Alla scoperta dei testi

T1

Nick Hornby

Come sono diventato un tifoso

  • Tratto da Febbre a 90°
  • Titolo originale Fever Pitch, 1992
  • Lingua originale inglese
  • romanzo
L’autore

Nick Hornby è nato a Redhill, in Inghilterra, nel 1957. Dopo aver studiato letteratura inglese, insegnato a scuola e lavorato come giornalista, si è imposto come scrittore grazie al romanzo autobiografico Febbre a 90°, nel quale racconta il proprio tifo per l’Arsenal, squadra di calcio londinese. Un’altra sua passione, la musica, è il soggetto del secondo libro, Alta fedeltà (1995), al quale hanno fatto seguito vari romanzi di successo, tra i quali Un ragazzo (1998), Non buttiamoci giù (2005), Funny Girl (2014). Attivo anche come sceneggiatore, commentatore giornalistico e autore di testi per canzoni, Hornby vive a Londra.

Nel 1968 l’undicenne Nick è un ragazzino difficile, che ha reagito male alla separazione dei genitori. Ogni volta che il padre gli propone qualcosa rifiuta testardamente, per farlo sentire in colpa. Fino a che, un giorno, entra per la prima volta nello stadio di Highbury e si innamora dell’Arsenal.

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Audiolettura

Non ricordo molto della partita di quel primo pomeriggio. Uno scherzo della memoria
mi consente di vedere chiaramente l’unico gol: l’arbitro concede un rigore
(entra nell’area correndo, punta teatralmente il dito, c’è un boato); è silenzio mentre
Terry Neill lo calcia, e un tumulto mentre Gordon Banks1 si tuffa e respinge; la 

5      palla carambola2 sui piedi di Neill che questa volta segna. Ma sono sicuro di aver
ricostruito questa immagine con tutti gli episodi simili che da tempo conosco, e in
verità, all’epoca, non mi resi conto di niente. Ciò che realmente vidi quel giorno fu
una sconcertante catena di avvenimenti incomprensibili, alla fine dei quali tutti intorno
a me stavano in piedi e gridavano. Se feci lo stesso, deve essere successo dieci 

10    imbarazzanti secondi dopo gli altri.

Ma ho comunque altri ricordi, più attendibili e probabilmente più significativi.
Ricordo la travolgente maschiezza del tutto – fumo di sigaro e pipa, linguaggio osceno
(parole che avevo già sentito, ma non da adulti, non a quel volume), e solo anni
più tardi mi venne in mente che tutto questo era destinato ad avere delle conseguenze 

15    su un ragazzino che viveva con sua madre e sua sorella; e ricordo di aver guardato
la folla più che i giocatori. Da dove ero seduto avrei probabilmente potuto contare
ventimila teste; solo un tifoso di sport (o Mick Jagger o Nelson Mandela)3 può farlo.
Mio padre mi disse che nello stadio c’era quasi tanta gente quanta ne viveva nella
mia città, e io nutrivo un’adeguata soggezione.

[…]

20    Tuttavia non furono le dimensioni della folla che mi colpirono maggiormente,
o il modo in cui gli adulti potevano gridare la parola «coglione»! forte quanto volevano,
senza attirare l’attenzione di nessuno. Ciò che più mi colpì fu proprio quanto
la maggior parte degli uomini intorno a me odiasse, veramente odiasse, essere là.
Per quel che riuscivo a giudicare, nessuno sembrò trarre piacere, nel senso in cui io 

25    intendevo la parola, da niente di ciò che accadde in tutto il pomeriggio. A pochi
minuti dal calcio d’inizio ci fu vera rabbia («Sei una vergogna, Gould.4 Una vergogna!»,
«Cento sterline5 a settimana? cento sterline a settimana! Dovrebbero darle a
me per guardarti»); man mano che il gioco continuò, la rabbia si trasformò in indignazione,
e poi sembrò coagularsi6 in un torvo, silenzioso disagio. Sì, sì, conosco 

30    tutte le battute… Che cos’altro avrei potuto aspettarmi a Highbury?7 Ma sono stato
negli stadi del Chelsea, del Tottenham e dei Rangers,8 e ho visto la stessa cosa: che
la condizione naturale del tifoso di calcio è l’amara delusione, indipendentemente
dal risultato.

