T4 - Odissea: il proemio, o dell'uomo multiforme

T4

Odissea: il proemio, o dell’uomo multiforme

  • Tratto da Odissea, libro I, vv. 1-21

Nel proemio il poeta invoca l’ispirazione della Musa ed espone l’oggetto del suo canto: la grande novità dell’Odissea è nel rilievo dato, sin dal primo verso, a un solo uomo, Odisseo, il protagonista della storia.

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Audiolettura

Narrami, o Musa, dell’eroe multiforme, che tanto

vagò, dopo che distrusse la rocca sacra di Troia:

di molti uomini vide le città e conobbe i pensieri,

molti dolori patì sul mare nell’animo suo,

5      per riacquistare a sé la vita e il ritorno ai compagni.

Ma i compagni neanche così li salvò, pur volendo:

con la loro empietà si perdettero,

stolti, che mangiarono i buoi del Sole

Iperione: ad essi tolse il dì del ritorno.

10    Racconta qualcosa anche a noi, o dea figlia di Zeus.

Tutti gli altri, che scamparono la ripida morte,

erano a casa, sfuggiti alla guerra e al mare:

solo lui, che bramava il ritorno e la moglie,

lo tratteneva una ninfa possente, Calipso, chiara tra le dee

15    nelle cave spelonche, vogliosa d’averlo marito.

E quando il tempo arrivò, col volger degli anni,

nel quale gli dèi stabilirono che a casa tornasse,

ad Itaca, neanche allora fu salvo da lotte

persino tra i suoi. Gli dèi ne avevano tutti pietà,

20    ma non Posidone: furiosamente egli fu in collera

con Odisseo pari a un dio, finché non giunse nella sua terra.


Omero, Odissea, libro I, vv. 1-21, trad. di G.A. Privitera, Mondadori, Milano 2015

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a TU per TU con il testo

Generazioni di lettori sono rimaste incantate da una parola su tutte, nel proemio dell’Odissea: l’aggettivo “multiforme” riferito a Odisseo. La varietà dell’esperienza, la saggezza sempre brillante e spendibile nei momenti imprevedibili dell’esistenza, il talento dell’intelligenza: sono queste le peculiarità virtuose della multiformità di Odisseo che lo rendono un personaggio così affascinante.

L’eroe dell’Odissea è soprattutto un viaggiatore di spazi fisici e mentali, che «di molti uomini vide le città e conobbe i pensieri», un esploratore che affronta il difficile percorso dell’animo e dei sentimenti. In un’epoca come la nostra, che ha abbattuto le distanze geografiche, la sua capacità di entrare in sintonia con i popoli, gli uomini e le donne incontrati durante le sue peregrinazioni, rappresenta un esempio del significato più profondo dell’esperienza del viaggio: un confronto con l’altro, capace di trasformare profondamente e migliorare chi lo compie.

Analisi

Il proemio dell’Odissea è composto, secondo la tradizione epica, da due momenti essenziali, entrambi concentrati nel primo verso: l’invocazione a Calliope, musa tutelare della poesia epica (narrami, o Musa) e l’esposizione dell’argomento, o protasi (dell’eroe multiforme, che tanto / vagò). Rispetto all’Iliade, il tema centrale del poema non è più solo un sentimento (l’ira di Achille), ma la complessità dell’esperienza di vita di un uomo al rientro dalla guerra di Troia.

Di Odisseo emerge subito l’eccezionalità, sottolineata dal fatto che di molti uomini vide le città e conobbe i pensieri (v. 3), non solo sul piano dell’intelligenza, ma anche su quello dei sentimenti, per il gran numero di sventure e sofferenze subite durante il ritorno e per non essere riuscito a salvare i compagni (vv. 4-9). Sin dai primi versi si configura, pertanto, un aspetto importante del poema, cioè il rapporto tra Odisseo e gli altri uomini con cui ha condiviso il viaggio, per i quali Omero non esprime particolare simpatia, dal momento che ne condanna l’empietà e l’incapacità di dominarsi: l’aver divorato le vacche sacre al Sole durante la sosta in Sicilia, infatti, aveva attirato su di essi la vendetta del dio (vv. 7-9).

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Come per l’Iliade, l’inizio della narrazione non segue la successione cronologica degli avvenimenti dalla partenza da Troia, ma si situa nel mezzo delle vicende. Il passato è rievocato nei vv. 2-9, che contengono un flashback relativo ai viaggi e alla perdita dei compagni, eventi verificatisi dopo aver lasciato Ilio. Il ritorno al presente e l’attacco della narrazione si collocano al verso successivo, allorché il poeta chiede alla Musa di raccontare le avventure di Odisseo muovendo “da un punto qualunque” (in greco amóthen) della storia. Tale momento è individuato nel periodo in cui l’eroe è trattenuto nell’isola di Ogigia dalla ninfa Calipso, che gli impedisce il ritorno in patria (vv. 13-15), mentre gli altri Greci partecipanti alla guerra di Troia sono già rientrati. Sono gli dèi, impietositi, a consentire finalmente il ritorno a casa di Odisseo (vv. 16-17): ma non sarà un’impresa facile.

Al riferimento al presente segue un’allusione al futuro: attraverso un’anticipazione (o prolessi) è annunciato che l’eroe dovrà subire molte più sofferenze degli altri per rivedere la patria, e che i problemi non finiranno neanche a Itaca. La causa delle difficoltà di Odisseo, oltre all’attaccamento morboso di Calipso che vorrebbe legarlo a sé per l’eternità, è l’ira del dio Poseidone, al quale l’eroe ha accecato il figlio Polifemo (vv. 16-21).

