T5 - Le cose che fanno la domenica (C. Govoni)

T5

Corrado Govoni

Le cose che fanno la domenica

  • Tratto da Gli aborti, 1907
  • Metro versi liberi, di varia misura. A ogni verso corrisponde una frase
L’autore

Corrado Govoni nasce nei pressi di Ferrara nel 1884, da un’agiata famiglia di proprietari terrieri. Abbandona presto gli studi per consacrare la sua esistenza alla poesia, ed esordisce neppure ventenne nel 1903 con due raccolte, Le fiale e Armonia in grigio et in silenzio. Più tardi, nel 1909, si trasferisce a Milano, dove entra a far parte del movimento futurista, componendo le Poesie elettriche (1911) e Rarefazioni e parole in libertà (1915). Sperperata l’eredità familiare, dopo la Grande guerra si trasferisce a Roma: qui scrive altre raccolte poetiche e alcuni romanzi, mentre lavora come segretario del Sindacato Nazionale Autori e Scrittori. Nel 1944 uno dei tre figli, Aladino, viene ucciso dai nazisti alle Fosse Ardeatine: è un dolore dal quale Govoni non si riprenderà mai del tutto. Continua a scrivere poesie, sino agli ultimi anni. Muore al Lido dei Pini, nei pressi di Anzio, nel 1965.

Il poeta elenca le cose che gli vengono in mente al pensiero della domenica. Compone così una sorta di catalogo, nel quale frammento dopo frammento prende forma la suggestiva visione di un giorno tranquillo nell’Italia campagnola, ai primi del Novecento.

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Audiolettura

L’odore caldo del pane che si cuoce dentro il forno.

Il canto del gallo nel pollaio.

Il gorgheggio dei canarini alle finestre.

L’urto dei secchi contro il pozzo e il cigolìo della puleggia.

5      La biancheria distesa nel prato.

Il sole sulle soglie.

La tovaglia nuova nella tavola.

Gli specchi nelle camere.

I fiori nei bicchieri.

10    Il girovago che fa piangere la sua armonica.

Il grido dello spazzacamino.

L’elemosina.

La neve.

Il canale gelato.

15    Il suono delle campane.

Le donne vestite di nero.

Le comunicanti.

Il suono bianco e nero del pianoforte.

Le suore bianche bendate come ferite.

20    I preti neri.

I ricoverati grigi.

L’azzurro del cielo sereno.

Le passeggiate dei malati.

Lo stormire degli alberi.

25    I gatti bianchi contro i vetri.

Il prillare delle rosse ventarole.

Lo sbattere delle finestre e delle porte.

Le bucce d’oro degli aranci sul selciato.

I bambini che giuocano nei viali al cerchio.

30    Le fontane aperte nei giardini.

Gli aquiloni librati sulle case.

I soldati che fanno la manovra azzurra.

I cavalli che scalpitano sulle pietre.

Le fanciulle che vendono le viole.

35    Il pavone che apre la ruota sopra la scalèa rossa.

Le colombe che tubano sul tetto.

I mandorli fioriti nel convento.

Gli oleandri rosei nei vestiboli.

Le tendine bianche che si muovono al vento.


Corrado Govoni, Poesie 1903-1958, a cura di G. Tellini, Mondadori, Milano 2000

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a TU per TU con il testo

Certo le domeniche di una volta erano ben diverse da quelle dei nostri tempi, soprattutto in campagna. Era l’unico giorno di riposo (quasi tutti lavoravano anche il sabato) e la giornata si snodava lungo una serie di abitudini consolidate: il pane nel forno, che doveva bastare per una settimana, i panni stesi ad asciugare al vento, il cambio della tovaglia, la messa, il rito della barba, il vestito migliore indossato con cautela, le scarpe lucidate, la passeggiata in paese…

Se fosse chiesto a te e ai tuoi compagni di scrivere un simile inventario, ne risulterebbero elenchi non solo ben diversi da quello di Govoni, ma anche differenti gli uni dagli altri. Ognuno infatti vive la domenica a modo suo: chi coltiva un hobby, chi fa sport, chi si rilassa, chi va a ballare, chi studia, chi fa una gita… Il fatto è che non vogliamo più essere costretti in abitudini ripetute all’infinito, come avveniva nella società tradizionale. Eppure c’è ancora qualcosa che accomuna i modi in cui si vive il giorno più atteso della settimana. O no?