Penso che noi tifosi dell’Arsenal sappiamo, in fondo in fondo, che il calcio a High­bury 

35    spesso non è stato granché, e che quindi la nostra reputazione come squadra
più noiosa nell’intera storia dell’universo non è così mistificante9 come facciamo
finta di credere: tuttavia, quando abbiamo una formazione di successo, molto è perdonato.
La squadra dell’Arsenal che vidi quel pomeriggio era spettacolarmente disastrosa
da un bel po’. In verità non aveva vinto niente dai tempi dell’Incoronazione 

40    della regina Elisabetta,10 e questo miserabile e inequivocabile fallimento bruciava
come sale sulle stigmate11 dei tifosi. Molti di quelli attorno a noi avevano gli occhi
di chi ha visto ogni partita di ogni insignificante stagione. Il fatto che mi stessi intromettendo
in un matrimonio andato deteriorandosi12 in maniera disastrosa conferì al
mio pomeriggio una pruriginosa13 ed elettrizzante eccitazione (se fosse stato un matrimonio 

45    vero, ai bambini sarebbe stato vietato l’accesso al campo): un partner stava
trascinandosi pesantemente in giro nel patetico tentativo di piacere, mentre l’altro
voltava la faccia al muro, troppo disgustato persino per guardare. Quei tifosi che non
potevano ricordare gli anni Trenta (sebbene alla fine degli anni Sessanta buona parte
di essi lo potesse), quando il club vinse cinque Campionati e due Coppe d’Inghilter­ra, 

50    ricordavano comunque i Compton e i Joe Mercer14 di un decennio prima; lo stadio
stesso, con le sue splendide tribune art déco e i busti di Jacob Epstein,15 sembrava
disapprovare la gentaglia di ora almeno quanto la disapprovavano i miei vicini.

Ero già stato a degli spettacoli, naturalmente; ero stato al cinema e alla pantomima16
e a vedere mia mamma cantare con il coro del White Horse Inn nella sala

55    municipale. Ma era diverso. I vari tipi di pubblico di cui avevo fatto parte fino a
quel momento avevano pagato per divertirsi e, sebbene occasionalmente si potesse
scorgere un bambino irrequieto o un adulto che sbadigliava, non avevo mai notato
visi contorti dalla rabbia o dalla disperazione o dalla frustrazione. L’intrattenimento
come dolore era un’idea che mi giungeva del tutto nuova, e sembrava essere qualcosa 

60    che stavo da tempo aspettando.

Non sarebbe troppo fantasioso ipotizzare che tale idea abbia plasmato la mia
vita. Sono sempre stato accusato di prendere le cose che amo – il calcio, naturalmente,
ma anche i libri e i dischi – troppo sul serio, e in effetti provo una specie di
rabbia quando sento un brutto disco, o quando qualcuno è freddino nei confronti 

65    di un libro che significa molto per me. Forse furono quegli uomini accaniti, amareggiati,
nella Tribuna Ovest dell’Arsenal che mi insegnarono ad arrabbiarmi in questo
modo; ed è forse per questo che in parte mi guadagno da vivere come critico – forse
sono quelle le voci che sento quando scrivo. «Sei un coglione, x.». «Il Booker Prize?17
il booker prize? Dovrebbero darlo a me che ti devo leggere!».

70    Tutta la faccenda prese il via proprio quel pomeriggio – non ci fu nessun corteggiamento
prolungato – e ora riesco a capire che se fossi andato allo stadio di White
Hart Lane o di Stamford Bridge18 sarebbe successa la stessa cosa, tanto fu travolgente
l’esperienza la prima volta. In un disperato e perspicace tentativo di impedire l’inevitabile,
papà mi portò prontamente a vedere il Tottenham Hotspur (Jimmy Greaves 

75    segnò quattro gol contro il Sunderland in una partita vinta 5-1), ma il danno era
fatto, e i sei gol e tutti i grandi giocatori mi lasciarono indifferente: mi ero già innamorato
della squadra che aveva vinto contro lo Stoke19 per 1-0, segnando su un
rigore respinto.


