Alla scoperta dei testi

T1

Pier Paolo Pasolini

Una rondine nel Tevere

  • Tratto da Ragazzi di vita, 1955
  • romanzo
L’autore

Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna nel 1922 da un ufficiale di carriera e da un’insegnante elementare friulana. Dopo vari traslochi al seguito del padre, a Bologna frequenta il liceo e si iscrive alla facoltà di Lettere, in cui si laurea nel 1945. Si è nel frattempo trasferito nel paese materno, Casarsa della Delizia, dove esordisce con una raccolta di versi in dialetto friulano, Poesie a Casarsa (1942). In guerra il padre è fatto prigioniero in Africa mentre il fratello Guido, che aveva aderito alla Resistenza, viene ucciso da una milizia di partigiani comunisti. La scoperta dell’omosessualità e una denuncia per corruzione di minori, che nel 1949 determina l’espulsione dal Partito comunista, rendono a Pasolini la vita in Friuli sempre più difficile. Decide di trasferirsi con la madre a Roma: qui vive anni di straordinaria fertilità, frequentando gli ambienti intellettuali della capitale, ma anche le borgate di periferia, che gli offrono materiali per i due romanzi Ragazzi di vita (1955) e Una vita violenta (1959). Gli studi sulla poesia dialettale e popolare, così come la raccolta poetica Le ceneri di Gramsci (1957), consolidano la sua fama, accresciuta dall’attività di regista cinematografico, intrapresa nel 1961 con il film Accattone. Negli anni sviluppa un pessimismo sempre più cupo nei confronti della società borghese, che attacca dalle colonne delle principali testate italiane fino al 1975, quando viene assassinato in circostanze oscure, a Ostia.

Roma, 1944. In una calda giornata estiva, il Riccetto e i suoi amici vanno a fare un bagno nel Tevere. Poi decidono di prendere in affitto una barca, ma è la prima volta e non sanno remare come si deve. Vedendoli in difficoltà, altri ragazzi dalla riva li raggiungono a nuoto e salgono, allegri e sfrontati.

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Audiolettura

Borgo antico

dai tetti grigi sotto il cielo opaco

io t’invoco…1

cantavano i quattro di vicolo del Bologna,2 sbragati3 sulla barca, a voce più alta che 

5      potevano per farsi sentire dai passanti di Ponte Sisto4 e dei lungoteveri.5 La barca,
troppo piena, andava avanti affondando nell’acqua fino all’orlo.

Il Riccetto continuava a starsene disteso, senza dar retta ai nuovi venuti,6 ammusato,7
sul fondo allagato della barca, con la testa appena fuori dal bordo: e continuava
sempre a far finta di essere al largo, fuori dalla vista della terraferma. «Ecco 

10    li pirata!»,8 gridava con le mani a imbuto sulla sua vecchia faccia di ladro uno dei
trasteverini, in piedi in pizzo alla barca:9 gli altri continuavano scatenati a cantare. A
un tratto il Riccetto si rivoltò su un gomito, per osservare meglio qualcosa che aveva
attratto la sua attenzione, sul pelo dell’acqua, quasi sotto le arcate di Ponte Sisto.
Non riusciva a capire bene che fosse. L’acqua tremolava, in quel punto, facendo 

15    tanti piccoli cerchi come se fosse sciacquata da una mano: e difatti nel centro vi si
scorgeva come un piccolo straccio nero.

«Che d’è»,10 disse allora rizzandosi in piedi il Riccetto. Tutti guardarono da quella
parte, nello specchio d’acqua quasi ferma, sotto l’ultima arcata. «È na rondine,
vaffan…», disse Marcello.11 Ce n’erano tante di rondinelle, che volavano rasente 

20    i muraglioni, sotto gli archi del ponte, sul fiume aperto, sfiorando l’acqua con il
petto. La corrente aveva ritrascinato un poco la barca indietro, e si vide infatti ch’era
proprio una rondinella che stava affogando. Sbatteva le ali, zompava.12 Il Riccetto
era in ginocchioni sull’orlo della barca, tutto proteso in avanti. «A stronzo, nun
vedi che ce fai rovescià?», gli disse Agnolo. «An vedi»,13 gridava il Riccetto, «affoga!». 

25    Quello dei trasteverini che remava restò coi remi alzati sull’acqua e la corrente
spingeva piano la barca indietro verso il punto dove la rondine si stava sbattendo.
Però dopo un po’ perdette la pazienza e ricominciò a remare. «Aòh, a moro»,14 gli
gridò il Riccetto puntandogli contro la mano, «chi t’ha detto de remà?». L’altro fece
schioccare la lingua con disprezzo e il più grosso disse: «E che te frega». Il Riccetto 

30    guardò verso la rondine, che si agitava ancora, a scatti, facendo frullare di botto15 le
ali. Poi senza dir niente si buttò in acqua e cominciò a nuotare verso di lei. Gli altri
si misero a gridargli dietro e a ridere: ma quello dei remi continuava a remare contro
corrente, dalla parte opposta. Il Riccetto s’allontanava, trascinato forte dall’acqua:
lo videro che rimpiccioliva, che arrivava a bracciate fin vicino alla rondine, sullo 