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Analisi

All’epoca in cui scrive questa poesia, Govoni è vicino al movimento crepuscolare, un gruppo di poeti ben lontani dall’impegno civile, dal nazionalismo e dallo stile elevato caratteristici di “vati” civili come Giosue Carducci e Gabriele d’Annunzio. Allergici a ogni tipo di retorica e intimoriti dalle nuove sfide imposte dalla modernità incalzante, i Crepuscolari preferiscono descrivere dimesse realtà provinciali, rappresentandosi nei panni di giovani ingenui, ridicoli, malati o sentimentali, ora con ironia, ora con tristezza. Alle dame dell’alta società, protagoniste della letteratura di successo in quegli anni, subentrano nei loro versi casalinghe “bruttine” ma rassicuranti; ai saloni delle ville nobiliari, cucine di campagna e solai polverosi; umili orti prendono il posto di splendidi giardini.

Sono questi gli ingredienti che ritroviamo nelle Cose che fanno la domenica, amalgamati con uno stile elementare, volutamente semplice e genuino, potremmo dire naïf (un termine francese che significa “ingenuo”, in origine utilizzato per indicare i pittori autodidatti, che esprimevano con candore la loro visione del mondo, senza tener conto delle regole stilistiche). Govoni evita attentamente il ricorso al lessico aulico e riduce al minimo la presenza di figure retoriche, anche se non rinuncia a condire il testo con alcune allitterazioni (per esempio la tovaglia nuova nella tavola, v. 7) o con sinestesie come quella che, al v. 18, associa due sfere sensoriali differenti, vista e udito, citando il suono bianco e nero del pianoforte. Ma ciò che più chiaramente emerge è la presenza dall’inizio alla fine del componimento di una sintassi nominale, che procede per brevi frasi giustapposte, coincidenti con i singoli versi. Questi si aprono e chiudono “a fisarmonica”, a seconda delle esigenze: il sostantivo, nucleo fondamentale, può stare da solo (L’elemosina, v. 12), accompagnarsi a un aggettivo, a una specificazione, o addirittura a una relativa, come nell’incipit. La poesia si riduce così a una nuda enumerazione di “cose”, dietro le quali si riconosce la sensibilità del poeta che le evoca.

I primi cinque versi descrivono gli spazi esterni di una casa di campagna: vengono nominati il forno, il pozzo, il pollaio, un canarino alla finestra e i panni distesi nel prato ad asciugare. Il verso successivo funziona da trapasso, mostrando il sole sulle soglie (v. 6): ci si sposta poi negli interni, dove troviamo tovaglie, specchi e fiori nei bicchieri (v. 9). L’insieme dà l’impressione di una povertà serena, linda e dignitosa. Ma subito lo sguardo torna all’aria aperta e si sposta rapidissimo su vari ambienti del paese, come se il poeta stesse scorrendo un mazzo di fotografie. Compare il vento, che fa stormire le fronde (v. 24), girare le rosse ventarole (v. 26), sbattere porte e finestre (v. 27). L’inverno cede intanto a un presagio di primavera: la neve (v. 13) e il canale gelato (v. 14) vengono rimpiazzati dalle viole (v. 34) e dai mandorli fioriti (v. 37).

Govoni costruisce una vera e propria sinfonia di suoni, che attraversa l’intero componimento. Al canto del gallo nel pollaio (v. 2) rispondono i canarini nelle gabbie poste alle finestre (v. 3), mentre in sottofondo si ode il cigolìo della corda del pozzo (v. 4). All’armonica del girovago (v. 10) succedono il grido dello spazzacamino (v. 11), il suono delle campane (v. 15) e quello del pianoforte (v. 18). Ai cavalli che scalpitano sulle pietre (v. 33), infine, fa riscontro il tubare delle colombe (v. 36).