Nick Hornby, Febbre a 90°, trad. di F. Pedrotti e L. Willis, Guanda, Parma 1992

 >> pagina 445 

Come continua

La passione per il calcio diventa per Nick un mezzo per farsi accettare e rispettare anche a scuola, dove scambia figurine con i ragazzi più grandi. Capitolo dopo capitolo l’autore racconta con affetto mescolato a humour una serie di partite che hanno significato molto per lui, dall’adolescenza sino ai trent’anni e oltre. Sport e vita personale si intrecciano di continuo. L’uno offre una chiave di spiegazione dell’altra e modella i ricordi: ciò che avviene nel 1983 diventa ciò che accade durante il campionato 1982-1983, e viceversa. L’ossessione per il calcio aiuta a superare i guai familiari, lavorativi, sentimentali.

 >> pagina 445 

a TU per TU con il testo

Che gusto c’è a pagare fior di quattrini per vedere ventidue giovanotti in calzoncini, con cui non hai mai scambiato una parola, che a decine di metri inseguono un pallone? Forse ci si diverte come pazzi: ma allora com’è che guardandoci intorno, allo stadio, vediamo gli spettatori concentratissimi, tesi, e a volte furibondi? Pronti ad alzarsi di scatto, rossi come peperoni per inveire contro gli avversari, l’arbitro, o persino un giocatore della propria squadra, colpevole di un passaggio sbagliato? Solo il gol regala qualche minuto di gioia incontenibile: ma è una tregua che dura poco, e in un campionato le sconfitte spesso fioccano. Per una squadra che trionfa, tante deludono; alcune addirittura retrocedono nelle serie inferiori. E dunque come si spiega che milioni di persone – ricchi e poveri, giovani e vecchi, uomini e donne – provino emozioni fortissime nel vedere una partita, tifando a più non posso? Cercare una sola risposta, magari perfettamente logica, in grado di chiarire quest’incantesimo, non avrebbe senso. Hornby ci fa capire come la “febbre a 90°” abbia molto a che fare con la vita di tutti i giorni, con tutto quanto ci succede prima e dopo le partite. Ma spesso non ce ne accorgiamo…

Analisi  attiva 

Hornby rievoca, con l’esperienza dell’adulto, il modo in cui a undici anni il calcio entrò nella sua vita, sconvolgendola e legandola a doppio filo al rendimento della squadra del cuore, l’Arsenal. In questo modo quello che era nato come un saggio sullo sport, vissuto da spettatore, si trasforma in un romanzo di formazione. Il ricordo della prima partita a cui ebbe l’opportunità di assistere, nel 1968, si riduce a un lampo: il gol fortunoso che garantì la vittoria alla squadra londinese contro lo Stoke. Il resto è dimenticato, scomparso nelle nebbie della memoria, e si capisce: quel giorno a colpirlo, più che i giocatori, fu la folla. Il piccolo Nick non aveva mai visto così tanta gente tutta insieme. È intimorito, anche perché non comprende bene il comportamento degli uomini intorno a lui: abituato a vivere con la madre e una sorella, la travolgente maschiezza del tutto (r. 12) lo respinge e lo incanta allo stesso tempo.


1. Il narratore ricorda chiaramente il gol segnato dalla propria squadra?

  • A Sì, lo ricorda con chiarezza in ogni suo dettaglio, come se fosse stampato nella sua mente. 
    B Sì, ma probabilmente lo ha ricostruito con le immagini di episodi simili che ha visto negli anni successivi. 
  • C No, non ricorda più nulla. 
  • D No, lo ricorda vagamente, ma ricorda il nome del giocatore che lo segnò, Terry Neill. 


