CHE COS’È IL SISTEMA HACCP

  Che cos’è il sistema HACCP

Un tempo le ▶ industrie alimentari, per garantire la sicurezza dei loro prodotti, si limitavano ad applicare alcune “buone pratiche”, più o meno dettagliate ed efficaci, riguardanti le procedure di produzione e l’igiene dei luoghi di lavoro e del personale. Le verifiche sulla salubrità degli alimenti venivano effettuate solo al termine dei processi produttivi, con analisi di laboratorio condotte a campione sugli alimenti finiti. Tuttavia, capitava spesso che cibi contaminati venissero consumati senza essere controllati.

Oggi nei paesi dell’Unione Europea, e dunque anche in Italia, si punta in modo molto più deciso ed efficace sulla prevenzione. La base comune per la produzione e somministrazione di alimenti salubri è il sistema di lavoro HACCP.

HACCP è la sigla di Hazard Analysis and Critical Control Points, espressione inglese che significa, letteralmente, “analisi dei rischi e punti critici di controllo”. Si tratta di un sistema di lavoro finalizzato a prevenire l’insorgere di minacce per la salute, identificando in anticipo gli eventuali pericoli che possono presentarsi in un’industria alimentare e controllando ogni singola fase in cui si articolano la produzione, la preparazione, la distribuzione e la somministrazione. Perché ciò sia possibile, è fondamentale che gli operatori delle industrie alimentari siano opportunamente istruiti e formati e che tutti i processi di produzione vengano descritti e documentati. Descrizione e documentazione delle varie fasi costituiscono una parte fondamentale del manuale di autocontrollo, cioè del testo che dimostra l’effettiva attività di autocontrollo svolta dall’azienda.

L’adozione di questa metodologia di lavoro è obbligatoria in Italia – e in tutti gli stati membri dell’Unione Europea – dal 1993 (Direttiva CEE n. 43/1993, poi sostituita dal Regolamento CE n. 852/2004).

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  I capisaldi dell’HACCP: l’analisi dei rischi e il controllo dei punti critici

I capisaldi del sistema di autocontrollo HACCP sono contenuti nella sua stessa denominazione: analisi dei rischi e punti critici di controllo. Ma che cosa si intende esattamente per ”rischio” e ”punto critico”?

Analisi dei RISCHI

Come già visto (Unità 2, La contaminazione degli alimenti, p. 35), in campo alimentare parlare di “rischio” significa riferirsi alla probabilità che si verifichi una situazione di pericolo, in questo caso una contaminazione. I contaminanti possono essere di tipo chimico, fisico o biologico e la contaminazione può essere diretta, indiretta o crociata.

Le contaminazioni non hanno tutte la stessa probabilità di verificarsi, né rappresentano pericoli equivalenti.

Per esempio, come già visto, la contaminazione da Salmonella è una delle più frequenti in Italia (si registrano oltre 3000 casi all’anno), ma fortunatamente il pericolo è limitato, poiché i sintomi sono gastrointestinali e si risolvono, la maggior parte delle volte, senza ricorrere a cure in un paio di giorni.

All’opposto, la contaminazione botulinica avviene molto raramente (circa 20 casi all’anno), ma quando si verifica necessita di cure tempestive e ciononostante ha spesso un esito fatale.

 Rischio zero?

Quando si lavora nell’industria alimentare, la probabilità che un alimento provochi un effetto negativo sul consumatore non può mai essere ridotta a zero. Le variabili in gioco sono numerosissime e non riguardano solo la preparazione del cibo ma anche le condizioni di salute e i comportamenti del consumatore, che dovrebbe essere sempre sensibilizzato a diventare “co-protagonista” della sicurezza degli alimenti, a partire dal conservarli e cucinarli correttamente. Per esempio, tenere a contatto alimenti cotti e crudi può favorire pericolose contaminazioni.

Se arrivare al rischio zero è impossibile, si può – e si deve – lavorare lungo tutta la filiera produttiva per puntare al raggiungimento di un “rischio tollerabile”, cioè tanto ridotto da risultare accettabile.

