1. Arricchire i concetti

1. Arricchire i concetti

I poeti ricorrono da sempre a particolari forme espressive, le figure retoriche. Queste, che interessano il significante e il significato della lingua, hanno la funzione di aumentare l’efficacia e l’incisività del testo, rendendolo più ricco nel contenuto e più attraente nella forma.

Per ben comprendere la finalità di questi artifici linguistici è interessante concentrarsi sull’etimologia dell’espressione “figure retoriche”. “Figura” deriva dal verbo latino fingĕre, che significa “plasmare”; “retorica”, invece, deriva da un termine greco, rhetoriké, che indica la tecnica della comunicazione e dell’argomentazione, l’arte di esprimersi in modo idoneo ed eloquente. Le figure retoriche, dunque, riguardano a pieno titolo sia l’aspetto creativo e ornamentale sia quello argomentativo del testo, che grazie al loro impiego diventerà più accattivante e coinvolgente dal punto di vista espressivo.

Anche se non sempre ce ne rendiamo conto, tutti noi aggiungiamo altri significati a parole ed espressioni nella lingua quotidiana e in ogni ambito della comunicazione: per esempio, quando parliamo di “gambe del tavolo” o di “collo di bottiglia” stiamo usando figure retoriche, seppur cristallizzate in modi di dire. Allo stesso modo, quando riconosciamo di “ardere d’amore” per un ragazzo o una ragazza, ci lamentiamo di non vedere “da secoli” una persona cara, accusiamo qualcuno di “essere un mulo” o rassicuriamo i genitori che “tutto va a gonfie vele”, stiamo sfruttando le risorse della lingua, capace di deviare dalle espressioni più comuni e ordinarie offrendo al pensiero una più ricca e variegata possibilità di manifestarsi. In poesia, però, le figure retoriche acquistano una rilevanza particolare: da un lato, chi scrive versi cerca spesso di inventare immagini evocative e dotate di molteplici significati; dall’altro, il lettore deve conoscere le tecniche della retorica, senza le quali non può comprendere appieno le suggestioni trasmesse dal testo.

Esistono molti criteri per classificare le figure retoriche. Il più comune è quello che le raggruppa in quattro categorie fondamentali: figure di suono, di posizione, di pensiero e tropi.

2. Le figure di suono

Le figure di suono riguardano i significanti delle parole che compongono il testo; in particolare, hanno la funzione di produrre speciali sensazioni acustiche, attraverso la combinazione dei suoni all’interno di una parola o, più frequentemente, di parole diverse. Quando leggiamo un componimento – mentalmente o ad alta voce – gli effetti fonici che è possibile cogliere evocano particolari sensazioni e atmosfere, oltre a quelle espresse dal contenuto letterale. Durante l’analisi, dunque, è bene prestare attenzione all’insistenza su certi suoni e alla loro eventuale organizzazione in schemi ricorrenti. Riportiamo le principali figure di suono.


Nome Descrizione Esempi
Allitterazione Ripetizione di uno o più suoni in una serie di parole diverse. I suoni interessati dal fenomeno sono in genere collocati al­l’inizio delle parole, ma pos­sono coinvolgere anche lettere e sillabe in posizione interna o finale. E nella notte nera come il nulla
(Giovanni Pascoli)

Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto
(Dante Alighieri)
Paronomasia Accostamento di parole simili dal punto di vista fonico, ma differenti nel significato. La folata che alzò l’amaro aroma
(Eugenio Montale)
Quando le parole hanno una qualche parentela etimologica si parla di figura etimologica. esta selva selvaggia e aspra e forte
(Dante Alighieri)
Onomatopea Imitazione linguistica di un suono o di un rumore naturale, provocato da oggetti o animali di qualunque genere. In senso stretto, l’onomatopea implica la creazione di una parola che riproduce un suono. Dall’orlo il ghiaccio fece cricch, più tetro…
(Guido Gozzano)

Nei campi
c’è un breve gre gre di ranelle.
(Giovanni Pascoli)

Cricch imita il suono di una crepa aperta su una lastra di ghiaccio; gre gre riproduce il gracidio delle rane.
I vocaboli onomatopeici sono quelle parole che – sebbene non imitino direttamente un suono – lo richiamano at­traverso la loro struttura fonica; il loro suono, inoltre, è strettamente collegato al loro significato. Il bimbo dorme sopra lo sgabello, tra le ginocchia, al ticchettio dell’ago.
(Giovanni Pascoli)

Ticchettio restituisce il rumore di una macchina da cucire.