2. Che cosa fanno gli spettatori della partita? (sono possibili più risposte)

  • A Stanno in piedi. 
    B Cantano cori. 
  • C Gridano. 
  • D Bevono whisky. 
  • E Fumano. 
    F Lanciano oggetti. 
  • G Dicono oscenità. 
  • H Fischiano contro l’arbitro.

 >> pagina 447 

Cento sterline a settimana? cento sterline a settimana! Dovrebbero darle a me per guardarti (rr. 27-28). Il piccolo Nick è sorpreso dall’alternanza di rabbia, disagio, rassegnazione, disgusto, ironia negli altri spettatori, abituati da tempo a centrocampisti lenti, difensori distratti, attaccanti inconsistenti, portieri colabrodo: Ciò che più mi colpì fu proprio quanto la maggior parte degli uomini intorno a me odiasse, veramente odiasse, essere là (rr. 22-23). Non sono interessati allo spettacolo, ma alla vittoria: se il miglior giocatore degli avversari non può scendere in campo, perché ammalato o infortunato, è una buona notizia. Le battute si sprecano, com’è normale nei confronti di una squadra che ha la reputazione di essere la più noiosa nell’intera storia dell’universo (r. 36), incapace di vincere un trofeo sin dai tempi dell’Incoronazione della regina Elisabetta (rr. 39-40). La passione dei fan è totalmente irrazionale. Nick scopre come il tifo non sia un piacere, ma una sofferenza alla quale non si riesce a rinunciare. Scopre l’intrattenimento come dolore (rr. 58-59): e gli piace.


3. Che cosa colpisce il piccolo Nick durante la partita? (sono possibili più risposte)

  • A La grandezza dello stadio. 
    B Il numero delle persone che si affollano sugli spalti. 
  • C Il fatto che si possano dire liberamente parolacce. 
  • D La bravura dei giocatori dell’Arsenal. 
  • E Il fatto che la maggior parte dei tifosi sembri soffrire, più che provare piacere. 
  • F Il dispiegamento delle forze dell’ordine. 


4. Individua nel testo tutti i termini e le espressioni che si riferiscono alle emozioni provate dai tifosi durante la partita.


5. La metafora del matrimonio andato deteriorandosi in maniera disastrosa (r. 43) indica

  • A il rapporto tra Nick e suo padre. 
    B il rapporto tra l’allenatore e la squadra dell’Arsenal. 
  • C il rapporto tra la squadra dell’Arsenal e i suoi tifosi. 
  • D il rapporto tra i genitori di Nick.

Basta una partita perché la malattia dell’Arsenal contagi irrimediabilmente Nick, che non riuscirà mai più a liberarsene. Né vorrebbe. Ripensandoci a mente fredda, da adulto, ha anzi l’impressione di avere imparato moltissimo dalle ore trascorse allo stadio, dove la sua personalità si è plasmata, a contatto con la folla. Questo è il primo regalo del tifo: farlo sentire membro di un gruppo, perfettamente integrato, partecipe di una fede indiscutibile, che darà dolore a lui come agli altri seguaci. Da ciò deriva il secondo regalo: lo spirito critico, venato di ironia, con cui i fan accettano la loro sorte. Nick si accorge ora di avere riversato questo atteggiamento sulle altre grandi passioni della sua vita, i dischi e i libri, ma che cos’è un talento senza passione? Che cos’è la passione senza la rabbia? Questo gli hanno insegnato quegli uomini accaniti, amareggiati, nella Tribuna Ovest dell’Arsenal (rr. 65-66). Si capisce dunque perché quel giorno di settembre del 1968, durante Arsenal-Stoke, sia nato un amore. Contrastato, folle, come tutti i veri amori: «Mi innamorai del calcio come mi sarei poi innamorato delle donne: improvvisamente, inesplicabilmente, acriticamente, senza pensare al dolore o allo sconvolgimento che avrebbe portato con sé», scrive Hornby in apertura del libro. Il padre tenta di sviarlo, portandolo a vedere una spettacolare partita del Tottenham, ma è troppo tardi. Ora comunque Nick ha un argomento per parlare con lui, un evento con cui riempire di attesa e condivisione il loro tempo libero. Niente più silenzi, noia, estraneità reciproca. E questo è il terzo regalo del tifo: il più importante.


