Alla scoperta dei testi

T1

Saffo

A me pare uguale agli dèi

  • frammento 31 Voigt
  • Metro due terzine e due quartine di versi liberi
L’autrice

Saffo nasce a Ereso, sull’isola di Lesbo, verso la fine del VII secolo a.C. Tornata in patria dopo alcuni anni trascorsi in Sicilia, diventa capo di un tiaso, una specie di scuola femminile in cui le giovani si preparavano al matrimonio, ricevendo un’iniziazione religiosa e culturale. All’attività pedagogica Saffo accompagna quella poetica, tanto da essere ricordata dagli autori classici come “la decima Musa”. Il tema dominante dei suoi versi è l’amore, declinato in diverse forme, dalla contemplazione della bellezza alla passione travolgente fino alla morsa della gelosia. Gli amori omosessuali cantati nelle sue poesie derivano probabilmente dalla sua attività di sacerdotessa di Afrodite (la dea greca dell’amore) all’interno del tiaso. Le fanciulle che lo frequentavano, infatti, dovevano essere istruite degnamente nell’arte dell’eros, per arrivare preparate alla vita matrimoniale: questa “educazione” avveniva abitualmente anche attraverso esperienze con persone dello stesso sesso. Delle svariate migliaia di versi composti da Saffo pochissimi sono giunti fino a noi, per lo più in forma frammentaria o attraverso citazioni contenute in altre opere letterarie. Secondo la leggenda, la poetessa sarebbe morta suicida a causa di una passione, non ricambiata, per un giovane di nome Faone.

La poetessa vede la donna amata ridere e scherzare con un uomo, forse il suo fidanzato e futuro marito. La passione che si scatena nel suo cuore – ardente di desiderio e probabilmente anche di invidia – è simile a una violenta malattia che colpisce l’intero organismo, sconvolgendo i sensi e fiaccando lo spirito.

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Audiolettura

A me pare uguale agli dèi

chi a te vicino così dolce

suono ascolta mentre tu parli


e ridi amorosamente. Subito a me

5      il cuore si agita nel petto

solo che appena ti veda, e la voce


si perde nella lingua inerte.

Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,

e ho buio negli occhi e il rombo

10    del sangue alle orecchie.


E tutta in sudore e tremante

come erba patita scoloro:

e morte non pare lontana

a me rapita di mente.


Saffo, A me pare uguale agli dèi, trad. di S. Quasimodo, in S. Quasimodo, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1995

 >> pagina 155 

a TU per TU con il testo

Nonostante siano trascorsi molti secoli, la lirica di Saffo è ancora decisamente attuale. Prima di essere un topos letterario, la “malattia d’amore”, infatti, è un’esperienza molto comune, almeno quanto l’influenza. Rossore, cuore in gola, attacco di risa, depressione cronica, fame compulsiva o inappetenza… I sintomi sono svariati e dipendono dal soggetto, ma l’agente patogeno è sempre lo stesso: il desiderio di una persona. Oppure: il desiderio che un’altra persona ci desideri come noi desideriamo lei; o, peggio, come lei ci sembra desiderare gli altri. La poesia, appunto, parte da una scena in cui la donna amata da Saffo si intrattiene serenamente con un uomo. La poetessa vede, e non è affatto contenta… La passione, in effetti, è a volte legata a doppio filo all’invidia e alla gelosia: guardare l’oggetto dei nostri desideri divertirsi con un altro o un’altra pretendente può essere molto doloroso. Addirittura disperante: la coppia ci sembrerà sempre al culmine di una felicità assoluta, che invece a noi è del tutto preclusa. La potenza della passione – che spesso ci stringe come una fortissima tenaglia – deriva anche da sentimenti meno “nobili” come questi. Riconoscerlo non fa diventare l’amore meno degno di essere vissuto: soltanto, ci aiuta a non idealizzarlo troppo, rendendoci più pronti ad affrontare le sue avventure.

Analisi

La poesia si apre con la descrizione di una scena popolata da tre protagonisti: una donna sta conversando amabilmente insieme a un uomo, mentre un altro personaggio, coincidente con l’io lirico e con la stessa Saffo, osserva la coppia. Ai suoi occhi, l’uomo sembra addirittura assurgere a una condizione divina: un’iperbole che esprime chiaramente l’amore provato per la donna e, al tempo stesso, l’ammirazione e l’invidia per chi può godere della sua vicinanza e della sua voce melodiosa (dolce / suono, vv. 2-3).

La seconda parte del componimento, che occupa i rimanenti dieci versi (4-14), è dedicata alla tempesta interiore che sconvolge la poetessa, la quale in antitesi sottolinea la condizione di serenità della coppia e il forte disagio provocato in lei dalla passione. Il movente dello sgomento amoroso, infatti, può derivare tanto dalla bellezza della donna – che però non è descritta direttamente, ma affidata all’immaginazione del lettore – quanto dal senso di esclusione e di invidia generato dalla visione degli amanti. La gelosia e la passione si mescolano, scatenando un vero e proprio terremoto psicofisico.