Alcuni poeti, facendo largo uso di onomatopee e vocaboli onomatopeici, si servono del cosiddetto fonosimbolismo, cioè dell’evocazione di significati e atmosfere attraverso le sonorità dei versi. In altri termini, le qualità acustiche delle parole (soprattutto mediante la successione di determinate vocali e di certi nessi consonantici) non si limitano a rappresentare eventi sonori ma sono associati a particolari impressioni emotive: il ricorrere di vocali “a” ed “e”, per esempio, crea un effetto di calma, mentre la presenza insistita di “o” e “u” suggerisce stati d’animo cupi e inquieti, come accade in questi versi di Giovanni Pascoli (1855-1912), tratti dalla poesia Il nunzio, che trasmettono un senso di angoscia e paura:

Ma insiste profondo,

solingo smarrito,

quel lugubre rombo.

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3. Le figure di posizione

Le figure di posizione riguardano la dislocazione, l’ordinamento e la ripetizione delle parole all’interno del testo. Il loro scopo è accrescere l’enfasi del discorso, variare il registro espressivo oppure mettere in rilievo alcune parole chiave. Infatti, l’ordine in cui immagini e concetti vengono presentati produce effetti sul senso del testo poetico. Ecco le principali figure di posizione.


Nome Descrizione Esempi
Ripetizione [#1] Raddoppiamento ravvicinato di una o più parole. Può svolgere molteplici funzioni, ma in generale aumenta l’enfasi e rafforza il concetto espresso dal sintagma ripetuto. e ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.
(Dino Campana)
Anadiplosi Ripetizione dell’ultima parola di una frase o di un verso all’inizio della frase o del verso successivo. eppure eravamo turbe,
turbe golose
assetate
di bianchi pensieri
(Alda Merini)
Poliptoto Ripetizione di una parola, all’interno di una frase, con diversa funzione grammaticale e sintattica. Cred’io ch’ei credette ch’io credesse
(Dante Alighieri)

Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo
di gente in gente
(Ugo Foscolo)
Anafora Ripetizione di una o più parole all’inizio di versi contigui o a distanza. Oltre a conferire enfasi alla parola ripetuta, possiede un’im­portante funzione ritmica e permette di costruire il testo come una serie di elementi fissi e variabili. infanzia raccolta acino ad acino,
infanzia sapido racimolo
(Andrea Zanzotto)

Ricordi le luci, le gemme,
le vesti smaglianti?
Ricordi il tuo sozzo peccato?
(Aldo Palazzeschi)
Può cadere anche all’interno del verso: in questo caso, è comunque collocata all’inizio di un gruppo sintattico (sintagma, frase o periodo). dolcezza di figlio, la pieta
del vecchio padre, ’l debito amore
lo qual dovea Penelopè far lieta
(Dante Alighieri)
Epifora L’anafora prende questa denominazione quando l’elemento ripetuto si trova alla fine di un verso o di un gruppo sintattico. Il bimbo dorme, e sogna i rami d’oro,
gli alberi d’oro, e le foreste d’oro.
(Giovanni Pascoli)
Chiasmo Disposizione secondo un ordine incrociato (xy/yx) degli elementi che costituiscono due sintagmi o frasi. La parola deriva dal greco khiasmós che significa “disposto a croce”, co­me la lettera greca χ (chi). In alcuni casi il chiasmo è relativo alle funzioni sintattiche dei membri coinvolti, in altri al significato delle parole. • relativo alle funzioni sintattiche

e ’l ventre largo, e unghiate le mani
(Dante Alighieri)

Alla coppia nome + aggettivo ne segue un’altra con ordine invertito, aggettivo + nome.

Sento
l’aura mia antica, e i dolci colli
veggo apparire
(Francesco Petrarca)

Le proposizioni presentano un ordine invertito: verbo + complemento oggetto / complemento oggetto + verbo.
• relativo al significato

Le donne
, i cavallier, l’arme, gli amori
(Ludovico Ariosto)

I due termini estremi si riferiscono al campo semantico dell’amore, mentre i due centrali a quello della guerra.
Climax Successione di parole o espressioni che amplificano progressivamente l’intensità dei concetti comunicati. Ecco sono agli oltraggi, al grido, all’ire,
al trar de’ brandi, al crudel suon de’ ferri
(Ludovico Ariosto)

