DALLA FATTORIA ALLA FORCHETTA

   Dalla fattoria alla forchetta

Dietro ogni confezione, ogni scatola, bottiglia, barattolo o vaschetta di alimenti c’è una storia che quasi sempre è cominciata dall’agricoltura, dall’allevamento o dalla pesca. Conoscere tutta la “strada” percorsa da un alimento from farm to fork, come dicono gli inglesi, “dalla fattoria alla forchetta”, o quantomeno dalle materie prime che lo compongono fino all’arrivo nel punto vendita, è importante per scegliere il cibo in modo ponderato. Le etichette alimentari possono aiutarci a ripercorrere questo filo d’Arianna, ma prima bisogna avere ben chiari due concetti: quelli di filiera e di tracciabilità.

  La filiera alimentare

Per filiera alimentare si intende l’insieme delle tappe che segnano il percorso di un alimento dalla sua produzione al suo consumo. L’espressione è stata coniata solo in anni recenti, ma le filiere alimentari sono sempre esistite.

Un tempo esse erano molto più corte di quelle attuali. Per esempio, in un contesto nel quale una famiglia si nutre direttamente di ciò che produce con l’allevamento, l’agricoltura o la pesca, come spesso accadeva in passato, produttore e consumatore coincidono, dunque la filiera è minima. Oggi invece, soprattutto nei Paesi sviluppati, fra la produzione e il consumo di un alimento si interpongono numerosi passaggi intermedi e il percorso del cibo è molto più lungo e frammentato, al punto che non è sempre facile ricostruirlo.

I passaggi della filiera alimentare

La filiera alimentare moderna si presenta come una catena produttiva composta da molti “anelli”. I passaggi principali sono riducibili a cinque, dalla produzione delle materie prime alla vendita del prodotto finito, ma ciascuno di essi può consistere di più operazioni diverse, la cui natura dipende innanzitutto dal tipo di alimento.


passaggi della

catena produttiva

operazioni

1. Produzione delle materie prime

  • coltivazione
  • allevamento

2. Estrazione e stoccaggio delle materie prime

  • raccolta
  • mungitura
  • macellazione
  • pesca

3. Trasformazione delle materie prime

  • cambiamento dello stato di aggregazione dell’alimento (filtrazione, macinazione, disossamento eccetera)
  • aggiunta di uno o più ingredienti (conservanti, microrganismi, spezie, sale eccetera)
  • trattamento fisico dell’alimento (congelazione, cottura, affumicatura eccetera)

4. Allestimento per la commercializzazione

  • confezionamento in contenitori per uso alimentare
  • etichettatura secondo le normative vigenti
  • imballaggio

5. Distribuzione e vendita del prodotto finito

  • stoccaggio all’ingrosso (stazionamento in magazzini di interporti e mercati)
  • vendita all’ingrosso (acquisto da parte di grossisti che riforniscono i punti vendita)
  • vendita al dettaglio e acquisto da parte dei consumatori presso i punti vendita (GDO, mercati, punti di ristoro a stazione fissa o mobile)

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  Che cos’è la GDO

GDO è la sigla che indica la Grande Distribuzione Organizzata. Con questa espressione si identifica il sistema di vendita al dettaglio basato su reti di centri commerciali che possono avere varia natura. I centri commerciali si distinguono principalmente in base all’estensione della superficie di vendita:

  • ipermercati, iperstore o grandi superfici (superfici oltre i 2500 m2);
  • supermercati o superstore (sopra i 400 m2);
  • cash and carry (letteralmente “paga e prendi”, sono grandi magazzini riservati a dettaglianti muniti di partita IVA);
  • discount (negozi con pochi prodotti di marca che praticano sconti in modo continuativo);
  • liberi servizi o superette (oltre i 100 m2);
  • negozi tradizionali (sotto i 100 m2).

Filiera e prezzo del prodotto

L’estensione della filiera, ossia il numero di tappe che una merce deve percorrere per giungere al consumatore, incide notevolmente sul prezzo finale di un prodotto.

Per pagare meno un prodotto si potrebbe accorciare la filiera acquistandolo direttamente dal produttore. Ciò non sempre è possibile, soprattutto se la produzione avviene lontano dal luogo in cui si vive. Tuttavia negli ultimi anni si sono sviluppati vari strumenti e soluzioni che spesso consentono di accorciare le filiere.

  • Gruppi di acquisto. Si tratta di associazioni di consumatori che si organizzano per rifornirsi direttamente dai produttori. I GAS (acronimo che significa Gruppi di Acquisto Solidale) hanno anche una connotazione etica; per esempio, permettono al consumatore di scegliere i produttori che danno maggiori garanzie in merito al rispetto per l’ambiente. Questi gruppi hanno il merito di sensibilizzare i consumatori, rendendoli più consapevoli e spesso anche più partecipi all’economia e alle tradizioni del loro territorio.
  • Acquisti online. Internet può rappresentare una vetrina sul mondo intero per pubblicizzare qualunque tipo di attività. I commercianti possono ridurre considerevolmente il prezzo di vendita dei loro prodotti, poiché i costi di un sito web sono irrisori se raffrontati al mantenimento di un punto vendita fisico. Da parte loro, i consumatori possono contattare direttamente i produttori e farsi spedire a casa ciò che desiderano.
  • Distributori automatici. Attualmente si stanno diffondendo nuove tipologie di distributori che, a differenza dei classici distributori di snack e bibite a lunga conservazione, puntano su prodotti freschi e di qualità. Alcuni moderni distributori di acqua depurata e latte crudo consentono di rifornirsi utilizzando propri contenitori, riducendo così, oltre ai costi, anche l’impatto ambientale. In molte scuole e ospedali nuovi distributori propongono frutta e verdura fresca per orientare i consumatori verso scelte alimentari più sane.

