tuttavia ancora è incerto quale sia stata la zona del mondo in cui, per la prima volta, si è iniziato a coltivarlo. È probabile che anche questa coltura, come gran parte delle coltivazioni “di base”, abbia avuto inizio in Asia Minore, ma non sappiamo con certezza se l’uso delle olive sia stata una conseguenza diretta della coltivazione della pianta. A dare spazio alla coltivazione dell’olivo e alla produzione di olio sono stati soprattutto i Greci, che hanno avviato l’arte di ricavare l’olio dalle olive (elaiotecnica), e i Romani, che l’hanno resa più efficace.

Dai tempi dei Romani, la coltivazione dell’olivo ha superato momenti di crisi, come durante gli anni difficili dell’Alto Medioevo, e ha avuto momenti di rilancio, come nel periodo dei Comuni.

Anche nell’età moderna ha subìto alterne vicende, con riduzioni delle coltivazioni dovute sia a vicende politiche e militari, sia a condizioni climatiche sfavorevoli – in particolare alla fine dell’Ottocento si registrò un vistoso calo della produzione – e nuovi sviluppi.

Ma il vero salto di qualità si è avuto a metà del Novecento, con l’introduzione di tecniche agronomiche più appropriate che hanno permesso, tra l’altro, di abbattere gli alti costi di produzione, garantendo, allo stesso tempo, una migliore qualità degli oli. E si parla di “oli” perché, così come esistono numerose varietà delle piante di olivo, esistono anche molti e differenti tipi d’olio: il loro sapore varia molto, oltre che per la varietà di olive con cui sono prodotti, anche per il luogo di produzione, il grado di maturazione delle olive raccolte e il modo in cui vengono lavorate.

L’olio migliore da usare a crudo, il più saporito, è certamente l’olio extravergine d’oliva, particolarmente ricco di acidi grassi monoinsaturi, considerati salutari perché favoriscono la presenza nel sangue del colesterolo HDL “buono”, piuttosto che di quello “cattivo” LDL, causa di ostruzioni vascolari e infarti. Gli effetti positivi della dieta mediterranea sulla salute sono dovuti quasi esclusivamente al largo uso che si fa di questo olio nell’alimentazione quotidiana. Inoltre, esso ha ulteriori capacità benefiche per la presenza di fenoli e tocoferoli, note sostanze antiossidanti.

L’olio di oliva è costituito prevalentemente da acido oleico (l’acido monoinsaturo più abbondante, che varia dal 55% all’83% in peso); esso viene usato per misurare l’acidità dell’olio: se l’acidità è inferiore allo 0,8%, cioè se in 100 g d’olio sono presenti meno di 0,8 g di acido oleico, l’olio è considerato di alta qualità. E l’olio extravergine d’oliva ha una acidità massima dell’1%, cosa che lo rende particolarmente adatto alla dieta umana.

L’olio d’oliva vergine, invece, ha un’acidità massima del 2%, mentre l’olio d’oliva, ottenuto da tagli di oli raffinati e di oli vergini, sempre molto validi e dai sapori più delicati, ha un’acidità massima dell’1,5%.

L’offerta di oli d’oliva è molto differenziata, e i vari prodotti si distinguono soprattutto in base alla loro origine e alla lavorazione; fra gli oltre 40 oli a Denominazione di Origine Protetta (DOP): ricordiamo l’Aprutino Pescarese (Abruzzo); il Brisighella (Emilia Romagna); il Colline di Brindisi (Puglia); il Sabina e il Canino (Lazio).

Il vocabolario dell’olio

Aromaticità: è data da sfumature ben definite di gusto (aromi varietali tipici di erbe, peperoni, fiori) e dalla persistenza del sapore in bocca, che si percepisce aspirando.

Equilibrio: è dato dal rapporto tra la freschezza (legata all’acidità) e la delicatezza del sapore.

Fragranza: è una qualità del profumo.

Sapidità: deriva dall’aggettivo “sapido”, che significa “saporito, che ha sapore, che è ricco di gusto”; quindi significa “ricchezza di gusto, di sapore”.

Olio di equilibrato vigore: è un olio molto strutturato ma con profumi molto decisi.

Olio fine: è un olio con profumo e sapore carezzevoli, adatto a cibi leggeri e dai sapori delicati. Sono di questo tipo gli oli liguri.

Olio spigoloso: è un olio con un eccesso di acidità o con una tipica piccantezza. Sono di questo tipo alcuni oli meridionali.

Olio strutturato, oppure carico, oppure corposo: è un olio con una forte personalità acida, molto profumato e dal sapore intenso. Sono di questo tipo gli oli del Sud Italia.

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Altri tipi di olio

Esistono anche altri tipi di olio che possono essere usati crudi sulle insalate:

  • derivati da frutti: palma, cocco, noce;
  • derivati da semi: arachidi, soia, sesamo, mais, girasole, cartamo, vinaccioli, colza. In commercio, inoltre, si trova l’olio di semi vari, di solito costituito soprattutto da olio di soia e olio di colza (dal costo di produzione più basso) che, però, può avere effetti dannosi sulla salute.

Estratti da semi, legumi o frutti coltivati ad hoc, o rimasti come sottoprodotti da altre lavorazioni (vinaccioli), questi oli sono interessanti da un punto di vista nutrizionale perché sono ricchi di acidi grassi insaturi (linoleico, linolenico, arachidonico) dall’azione antiossidante e preventiva del colesterolo “cattivo”.

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