Tali sintomi, lungi dall’essere esagerazioni romantiche, ricalcano con precisione quanto gli antichi trattati di medicina riportano a proposito di varie patologie: sono, cioè, tecnicismi del linguaggio medico di allora. Saffo, dunque, descrive l’eros in un climax ascendente come una malattia dell’anima, che si esprime con violenza attraverso manifestazioni somatiche: tachicardia (il cuore si agita nel petto, v. 5), mutismo, arrossimento (Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle, v. 8), annebbiamento della vista, ronzio (il rombo / del sangue alle orecchie, vv. 9-10), sudorazione, brividi, pallore (grazie alla similitudine con l’erba inaridita, v. 12) e stordimento (a me rapita di mente, v. 14).

Il tema della lirica è dunque l’amore come malattia: l’impossibilità di dare appagamento alla pulsione erotica comporta uno stato di sofferenza tale da far credere alla vittima di trovarsi vicina alla morte (secondo il classico connubio di eros e thanatos, di amore e morte, appunto). Non a caso, questo componimento di Saffo ha avuto molti imitatori: lo sconvolgimento provocato dalla passione, infatti, è un vero e proprio topos della lirica amorosa. Pensiamo, per esempio, al sonetto di Dante Tanto gentile e tanto onesta pare, in cui chi è salutato dalla donna viene colpito da mutismo («ch’ogne lingua deven tremando muta», v. 3) e non riesce nemmeno a guardarla («e li occhi no l’ardiscon di guardare», v. 4). Tuttavia la poesia di Saffo non contiene nessuna idealizzazione della persona amata o dell’amore: l’unica realtà documentata dai versi è il sentimento travolgente e il tumulto dei sensi, il desiderio frustrato che piega l’animo e il corpo di chi ama.

 >> pagina 156 

Laboratorio sul testo

Comprendere

1. Chi viene paragonato agli dèi nei versi iniziali della poesia, e perché?


2. L’espressione la voce si perde nella lingua inerte (vv. 6-7) significa che l’io lirico

  • A non trova le parole per esprimere i suoi sentimenti. 
    B ha la voce bassa e roca. 
  • C per l’emozione non ricorda il nome dell’amata. 
  • D non riesce neppure a parlare per la grande emozione. 


3. Trascrivi accanto a ognuno dei sintomi psicofisici della gelosia e della passione d’amore (qui riportati in ordine sparso) le parole o i versi che nel testo gli corrispondono.


a) annebbiamento della vista

 


b) stordimento

 


c) ronzìo

 


d) battito del cuore accelerato

 


e) sudorazione

 


f) pallore

 


g) incapacità di parlare

 


h) brividi

 


i) rossore e vampate di calore

 


4. L’espressione come erba patita scoloro (v. 12) significa

  • A impallidisco come l’erba secca e ingiallita. 
    B perdo il mio cuore come l’erba secca perde la vita. 
  • C mi piego, affranta, come l’erba secca. 
  • D muoio come l’erba secca.

Analizzare e interpretare

5. Dolce suono è

  • A un ossimoro. 
    B un’antitesi. 
  • C una metafora. 
  • D una sinestesia. 


Che cosa vuole sottolineare questa figura retorica?


6. Tra le manifestazioni fisiche associate allo sconvolgimento emotivo, ve ne sono due che sembrano in contrasto: il rossore e il pallore. Rifletti su questa apparente contraddizione.


7. Le due sensazioni conclusive (lo stordimento e l’avvicinamento della morte) possono essere, secondo te, assimilate fra loro? Perché?

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Competenze linguistiche

8. Coordinazione e subordinazione. Fai la parafrasi dei primi sette versi, facendo attenzione a ricostruire correttamente l’ordine dei costituenti nella frase. L’esercizio può essere svolto in due modalità differenti.


a) Comincia la parafrasi con “Mi pare”.

b) Comincia la parafrasi con “Colui che”.


9. Lessico. La polisemia. Il termine sottile, qui riferito al fuoco, può avere molteplici significati a seconda del nome a cui si riferisce. Ti proponiamo una serie di nomi: trova un sinonimo dell’aggettivo “sottile” che sia adatto e scrivi una frase per ciascuna espressione.


  Sinonimo Frase
a) Un tessuto sottile    
b) Un arbusto sottile    
c) Una battuta sottile    
d) Una corporatura sottile    
e) Un’argomentazione sottile    

Produrre

10. Scrivere per raccontare. Che cosa si staranno dicendo la ragazza amata da Saffo e l’uomo uguale agli dèi? Inventa un dialogo fra i due (massimo 25 righe) immaginando che:


a) l’uomo stia corteggiando la ragazza e lei sia sensibile al corteggiamento;

b) l’uomo stia corteggiando la ragazza e lei sia ritrosa.

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

STORIA

Il tiaso era una sorta di scuola per le giovani delle classi sociali più elevate, in cui si imparava anche a leggere e scrivere, a danzare e a suonare. Eppure, la condizione della donna nell’antica Grecia non era tutta rose e fiori: fai una ricerca su questo tema, cercando in particolare di tratteggiare le differenze di trattamento e di considerazione tra le donne ateniesi e quelle spartane. Esponi oralmente in circa cinque minuti.

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

La descrizione che Saffo fa degli effetti psicofisici della passione amorosa e della gelosia ti sembra veritiera e ancora attuale oppure no?

L’emozione della lettura - edizione gialla - volume B
L’emozione della lettura - edizione gialla - volume B
Poesia e teatro