6. Di che cosa è accusato Nick?

  • A Di passare troppo tempo allo stadio. 
    B Di prendere troppo sul serio le cose che ama. 
  • C Di trascurare libri e dischi per il calcio. 
  • D Di essere un critico letterario troppo severo. 


7. In un disperato e perspicace tentativo di impedire l’inevitabile […] (rr. 73-74): che cosa vuole impedire il padre di Nick portando il figlio a vedere una partita del Tottenham, e perché?

 >> pagina 448 

Laboratorio sul testo

competenze linguistiche

8. Lessico. Il significato delle parole. Nick racconta di essersi trovato in soggezione (r. 19) di fronte all’enorme folla che vedeva nello stadio. Quale emozione prova chi si sente in soggezione?

  • A Meraviglia. 
    B Timore. 
  • C Terrore. 
  • D Curiosità. 


9. Lessico. Le parole scomparse. Maschiezza (r.12) è una parola di uso non comune, tanto che nel testo è riportata in carattere corsivo (come è in corsivo il corrispondente termine inglese nel testo originale, maleness). Ecco un elenco di parole di uso non frequente nella nostra lingua; cercale sul dizionario e scrivi accanto a ognuna di esse un sinonimo o una locuzione equivalente, a te più familiare.


a) stolido 

 


b) alterco 

 


c) facondo 

 


d) probo 

 


e) preconizzare 

 


f) beota 

 


g) favellare 

 

produrre

10. Scrivere per raccontare ed esprimere. Hai mai assistito a una partita di calcio o a un altro evento sportivo? Come hai vissuto quell’esperienza? Che cosa hai provato? Rispondi in massimo 25 righe.

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

Qual è il tuo atteggiamento verso il tifo sportivo? Ti sembra qualcosa di bello e positivo o un’inutile e sciocca perdita di tempo?

 >> pagina 449 

Se ti è piaciuto…

Sognando un gol

Nessuno meglio degli scrittori sudamericani ha saputo raccontare la magia del football. Pensiamo al grande scrittore argentino Osvaldo Soriano (1943-1997), o all’uruguaiano Eduardo Galeano (1940-2015), che in Splendori e miserie del gioco del calcio (1997) mise insieme una serie di piccole storie straordinarie, dove emerge l’incredibile passione che è in grado di suscitare nel pubblico l’unico sport dove piccoletti goffi e sgraziati riescono a beffare marcantoni dal fisico scolpito.

Il calcio è il regno dell’imprevisto: una caratteristica che il cinema non ha mancato di sfruttare, naturalmente. Negli ultimi anni si sono moltiplicate le pellicole ispirate a questo sport: ma il film più coinvolgente resta Fuga per la vittoria (1981), girato da un regista del calibro di John Huston e interpretato da star come Michael Caine e Sylvester Stallone, accanto al più grande giocatore di tutti i tempi, il brasiliano Pelè. È la storia di una sfida calcistica, durante la Seconda guerra mondiale, fra i nazisti e una squadra che mette insieme prigionieri di varia nazionalità, i quali ne approfittano per tentare un’evasione rocambolesca.

In Italia, dove il calcio è quasi una religione, il sacerdote più famoso è stato Gianni Brera (1919-1992), che in decenni di instancabile attività ha firmato migliaia di articoli e numerosi libri sul tema. Più di recente lo scrittore bolognese Enrico Brizzi (n. 1974) ha riscoperto i pionieri del football nazionale, ai quali ha dedicato varie ricostruzioni suggestive, come Il meraviglioso giuoco (2015).

Non dimentichiamo però che gli italiani hanno sognato il calcio, prima che sui libri, sugli album della Panini, dove con infinita passione hanno incollato, generazione dopo generazione, le figurine degli atleti.

L’emozione della lettura - edizione gialla - volume A
L’emozione della lettura - edizione gialla - volume A
Narrativa