Punti critici di controllo (CCP)

La sigla CCP significa “punti critici di controllo” ed è una denominazione che viene data a tutte quelle fasi di lavorazione particolarmente insidiose che possono essere controllate al fine di individuare ed eliminare l’insorgenza di pericoli.

La preparazione di un prodotto avrà numerosi CCP, ossia ci saranno numerose situazioni in cui può avvenire la contaminazione; per questo è indispensabile mantenere elevati standard igienici in ogni momento, dalla produzione alla distribuzione, fino al consumatore.

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fissa il concetto                                                                                                                      
analisi dei rischi (di contaminazioni)

gravità del danno

livello di rischio

probabilità del danno

IDENTIFICAZIONE DEI PUNTI CRITICI DI CONTROLLO

principali CCP:

  • ricevimento delle merci
  • stoccaggio
  • conservazione
  • cottura
  • smaltimento dei rifiuti 

  L’applicazione del sistema HACCP

Il sistema HACCP prevede che la stesura del piano di autocontrollo sia anticipata da cinque fasi preliminari, il cui scopo è definire chiaramente chi si occuperà dell’analisi e quali sono le caratteristiche del prodotto finale e le fasi che portano alla sua produzione.

  Le fasi preliminari

1) Costituzione del gruppo HACCP

Sia nelle grandi sia nelle piccole aziende è indispensabile la presenza di soggetti preparati per sviluppare il piano dell’HACCP.

La formazione di un team che sviluppi il piano di attivazione dell’HACCP è indispensabile per il successo del piano stesso.

In una grande azienda, per esempio, in genere si punta alla multidisciplinarità, coinvolgendo:

  • un esperto in microbiologia;
  • un chimico alimentare;
  • un ingegnere o uno specialista dei processi industriali;
  • un addetto al confezionamento;
  • un responsabile della formazione interna, di fondamentale importanza.

Nelle piccole aziende, come ristoranti o bar, il gruppo ha invece una composizione più semplice e ristretta. Ci deve comunque essere un responsabile HACCP (può essere il titolare o un suo delegato), al quale faranno riferimento tutti i lavoratori dell’azienda.

Il responsabile ha il compito di assicurare che le operazioni avvengano nel rispetto della normativa, nonché compilare e conservare tutti i documenti che dovranno essere tenuti a disposizione dell’autorità. Tali documenti dovranno essere raccolti in un unico fascicolo e contribuiranno a formare il manuale di autocontrollo.

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2) Descrizione del prodotto

La descrizione dei prodotti deve essere il più possibile completa e dettagliata. Per esempio, in un ristorante deve riguardare il ricettario completo in uso. Accanto alla denominazione del prodotto finito bisognerà elencare gli ingredienti utilizzati, indicare gli eventuali allergeni e fornire un accurato resoconto delle condizioni di produzione e somministrazione.

3) Identificazione dell’uso previsto del prodotto

Il gruppo di lavoro deve identificare e valutare l’uso che il consumatore farà di ciascun prodotto, indicando se l’alimento in questione è adatto a tutti o se la presenza di allergeni potrebbe renderlo dannoso per alcune categorie di consumatori. Devono essere individuati ed esplicitati anche gli eventuali trattamenti richiesti prima dell’assunzione dell’alimento, come la cottura o il semplice riscaldamento.

4) Stesura di un diagramma di flusso

Il gruppo deve stilare un diagramma di flusso, cioè una rappresentazione grafica “a blocchi” in cui si descrivono in modo semplice e chiaro le diverse fasi produttive, nell’esatto ordine in cui si succedono.

5) Verifica del diagramma di flusso

Il gruppo di lavoro deve verificare sul campo che il diagramma di flusso sia corrispondente alla realtà, e cioè che descriva nel giusto ordine tutte le fasi seguite dall’industria alimentare durante la produzione.

Sapere di alimentazione
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Corso di Scienza degli alimenti per il primo biennio