la poesia in dialetto

In Italia per secoli è mancata una lingua nazionale, cioè una lingua parlata da tutti, in ogni parte di Italia. Le persone di tutti gli strati sociali parlavano il proprio dialetto. Fin dal Medioevo dunque si era avuta una poesia dialettale.


I poeti dialettali di quest’epoca non sono di origine popolare ma sono dei borghesi che però introducono nella loro poesia il punto di vista del popolo.


I poeti che scrivono in dialetto hanno il vantaggio di raggiungere con le loro poesie tutte le classi sociali, comprese le persone meno colte. Ma hanno anche alcuni svantaggi:

  • le loro poesie sono comprensibili solo nell’area geografica ristretta che parla quel dialetto;
  • la cultura ufficiale ha un pregiudizio nei confronti dell’uso del dialetto;
  • l’uso del dialetto è visto con poco favore da parte di chi è impegnato sul fronte dell’Unità d’Italia;
  • infine questo tipo di poesia tende alla  satira, cioè a prendere in giro i ceti dominanti e subisce quindi spesso la  censura.

gli autori

I più importanti poeti dialettali sono Carlo Porta e Giuseppe Gioachino Belli.

Carlo Porta

Carlo Porta è milanese, di famiglia benestante. Per tutta la vita lavora nell’amministrazione pubblica e scrive negli intervalli della professione. 

Questo poeta dà voce a personaggi plebei e nelle sue poesie prende di mira, con un umorismo irresistibile, le ingiustizie sociali. L’uso del dialetto milanese rende più realistica la sua analisi della società.

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Giuseppe Gioachino Belli

Giuseppe Gioachino Belli nasce a Roma, all’epoca capitale dello Stato pontificio. Nelle sue molte poesie (i sonetti in dialetto romanesco sono ben 2300) Belli mette al centro delle sue composizioni personaggi del popolo ma (a differenza di Carlo Porta) non critica la società. I popolani di Belli sono cinici, privi di illusioni; esercitano il loro  sarcasmo nei confronti delle classi sociali più alte, ma vivono una condizione di inferiorità immutabile. Quella di Belli è una visione rassegnata dell’esistenza.

Er caffettiere filosofo


di Giuseppe Gioacchino Belli

L’ommini de sto monno sò ll’istesso

che vvaghi de caffè nner mascinino:

c’uno prima, uno doppo, e un antro appresso,

tutti cuanti però vvanno a un distino.

Spesso muteno sito, e ccaccia spesso

er vago grosso er vago piccinino,

e ss’incarzeno tutti in zu l’ingresso

der ferro che li sfraggne in porverino.

La poesia patriottica

Durante il Risorgimento si afferma anche la poesia patriottica, una poesia ispirata alla liberazione e alla celebrazione della patria. Scrivono poesie patriottiche grandi autori come Foscolo, Manzoni, Leopardi e molti poeti minori.


Quella patriottica è una poesia che vuole incitare alla battaglia per l’Unità d’Italia e spesso lo fa celebrando episodi del passato soprattutto del Medioevo. Proporre episodi del passato, tra le altre cose, consente a questi poeti di mascherare l’intento patriottico e di sfuggire alla censura e alla repressione dei governi, ostili ovviamente all’Unità d’Italia.

I saperi fondamentali di letteratura - volume 2
I saperi fondamentali di letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento