La tracciabilità
Secondo un rapporto (2013) della FAO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di alimentazione e agricoltura), il 70% delle nuove malattie umane è ricollegabile all’aumento della produzione e del consumo di alimenti di origine animale.
A rendere il quadro più complesso si aggiungono la grande mobilità umana e l’allungamento delle filiere alimentari, che sempre più spesso si estendono ben oltre i confini di un singolo Stato. La combinazione di tutti questi fattori trasforma talvolta in ▶ pandemie le malattie infettive veicolate dagli alimenti: basti pensare ai casi dell’influenza aviaria e della febbre suina.
Per tutelare la salute dei cittadini da patologie simili, molti Paesi stanno adottando misure di controllo che permettano di ripercorrere a ritroso tutte le tappe della filiera alimentare di ogni singolo prodotto, per trovare l’origine di una possibile contaminazione.
In Europa questo è possibile grazie a una normativa, il Regolamento CE n. 178/2002, che impone alle aziende coinvolte nelle filiere alimentari di documentare sia la provenienza sia la destinazione delle loro merci. Inizialmente l’obbligo riguardava solo le filiere di carne, pesce e uova, ma progressivamente si è esteso a tutti i prodotti alimentari (compresi i mangimi animali, gli additivi, i fitofarmaci eccetera).
Questa normativa garantisce la tracciabilità del percorso di ogni ingrediente, allo scopo di individuare i prodotti non conformi e ritirare dal mercato tutti gli alimenti che potrebbero presentare le stesse criticità. Viceversa, la rintracciabilità consente al consumatore di ricostruire le varie tappe del processo di produzione.