In età ellenistica i Greci, e con loro i Romani, cominciano a non credere più ai miti del loro passato, fondamenti della loro stessa cultura. Probabilmente è proprio la coscienza della crisi del mito tradizionale a determinare il fiorire di studi mitologici, al quale si deve la Biblioteca di Apollodoro, una sorta di riassunto enciclopedico della mitologia classica risalente a un periodo compreso tra il II secolo a.C. e il I secolo d.C.
Un esempio di questo atteggiamento ironico e disincantato, in cui prevale la dimensione poetica e artistica su quella religiosa, è anche nella produzione del poeta latino Publio Ovidio Nasone (43 a.C.-18 d.C.). Giunto a Roma dalla natìa Sulmona, ottiene grande successo e notorietà con opere come gli Amores e l’Ars amatoria che sviluppano la tematica amorosa con ironia e trasgressiva disinvoltura. Probabilmente proprio la vena provocatoria che caratterizza questa produzione, pubblicata in anni segnati dai propositi moralizzatori dell’imperatore Augusto, fu motivo del suo allontanamento coatto da Roma nell’8 d.C. Trasferitosi sul mar Nero, terminò i suoi giorni lontano dalla patria, continuando a scrivere fino alla morte.
Il capolavoro di Ovidio è rappresentato dalle Metamorfosi, autentica enciclopedia in quindici libri dell’intero patrimonio mitologico della cultura greca e romana. Scritto in esametri, il poema è incentrato sul tema delle trasformazioni e tratta più di duecentocinquanta miti greci, filtrati dalla sensibilità elegante e poetica di uno dei grandi autori della letteratura latina.