Dalle offese (oltraggi) alle urla (grido), alla furia (ire), allo sguainare di spade (trar de’ brandi), allo scontro vero e proprio.
La versione opposta, in cui l’intensità diminuisce, è detta anticlimax. In terra, fumo, polvere, ombra, niente.
(Luis de Góngora)
Enumerazione [#2] Accostamento di parole o gruppi di parole in un elenco, spesso usato per descrivere spazi, persone o concetti; in base ai rapporti logici dei membri, può essere ordinato o caotico. • ordinata

e fe’ il simil di querce e d’olmi vecchi
di faggi e d’orni e d’illici e d’abeti
(Ludovico Ariosto)
• caotica

pure il fastidio ha fame, pure la calunnia,
e le ali hanno fame, e gli zoccoli degli angeli,
e i germogli, e la fragilezza, e l’opale,
e la zavorra, il macigno, i tamburi del jazz,
le cicalate, i cavilli, le inutili carte
(Angelo Maria Ripellino)
Parallelismo Disposizione di due o più elementi di una frase (sintagmi, preposizioni, predicati…) secondo una certa simmetria. È spesso combinato all’anafora o ad altre figure di ripetizione. Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
(Dante Alighieri)
Anastrofe Inversione dell’ordine abituale di una o più parole all’interno di una frase. e pianto, ed inni, delle Parche il canto.
(Ugo Foscolo)

Il complemento di specificazione (delle Parche) è anteposto al nome a cui si riferisce (il canto).
Iperbato Separazione di due parole stret­tamente connesse dal punto di vista sintattico (nome e aggettivo, soggetto e verbo…) attraverso l’inserzione di una o più parole: ciò determina una modifica nell’ordine abituale della frase e crea effetti di suggestione. O belle agli occhi miei tende latine.
(Torquato Tasso)

Il complemento di termine (agli occhi miei) è inserito a spezzare il sintagma aggettivo + nome (O belle tende […] latine), di solito unito.

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4. Le figure di pensiero

Attraverso sostituzioni, accostamenti e altri artifici, le figure di pensiero agiscono sul significato del testo, cioè sul rapporto che parole e frasi intrattengono con la realtà. Tali figure contribuiscono in modo significativo all’efficacia argomentativa delle poesie, arricchendone la struttura logica e aumentando l’effetto persuasivo sul lettore. Ecco le principali.


Nome Descrizione Esempi
Antitesi Accostamento di espressioni che comunicano concetti opposti. […] ché diletto
e non martir, vita e non morte aspetto
(Ludovico Ariosto)
Ossimoro Accostamento paradossale di due termini dal significato opposto. È una forma di antitesi. Dolci durezze, et placide repulse
(Francesco Petrarca)

Il verso è costruito su due ossimori contigui.
Apostrofe Si ha quando l’io lirico, o un altro personaggio, si rivolge direttamente a un interlocutore, che può coincidere con un individuo reale o immaginario, animato o inanimato, presente o assente. O Nerina! e di te forse non odo
questi luoghi parlar? caduta forse
dal mio pensier sei tu?
(Giacomo Leopardi)

Ahi serva Italia
, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!
(Dante Alighieri)
Similitudine Paragone tra due esseri (animati o inanimati), oggetti, situazioni, concetti o avvenimenti. È solitamente introdotta dalla congiunzione “come” o da altri nessi dotati di analoga funzione (per esempio, “così… come”). E caddi come corpo morto cade.
(Dante Alighieri)

Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fior;
(Umberto Saba)
Reticenza Interruzione improvvisa di un discorso, che spezza un tema annunciato o in corso di svolgimento e che stimola il lettore a completare con l’immaginazione la parte mancante. È spesso marcata dall’uso dei tre puntini di sospensione. Sarà la noia
dei giorni lunghi e torridi
ma oggi la piccola
Laura è fastidiosa proprio
Smettila – dico – se no…
(Vittorio Sereni)
Personificazione [#3] Assegnazione di caratteristiche umane a entità naturali o astratte. Le entità personificate possono compiere azioni tipiche degli esseri umani, provare sentimenti e persino prendere la parola (in quest’ultimo caso si parla di prosopopea). Ma pur sì aspre vie né sì selvagge
cercar non so ch’Amor non venga sempre
ragionando con meco, et io co’llui
(Francesco Petrarca)

Amore è rappresentato come un individuo che segue il poeta e parla con lui.

Intesi allora che i cipressi e il sole / una gentil pietade avean di me, / e presto il mormorio si fe’ parole: / – Ben lo sappiamo: un pover uom tu se’.
(Giosue Carducci)

Il poeta immagina che i cipressi si rivolgano a lui.

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5. I tropi

Quando facciamo slittare il significato proprio di una parola o di un’espressione in un altro campo semantico ricorriamo ai tropi (dal greco trópos, “volgere”, “trasferire”). Questi comprendono tutte quelle figure retoriche che modificano in profondità i contenuti di un testo, producendo significati nuovi, anche molto lontani da quelli letterali. Forniamo di seguito un elenco dei tropi principali.