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Quale Musa invoca il poeta nell’esordio del Proemio?


2. Quale azione costa la vita ai compagni di Odisseo?


3. Indica quale tra le seguenti affermazioni è falsa.

  • A Odisseo è un uomo ingegnoso e curioso. 
    B Odisseo è l’unico sopravvissuto alla guerra di Troia. 
  • C Odisseo ha trascorso sette anni sull’isola di Ogigia. 
  • D Odisseo desiderava ardentemente tornare dalla moglie. 


4. Quale dio ostacola il ritorno di Odisseo in patria?

ANALIZZARE E INTERPRETARE

5. Nel proemio la narrazione comincia in medias res: alcune delle vicende menzionate sono già avvenute nel passato, altre rappresentano il punto di partenza della narrazione, altre devono ancora accadere. Individuale secondo questa scansione temporale e riportale nella tabella.


Passato  
Punto di partenza  
Futuro  


6. Le peripezie di Odisseo non cessano neanche dopo che egli è tornato in patria: rintraccia nel testo i versi dai quali desumiamo questa informazione.


7. L’epiteto di multiforme rivolto a Odisseo contiene in sé molteplici significati, alcuni dei quali sono di seguito elencati. Tra questi, tuttavia, ce n’è uno che non è compreso nell’aggettivo: qual è, secondo te?

  • A Il coraggio. 
    B L’astuzia. 
  • C La bellezza esteriore. 
  • D La capacità di adattarsi alle situazioni. 


8. Tutti gli altri, che scamparono la ripida morte (v. 11). L’aggettivo ripido significa “scosceso, che è in forte pendenza”, ed è solitamente riferito a un luogo (una montagna ripida, un sentiero ripido). Qui, evidentemente, assume un significato figurato: in che senso la morte può essere ripida? La metaforica pendenza che la rende scoscesa ci rende difficoltosa la salita o ci fa cadere inevitabilmente verso il basso?

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COMPETENZE LINGUISTICHE

9. Lessico. Il verbo scampare (v. 11) può avere una costruzione sia transitiva sia intransitiva. Usato transitivamente può significare “salvare” (scampare qualcuno dalla morte), ma anche “evitare” (scampare la morte, il sequestro), spesso con il pronome femminile indeterminato (scamparla bella). Costruito intransitivamente significa “sottrarsi a un rischio” (scampare da una malattia, anche con la preposizione a: scampare a una strage). Scrivi due frasi per ciascun uso, transitivo e intransitivo, di questo verbo.

PRODURRE

10. Scrivere per raccontare. Odisseo venne trattenuto per sette anni nell’isola di Ogigia dalla ninfa Calipso, innamorata di lui (vogliosa d’averlo marito, v. 15), ma a un certo punto arrivò il momento del distacco, deciso dagli dei e non dai due amanti (gli dei stabilirono che a casa tornasse, v. 17). Scrivi un breve testo (massimo 15 righe) in cui racconti il momento dell’addio tra Calipso e Odisseo.

Traduzione d’autore

All’inizio dell’Ottocento, sulla scia del modello illustre rappresentato da Vincenzo Monti ( p. 593), traduttore dell’Iliade, il poeta Ippolito Pindemonte (1753-1828) si cimentò in una traduzione dell’Odissea, destinata a un enorme successo, sancito dal grande numero di edizioni a stampa.


Musa, quell’uom di moltiforme ingegno

dimmi, che molto errò, poich’ebbe a terra

gittate d’Iliòn le sacre torri;

che città vide molte, e delle genti

5      l’indol conobbe; che sovr’esso il mare

molti dentro del cor sofferse affanni,

mentre a guardar la cara vita intende,

e i suoi compagni a ricondur: ma indarno

ricondur desiava i suoi compagni,

10    che delle colpe lor tutti periro.

Stolti! che osaro vïolare i sacri

al Sole Iperïon candidi buoi

con empio dente, ed irritaro il Nume,

che del ritorno il dì lor non addusse.

15    Deh parte almen di sì ammirande cose

narra anco a noi, di Giove figlia, e Diva.


Omero, Odissea, trad. di I. Pindemonte, Newton Compton, Roma 2016


Nella versione neoclassica di Pindemonte spicca la scelta del verbo “dire” per la resa dell’imperativo con cui il poeta si rivolge alla Musa: dimmi (v. 2), laddove il greco presenta piuttosto l’equivalente dell’italiano “raccontare” o “narrare”. Una fitta rete di anastrofi (d’Iliòn le sacre torri, v. 3; delle genti l’indol, vv. 4-5; del ritorno il dì, v. 14) e iperbati (molti dentro del cor sofferse affanni, v. 6) complica la sintassi, volutamente sostenuta.

Significativa, inoltre, è la scelta dell’aggettivo multiforme (v. 1) nella traduzione del concetto veicolato dal greco polýtropos, la cui ambiguità non si lascia univocamente definire: “molto versatile”, ma anche “sballottato dalla sorte”. All’incirca negli stessi anni Giacomo Leopardi (1798-1837), nel suo Saggio di traduzione del­l’Odissea, risolse il problema in modo ancora più originale: «L’uom dal saggio avvisar cantami, o Diva».

L’emozione della lettura - edizione gialla - volume A
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Narrativa