T2 - Vita standard di una telefonista (M. Murgia)

T2

Michela Murgia

Vita standard di una telefonista

  • Romanzo

La scrittrice sarda Michela Murgia (n. 1972) da ragazza ha lavorato in un call center. Durante questa esperienza ha tenuto un blog, dal quale è nato il suo primo libro, Il mondo deve sapere. Romanzo tragicomico di una telefonista precaria (2006), in cui narra il lato grottesco di un mondo dove conta soltanto il lucro. Per svolgere il suo compito, che consiste nel vendere un costoso aspirapolvere, giorno dopo giorno l’autrice impara furbizie e trucchetti, nel tentativo di sedurre i suoi interlocutori telefonici. È una giungla, dove comandano bestie feroci che licenziano le operatrici meno produttive, per non rischiare a loro volta di essere mandate a casa dai superiori. Non siamo di fronte a una denuncia indignata, o a una fredda analisi sociologica, ma a una serie di scenette divertenti, che tuttavia lasciano l’amaro in bocca.

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Audiolettura

Il lavoro è organizzato come in un gulag svizzero.1 Dodici ore filate divise in tre
turni di quattro ore, senza soluzione di continuità.

La casalinga non ha scampo. È lei il target2 della diabolica organizzazione Kirby.3

L’ufficio è piccolissimo, le postazioni di combattimento sono la metà di un banco 

5      di scuola, divise da un pezzo di compensato.4

Danno sul muro e sullo schermo di un pc. Ma sul muro, ovviamente, ci sono gli
immancabili cartelli motivazionali. «La telefonista che fa più appuntamenti avrà in
premio una scatola di formaggini e 8,5 euro lordi». Qualcosa mi dice che la parola
“lordo” in questo posto non è semplicemente il contrario di “netto”. Sento già l’odore 

10    del sangue.5

Ma è presto per addentare.6 Per ora stiamo al gioco.

Sono docile, spaesata, fingo di non capire. Sia benedetto il giorno che ho trovato
’sto lavoretto.

L’età media è sui venticinque anni. L’istruzione media è bassa, si capisce da tante 

15    cose.

La figura più inquietante è la capotelefonista che comanda (sono in due, ma una
delle due non ha alcun peso, è evidentissimo).

Per convenzione la chiameremo Hermann. Hermann non è qui solo per lavorare.
Anzi. Lei ci crede davvero. Non è semplicemente collaborativa. È convertita.

20    Per Hermann, Kirby è una fede, non un modo per sbarcare il lunario.7

È ferrea, arrogante, conosce ogni trucchetto per intortare8 la casalinga e, poiché è
stata telefonista a sua volta, conosce anche tutti i trucchetti per intortare la telefonista
media. Ha buon gioco, un sottovaso ha più personalità di queste ragazze, povere loro.

Mi fingo del gregge. Sarà bellissimo. […]

25    La tecnica è esattamente quella che mi aspettavo.

Una telefonata studiata nei minimi dettagli, di cui mi danno il testo, insieme ad
alcune indicazioni.

«Sorridi, dall’altra parte del telefono di capisce. Se devi fare una domanda fuori
testo, fa’ in modo che non cominci mai per “non“ e che la risposta non possa mai 

30    essere “no”. Altrimenti ti seghi da sola».9

Hai capito. Chiamale sceme.

«Buongiorno signora, sono Camilla de Camillis della Kirby di Paperopoli,10 lei
non mi conosce.

Le spiego subito il motivo della mia telefonata, <sorriso> lei è stata sorteggiata, 

35    lì nel paese di Chissàdove, per ricevere un buono <enfasi> gratuito di <veloce> igienizzazione
completa (la signora non deve capire con esattezza cosa le si sta proponendo)
o di un suo divano, o di un suo tappeto, o addirittura di un suo materasso.
In cambio di questo servizio lei dovrà semplicemente esprimere un parere sul macchinario
che eseguirà l’igienizzazione e sulla persona che glielo mostrerà. Quando 

40    preferisce, signora, domani alle 15 o dopodomani alle 18?».

Diabolico. La casalinga non ha tregua. Ci sono anche le risposte predefinite per
le obiezioni che possono sorgere. «Non ho tempo».