Nome Descrizione Esempi
Metonimia Sostituzione di un termine con un altro che ha con il primo un rapporto di vicinanza logica. Questa si può realizzare secondo varie modalità: la causa per l’effetto, il contenente per il contenuto, l’astratto per il concreto e viceversa, la materia per l’oggetto. • la causa per l’effetto

Nudo tornava chi rigò di pianto
le vesti eterne che la dea gli dava
(Giovanni Pascoli)

Invece di “rigò di lacrime”, l’autore scrive rigò di pianto: il pianto, infatti, è la causa delle lacrime.
• il contenente per il contenuto

a ’l cuor sentìa l’ebrïetà salire
quasi io bevessi un calice di vino.
(Gabriele d’Annunzio)

A essere bevuto è il vino all’interno del calice, non il calice stesso.
• l’astratto per il concreto

quando de l’Alpi schermo
pose tra noi et la tedesca rabbia
(Francesco Petrarca)

Il sentimento astratto della tedesca rabbia sostituisce i tedeschi rabbiosi.
• la materia per l’oggetto

Mentre Rinaldo così parla, fende
con tanta fretta il suttil legno l’onde
(Ludovico Ariosto)

Suttil legno indica la nave snella e veloce fatta di legno.
Sineddoche Espressione di un concetto me­diante un altro, che intrattiene con il primo una relazione di quantità (per esempio, la parte per il tutto o il singolare per il plurale). • la parte per il tutto

E sol da lunge i miei tetti saluto
(Ugo Foscolo)

I tetti che il poeta saluta da lontano (da lunge) stanno per le “case”, e, più in generale, per la patria.
• il singolare per il plurale

Fattezze mai sì signorili e belle
non vide l’occhio mio lucido e chiaro.
(Giovan Battista Marino)

Occhio sta per “occhi”.
Metafora Sostituzione di un’espressione di senso proprio con un’altra di senso figurato, associata alla prima da un rapporto (più o meno evidente) di somiglianza. Al contrario di quanto avviene nella similitudine, non sono espressi nessi comparativi (“come”, “simile a”…). Non so come stremata tu resisti
in questo lago
di indifferenza ch’è il tuo cuore.
(Eugenio Montale)
Analogia Accostamento di due o più immagini compiuto su base intuitiva o non immediatamente logica o razionale, crean­do un effetto di sorpresa e straniamento nel lettore, che spesso si trova davanti un testo a prima vista oscuro e di difficile comprensione. Tornano in alto ad ardere le favole
(Giuseppe Ungaretti)

Le stelle splendono nel cielo, luminose come le illusioni e i sogni (le favole) che allietano l’esistenza umana.
Sinestesia Accostamento di espressioni o concetti facenti capo a domini sensoriali diversi. le trombe d’oro della solarità
(Eugenio Montale)

La luce del sole (vista) è paragonata al suono squillante delle trombe (udito).
Perifrasi Giro di parole usato per indicare qualcosa a cui ci si potrebbe riferire con un unico termine. ché l’alma ignuda et sola
conven ch’arrive a quel dubbioso calle.
(Francesco Petrarca)

Con dubbioso calle il poeta intende la morte: la perifrasi sottolinea il fatto che essa, per gli esseri umani, è un’esperienza misteriosa e imprevedibile.
Iperbole Esagerazione di concetti e descrizioni, per eccesso ma anche per difetto: sottolinea con maggior intensità la portata di un fenomeno. • per eccesso

“O frati”, dissi, “che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente”
(Dante Alighieri)

Centomila è un numero esagerato, ma serve per rendere l’elevato numero di pericoli (perigli) che Ulisse (che parla) e i suoi compagni (frati) hanno affrontato.
• per difetto

Eh sì, il Naviglio
è a due passi
(Giovanni Raboni)

Benché molto vicino, il Naviglio disterà qualche minuto, ma non proprio due passi.
Litote Forma di attenuazione basata sulla negazione del contrario di ciò che si vuol affermare. Il risultato è, spesso, un aumento dell’enfasi del concetto espresso. I cavallier […]
si dieron colpi non troppo soavi.
(Ludovico Ariosto)

Con non troppo soavi si intende che i cavalieri si colpirono con grande forza.
EmozionArti
Metafore quotidiane

Il nostro linguaggio è pieno di metafore, che usiamo quotidianamente senza pensarci. Hai mai sentito l’espressione “una tempesta in un bicchier d’acqua” (in inglese “tempesta in una tazza di tè”)? Visualizzarla, come avviene in questa elaborazione fotografica, fa un effetto davvero surreale.

E se la tua amica ha “un diavolo per capello”, e i tuoi genitori ti dicono che hai “troppi grilli per la testa”?

L’emozione della lettura - edizione gialla - volume B
L’emozione della lettura - edizione gialla - volume B
Poesia e teatro