Al tempo di Beccaria il codice penale permetteva una serie di abusi sui cittadini, e gli uomini venivano giudicati anche in base alla loro classe sociale e alla religione.
Dei delitti e delle pene è un’opera rivoluzionaria perché separa per la prima volta il concetto di “reato” da quello di “peccato”. Beccaria sostiene infatti che il diritto penale deve essere laico (cioè separato dalla religione) e che tutti i cittadini devono essere uguali di fronte alla legge, quindi sottoposti alle stesse pene, qualunque sia la loro classe sociale.
Per questo la legge deve essere chiara, così che tutti possano capirla, perché più persone conoscono le leggi e meno saranno i delitti.
Inoltre nessuno deve essere trattato come colpevole finché la sua colpevolezza non è stata provata. E quando la colpevolezza è provata, la pena non deve essere crudele né arbitraria; ma deve essere giusta, ragionevole e proporzionata al delitto.
La ferocia delle pene, dice infatti Beccaria, abitua la società alla violenza, facendo aumentare i delitti. E le pene non devono essere una vendetta che lo Stato si prende su chi ha commesso un reato, ma devono servire a impedire che il condannato faccia altri danni e a ▶ dissuadere gli altri cittadini dal commettere reati. Le pene quindi devono servire soprattutto a prevenire i delitti. E per ottenere questo scopo le pene non devono essere crudeli, ma certe.
Il pensiero di Cesare Beccaria contiene dei principi di civiltà che ancora oggi non sono scontati, ma che sono riconosciuti universalmente come diritti dell’uomo. Dei delitti e delle pene è ancora oggi un testo di grande modernità.