A Silvia (G. Leopardi)

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Giacomo Leopardi

(Recanati 1798-Napoli 1837)

A Silvia

  • Tratto da Canti, 1831
  • Metro canzone libera di endecasillabi e settenari liberamente rimati

Giacomo Leopardi dedica questa canzone a una fanciulla timida e sognante, stroncata da una malattia poco prima di vivere il fiore dei suoi anni. Il sogno di un dolce avvenire, auspicato durante la prima giovinezza sia dalla ragazza sia da Giacomo, viene dissolto dal cadere delle illusioni e dall’arida realtà della vita, che impone agli esseri umani un destino di privazione e sofferenza. Insieme a quelle di Silvia, vanificate da una morte prematura, svaniscono così anche le ingenue speranze vissute dal poeta, a cui non resta che rassegnarsi a un misero, amaro sgomento.

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Audiolettura

Silvia, rimembri ancora

quel tempo della tua vita mortale,

quando beltà splendea

negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,

5      e tu, lieta e pensosa, il limitare

di gioventù salivi?

Sonavan le quiete

stanze, e le vie dintorno,

al tuo perpetuo canto,

10    allor che all’opre femminili intenta

sedevi, assai contenta

di quel vago avvenir che in mente avevi.

Era il maggio odoroso: e tu solevi

così menare il giorno.

15    Io gli studi leggiadri

talor lasciando e le sudate carte,

ove il tempo mio primo

e di me si spendea la miglior parte,

d’in su i veroni del paterno ostello

20    porgea gli orecchi al suon della tua voce,

ed alla man veloce

che percorrea la faticosa tela.

Mirava il ciel sereno,

le vie dorate e gli orti,

25    e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.

Lingua mortal non dice

quel ch’io sentiva in seno.

Che pensieri soavi,

che speranze, che cori, o Silvia mia!

30    Quale allor ci apparia

la vita umana e il fato!

Quando sovviemmi di cotanta speme,

un affetto mi preme

acerbo e sconsolato,

35    e tornami a doler di mia sventura.

O natura, o natura,

perché non rendi poi

quel che prometti allor? perché di tanto

inganni i figli tuoi?

40    Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,

da chiuso morbo combattuta e vinta,

perivi, o tenerella. E non vedevi

il fior degli anni tuoi;

non ti molceva il core

45    la dolce lode or delle negre chiome,

or degli sguardi innamorati e schivi;

né teco le compagne ai dì festivi

ragionavan d’amore.

Anche peria fra poco

50    la speranza mia dolce: agli anni miei

anche negaro i fati

la giovanezza. Ahi come,

come passata sei,

cara compagna dell’età mia nova,

55    mia lacrimata speme!

Questo è quel mondo? Questi

i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi

onde cotanto ragionammo insieme?

Questa la sorte dell’umane genti?

60    All’apparir del vero

tu, misera, cadesti: e con la mano

la fredda morte ed una tomba ignuda

mostravi di lontano.


Giacomo Leopardi, Canti, in Poesie e prose, vol. I, a cura di M.A. Rigoni, Mondadori, Milano 1987

L’emozione della lettura - edizione gialla - volume B
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Poesia e teatro