  La tracciabilità

Secondo un rapporto (2013) della FAO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di alimentazione e agricoltura), il 70% delle nuove malattie umane è ricollegabile all’aumento della produzione e del consumo di alimenti di origine animale.

A rendere il quadro più complesso si aggiungono la grande mobilità umana e l’allungamento delle filiere alimentari, che sempre più spesso si estendono ben oltre i confini di un singolo Stato. La combinazione di tutti questi fattori trasforma talvolta in ▶ pandemie le malattie infettive veicolate dagli alimenti: basti pensare ai casi dell’influenza aviaria e della febbre suina.

Per tutelare la salute dei cittadini da patologie simili, molti Paesi stanno adottando misure di controllo che permettano di ripercorrere a ritroso tutte le tappe della filiera alimentare di ogni singolo prodotto, per trovare l’origine di una possibile contaminazione.

In Europa questo è possibile grazie a una normativa, il Regolamento CE n. 178/2002, che impone alle aziende coinvolte nelle filiere alimentari di documentare sia la provenienza sia la destinazione delle loro merci. Inizialmente l’obbligo riguardava solo le filiere di carne, pesce e uova, ma progressivamente si è esteso a tutti i prodotti alimentari (compresi i mangimi animali, gli additivi, i fitofarmaci eccetera).

Questa normativa garantisce la tracciabilità del percorso di ogni ingrediente, allo scopo di individuare i prodotti non conformi e ritirare dal mercato tutti gli alimenti che potrebbero presentare le stesse criticità. Viceversa, la rintracciabilità consente al consumatore di ricostruire le varie tappe del processo di produzione.

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come si garantisce la tracciabilità

Negli ultimi anni si sta delineando uno standard europeo basato su sistemi di tracciabilità informatizzata, più facili da aggiornare e adeguare alle varie realtà produttive rispetto alla tradizionale documentazione cartacea.

Attualmente le aziende sono tenute a registrare un numero minimo di informazioni ritenute indispensabili, mentre altre sono, per ora, solo consigliate.


Tracciabilità obbligatoria

Tracciabilità volontaria

  • nome, indirizzo del fornitore, natura dei prodotti ricevuti
  • volume o quantità
  • nome, indirizzo del cliente, natura dei prodotti forniti
  • eventuale codice del lotto
  • data dell’operazione/consegna
  • descrizione dettagliata del prodotto (preconfezionato/sfuso, grezzo/trasformato, tipologia eccetera)

Le normative europee relative all’igiene (vedi Unità 3, Sistema HACCP e igiene sul lavoro) e quelle che regolamentano l’etichettatura contengono già molti punti che rispondono alle stesse esigenze. In particolare la carne destinata al consumo umano è da tempo rigorosamente sottoposta a tracciabilità (mediante microchip o analisi genetica), così come lo sono le uova.

Questa normativa consente di limitare i costi derivanti da azioni correttive: in caso di contaminazione infatti, anziché ritirare dal mercato tutta la produzione di un’azienda, è possibile ritirare soltanto i lotti che presentano lo stesso problema.

  Uova: freschezza e tracciabilità

Le uova vengono classificate in base alla freschezza e al peso.

La freschezza dipende direttamente dalle dimensioni della camera d’aria interna all’uovo; viene indicata mediante l’attribuzione di categorie che vanno da A a C:

  • categoria A: camera d’aria inferiore a 6 mm, uova freschissime;
  • categoria B: camera d’aria fra 6 mm e 9 mm, uova di freschezza intermedia;
  • categoria C: camera d’aria superiore a 9 mm, uova destinate a uso industriale.

In base al peso, invece, le uova possono essere classificate in 4 categorie:

  • XL (extra large – grandissime) oltre 73 g
  • L (large – grandi) fra 63 e 73 g
  • M (medium – medie) fra 53 e 63 g
  • S (small – piccole) meno di 53 g

La tracciabilità delle uova di categoria A è garantita dal Regolamento CE n. 1028/2006, che richiede la stampigliatura di un codice sul guscio.

Particolarmente importante è la prima cifra del codice, che documenta la tipologia di allevamento e viene assegnata dalle ASL:

  • 0 = uovo da allevamento biologico;
  • 1 = uovo da allevamento all’aperto;
  • 2 = uovo da allevamento a terra;
  • 3 = uovo da allevamento in gabbia.

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Sapere di alimentazione
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Corso di Scienza degli alimenti per il primo biennio