Giovanni Verga

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La vita

Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840 da famiglia di antica nobiltà. Non completa gli studi universitari e dal 1869 si trasferisce a Firenze, dove si inserisce nella vita culturale della città. Dopo aver pubblicato il primo romanzo di successo (Storia di una capinera, 1871) si sposta a Milano, dove entra in contatto con gli ambienti della Scapigliatura e dove scrive romanzi sentimentali che gli danno notorietà.


Negli anni successivi, sotto la spinta della lettura delle opere di Zola e delle riflessioni sulla situazione socio-economica del Sud, Verga aderisce al Verismo.


Al decennio 1878-1889 risalgono i suoi capolavori, tutti ambientati in Sicilia: i romanzi I Malavoglia e Mastro-don Gesualdo e le novelle.


La nuova produzione verista non è apprezzata dal pubblico, e nel 1893 Verga torna in Sicilia, dove conduce vita ritirata. Le sue posizioni politiche si fanno sempre più conservatrici. Nel periodo seguente la Prima guerra mondiale l’opera di Verga inizia a ricevere riconoscimenti. Due anni prima della morte, avvenuta nel 1922, viene nominato senatore.

i temi

Il Verismo e le sue tecniche 

Per narrare i fatti in modo obiettivo, Verga recupera dal Naturalismo francese tecniche compositive e stilistiche:

  • rinuncia a esprimere giudizi sui fatti raccontati;
  • adotta “l’artificio della regressione”, cioè sostituisce il proprio punto di vista di scrittore (che conosce tutta la storia) con quello dei personaggi, facendo emergere a poco a poco la storia e l’ambiente;
  • adotta il “meccanismo dello straniamento”, cioè la voce narrante presenta come normali comportamenti e modi di pensare che non lo sono affatto, o viceversa. In questo modo l’autore spinge il lettore a mettere in discussione e a prendere le distanze da quanto viene raccontato;
  • dal punto di vista linguistico interviene sulla struttura sintattica riproducendo il parlato antiletterario siciliano (con le sue sgrammaticature) senza usare il dialetto.

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La rappresentazione degli umili 

Molte opere di Verga sono ambientate in un contesto popolare siciliano. La Sicilia è per Verga l’unico mondo che gli appare vero, dove gli umili sono a loro modo eroi che combattono coraggiosamente una vita di stenti. Il destino dei personaggi verghiani non può essere mutato, il povero non ha scampo. Ma non per questo la loro descrizione è sentimentale o compassionevole.

La concezione della vita 

Nella visione di Verga, non c’è possibilità di riscatto o di  emancipazione, perché il dolore non deriva dalle ingiustizie o dal corso della Storia ma è legato al fatto stesso di esistere e riguarda quindi tutti gli uomini di tutte le classi sociali. Anzi Verga condanna chi cerca di mutare la propria condizione sociale. è il cosiddetto “ideale dell’ostrica”: per cui chi abbandona o tenta di emanciparsi dalla propria condizione sociale è condannato a soccombere, così come l’ostrica è destinata a morire se staccata dal proprio scoglio. Inoltre Verga denuncia l’avida logica economica, per cui nessuno può sottrarsi al culto della «roba», così che la proprietà dei beni materiali diventa l’unico fine dell’esistenza umana.

Le opere

I romanzi pre-veristi (Eva, Eros, Tigre reale, 1873-1875) si inseriscono nel filone tardoromantico.
La svolta verista si concretizza nella raccolta Vita dei campi (1880), nei Malavoglia (1881), nelle Novelle rusticane (1883) e in Mastro-don Gesualdo (1889).

Nella produzione teatrale spiccano Cavalleria rusticana (1884) e Dal tuo al mio (1903).

I saperi fondamentali di letteratura - volume 3
I saperi fondamentali di letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento ad oggi