«Ma signora, è solo un’orettamassimo, un’orettaemezza (pronunciato con la virgola
dopo “massimo”, in modo che la signora percepisca che la durata è massimo 

45    un’ora, mentre invece è di un’ora e mezza, quasi due) del suo tempo». Implicito è
il messaggio che il tempo della signora non valga un soldo bucato, dato che può
regalarcelo così, a gratis.

«Non compro niente».

«Signora, non c’è nulla da comprare, non è una vendita, ma solo una campagna 

50    pubblicitaria. Siamo noi che le stiamo facendo un omaggio».

Come se lo scopo di una campagna pubblicitaria non fosse vendere… Ovviamente
non verrà presa per il collo per acquistare, ma dopo un turlupinamento11 di quella
durata, può darsi che sia proprio lei a chiedere: «E quanto costa questo coso?».

Non ci crederete, ma questo sistema funziona. Moltissime povere casalinghe, 

55    strappate ai loro lavoretti quotidiani da questa invasione telefonica, non sanno opporre
resistenza al bulldozer-telefonista12 e dicono sì, fosse anche solo per chiudere
la telefonata.

Alcune, smaliziate, dicono no senza tregua. Davanti alle resistenze, c’è anche il
ricatto morale: «Guardi, non mi interessa proprio».

60    «Signora, lei ci darebbe una mano a lavorare, perché noi <enfasi> giovani siamo
pagati dalla nostra azienda <enfasi> solo per far vedere questo macchinario. Se ci
riceve, ci darà la possibilità di lavorare e in cambio noi le chiediamo solo un giudizio
a voce. Che ne dice di mercoledì all’una di notte? O preferisce sabato mattina
all’alba?».

65    A quel punto anche il cuore più duro si scioglie. Quale mamma non si intenerirebbe
al pensiero di poveri giovani senza lavoro, pagati solo per fare pubblicità? Dopotutto
si tratta solo di sorbirsi un mostruoso spot dal vivo della durata di un’ora e trenta
minuti, poveri giovani. Il sì è già dietro l’angolo. Sorridi, la signora lo percepisce.


Michela Murgia, Il mondo deve sapere. Romanzo tragicomico di una telefonista precaria, Isbn, Milano 2006

 >> pagina 528 

Laboratorio sul testo

1. La capotelefonista è chiamata Hermann perché

  • A è di origine tedesca. 
    B lei stessa crede che un nome tedesco le conferisca maggiore autorità. 
  • C è un nome maschile e lei si comporta come un uomo. 
  • D questo soprannome richiama lo stereotipo del tedesco rigido e inflessibile. 


2. Perché la capotelefonista impone alle operatrici di sorridere durante la chiamata?

  • A Perché la telefonata avviene in videochiamata. 
    B Perché delle impiegate sorridenti rendono più piacevole l’ambiente di lavoro. 
  • C Perché le impiegate devono obbedirle in ogni cosa. 
  • D Perché sorridendo si modifica il tono della voce. 


3. Che cosa non deve fare un’operatrice telefonica della Kirby? (sono possibili più risposte)

  • A Iniziare la telefonata con “Buongiorno”. 
    B Fare domande che inizino per “non”. 
  • C Enfatizzare parole come “buono” e “gratuito”. 
  • D Far capire, nel dettaglio, in che cosa consista l’offerta. 
  • E Fare domande a cui si possa rispondere con un “no”. 
  • F Sottolineare che nell’azienda lavorano molti giovani. 


4. Perché, secondo la protagonista-narratrice, le operatrici del call center sono in una situazione di inferiorità e debolezza rispetto all’organizzazione dell’azienda e alla capotelefonista?


5. Il narratore è

  • A esterno, ma adotta una focalizzazione interna. 
    B interno protagonista. 
  • C interno testimone. 
  • D esterno onnisciente. 


6. Sottolinea l’affermazione corretta.


Lo stile del brano è caratterizzato da frasi lunghe / brevi e dalla paratassi / ipotassi e il suo ritmo è rapido e incalzante / disteso e lento.


7. In questo brano, la protagonista-narratrice non condivide l’universo sociale e culturale in cui è inserita, anzi, lo osserva da una posizione intellettualmente superiore, dalla quale riesce a comprendere e giudicare i meccanismi interni. Individua nel testo le spie linguistiche che denotano questa consapevolezza e il giudizio che ne scaturisce.

L’emozione della lettura - edizione gialla - volume A
L’emozione della lettura - edizione gialla - volume A
Narrativa