Altrettanto ricca e variata la tavolozza dei colori, nella quale prevalgono dapprima il bianco e il nero, sui quali insistono i vv. 16-20 (Le donne vestite di nero, Il suono bianco e nero del pianoforte, Le suore bianche, I preti neri), mescolati al grigio dei ricoverati (v. 21). In seguito appaiono tinte più squillanti: l’azzurro del cielo sereno (v. 22), le rosse ventarole (v. 26), le bucce d’oro degli aranci (v. 28), la manovra azzurra dei soldati (v. 32), la scalèa rossa (v. 35) dove il pavone multicolore fa la ruota, gli oleandri rosei (v. 38). Ma nella chiusa torna una nota di bianco nelle tendine (v. 39), animate dal vento che movimenta per l’ultima volta il quadro.

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L’unica azione in qualche modo violenta della poesia si deve appunto alle improvvise folate del vento (v. 27). Per il resto Govoni allinea placide occupazioni proprie del tempo libero: le passeggiate dei malati (v. 23), i giochi dei bimbi con il cerchio e con l’aquilone (vv. 29 e 31). In questo clima di serenità, appena velato di malinconia, anche le manovre dei soldati (v. 32) non sembrano avere nulla di aggressivo. Gli altri attori in scena appartengono a categorie molto amate dai poeti crepuscolari. Incontriamo vagabondi, suore, fanciulle, spazzacamini e un intero campionario di animali domestici: galli, canarini, gatti, pavoni, cavalli, colombe.

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Nella tabella le cose menzionate da Govoni sono state divise in sei categorie; indica almeno tre elementi per ciascuna categoria.


Persone      
Animali      
Piante      
Suoni      
Oggetti      
Luoghi      

2. Quali caratteristiche accomunano tutte queste cose?

  • A Armonia. 
    B Bellezza. 
  • C Quotidianità. 
  • D Semplicità. 
  • E Ricercatezza. 


3. In accordo con il corretto significato dell’aggettivo librato, qual è la corretta interpretazione del v. 31?

  • A Gli aquiloni si intravedono sulle case. 
    B Gli aquiloni sono sospesi sulle case. 
  • C Gli aquiloni volano veloci sulle case. 
  • D Gli aquiloni sfiorano appena le case.

ANALIZZARE E INTERPRETARE

4. Nel lungo elenco delle cose che fanno la domenica si mescolano, senza distinzione, immagini legate inequivocabilmente a paesaggi invernali e immagini tipicamente primaverili. Quali versi contengono un esempio delle prime e quali delle seconde?


5. In quali versi compaiono invece immagini riferibili alla religione?


6. Quali cose contribuiscono a dare al componimento un tono di velata malinconia?


7. L’io lirico è presente in questo componimento? Esponi le tue considerazioni motivandole adeguatamente.


8. Associa ogni figura retorica al verso in cui compare.

  • a) L’odore caldo del pane
  • b) Il girovago che fa piangere la sua armonica
  • c) Il suono bianco e nero del pianoforte
  • d) Le suore bianche bendate come ferite
  • e) Le bucce d’oro degli aranci
  • f) Le colombe che tubano sul tetto

1) Personificazione

2) Metafora

3) Similitudine

4) Enallage

5) Sinestesia

6) Allitterazione

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COMPETENZE LINGUISTICHE

9. Sintassi. Lo stile di questo componimento è caratterizzato dalle frequenti costruzioni sintattiche nominali, prive cioè di verbi di modo finito. Prova a riscrivere alcuni dei versi seguenti, aggiungendo verbi e altri elementi linguistici a tua scelta (sostantivi, aggettivi, avverbi ecc.), che siano però coe­renti con il contesto (per esempio, il verso i gatti bianchi contro i vetri potrebbe diventare “i gatti bianchi appoggiano i loro dolci musetti contro i vetri”).


a) Il canto del gallo nel pollaio 

 


b) Il sole sulle soglie

 


c) Gli specchi nelle camere

 


d) Il grido dello spazzacamino

 


e) I preti neri

 


f) L’azzurro del cielo sereno 

 


g) Lo sbattere delle finestre e delle porte 

 


h) Le fontane aperte nei giardini

 

PRODURRE

10. Scrivere per esprimere. E la tua domenica, com’è? Imitando lo stile nominale di Govoni, stendi un elenco di almeno dieci cose che fanno la domenica.

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

Confronta il tuo elenco di cose che fanno la domenica con quello dei tuoi compagni.

L’emozione della lettura - edizione gialla - volume B
L’emozione della lettura - edizione gialla - volume B
Poesia e teatro