35    specchio d’acqua stagnante, e che tentava d’acchiapparla. «A Riccettooo», gridava
Marcello con quanto fiato aveva in gola, «perché nun la piji?».16 Il Riccetto dovette
sentirlo, perché si udì appena la sua voce che gridava: «Me pùncica!».17 «Li mortacci
tua»,18 gridò ridendo Marcello. Il Riccetto cercava di acchiappare la rondine, che gli
scappava sbattendo le ali e tutti e due ormai erano trascinati verso il pilone dalla 

40    corrente che lì sotto si faceva forte e piena di mulinelli. «A Riccetto», gli gridarono
i compagni della barca, «e lassala perde!».19 Ma in quel momento il Riccetto s’era
deciso ad acchiapparla e nuotava con una mano verso la riva. «Tornamo indietro,
daje», disse Marcello a quello che remava. Girarono. Il Riccetto li aspettava seduto
sull’erba sporca della riva, con la rondine tra le mani. «E che l’hai sarvata a ffà»,20 

45    gli disse Marcello, «era così bello vedella che se moriva!». Il Riccetto non gli rispose
subito. «È tutta fracica»,21 disse dopo un po’, «aspettamo che s’asciughi!». Ci volle
poco perché si asciugasse: dopo cinque minuti era là che rivolava tra le compagne,
sopra il Tevere, e il Riccetto ormai non la distingueva più dalle altre.


Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita, Garzanti, Milano 2005

 >> pagina 391 

Come continua

Passati due anni ritroviamo il Riccetto che, cresciuto, vive di espedienti, aggirandosi per Roma in cerca di qualche buon affare, fra ladri, prostitute e truffatori. Non ha una casa, ma vive con la famiglia in un edificio scolastico pericolante, divenuto alloggio di fortuna per decine di sfollati. Quando il palazzo crolla, muore la madre e resta gravemente ferito l’amico Marcello. Il Riccetto va allora ad abitare con lo zio, e conosce nuovi ragazzi, con cui intraprende altre scorribande. Un giorno però viene arrestato, per un furto che in realtà non ha commesso. L’esperienza gli insegna molto: quando esce dalla galera, non è più lo stesso.

 >> pagina 392 

a TU per TU con il testo

Che cosa importa se gli altri rideranno, e lo prenderanno per pazzo? Senza dire una parola il Riccetto si tuffa nel Tevere. Non c’è niente di più bello che fare parte di un gruppo, condividere le esperienze, sentirsi accettati e apprezzati. Ma non è così facile. Sappiamo che cosa subisce chi non vuole o non riesce a integrarsi: l’indifferenza, le mezze parole, le prese in giro, gli insulti, nei casi più pesanti l’aggressione. Quando siamo in compagnia possono innescarsi dinamiche pericolose: a volte si diventa come le iene, che attaccano protette dal numero, solo quando sono sicure di non avere la peggio. Tutti contro uno. E per non essere quell’uno, a che cosa siamo disposti? A tacere, o a fingere distacco, quando la situazione non ci piace, e ce ne vorremmo andare. Ma a volte qualcosa dentro scatta. Non riesci più a tenerti, sai che non ti conviene, che non sono affari tuoi, e in fondo che te frega, come dice il ragazzo più grosso al Riccetto. Ma non riesci ad accettarlo. Ti alzi, e adesso basta.

Analisi

Il Riccetto se ne sta seduto sulla barca con il broncio, un po’ infastidito dagli amici. Immagina di essere al largo, lontano da Roma e dall’allegra confusione degli amici che si scatenano scherzando, cantando e urlando, neanche fossero dei pirati all’arrembaggio. Tutta la scena è condotta secondo la sua prospettiva: a un certo punto si rende conto che c’è qualcosa nell’acqua, un piccolo straccio nero (r. 16) al centro di tanti piccoli cerchi (r. 15). Presto capisce che si tratta di una rondine in difficoltà, forse sul punto di affogare. Decide allora di tuffarsi per salvarla, incurante delle grida e delle risate degli amici, per il solo, umanissimo piacere di compiere un gesto di generosità gratuita.

Marcello lo critica esibendo una sprezzante freddezza e chiedendogli perché l’abbia compiuto: era così bello vedella che se moriva! (r. 45). A morire invece sarà nel capitolo successivo proprio lui, per le lesioni subite dopo essere rimasto sotto le macerie di una scuola crollata. Quando si accorge che il proprio destino è segnato, raccomanderà agli amici di prendersi cura dei suoi cagnolini. Non è un caso: come vediamo per la rondinella di Riccetto, i “ragazzi di vita” pasoliniani proiettano sugli animali l’affetto e il bisogno di protezione che non ottengono dalle famiglie, disinteressate alla loro condizione al pari di tutta la società borghese e menefreghista. Non frequentano infatti la scuola: lasciati crescere soli e senza guida per le vie di Roma, alternano momenti di violenza sadica a ingenue e commoventi tenerezze sentimentali.

Quando il Riccetto si getta nel Tevere, la corrente lo trascina via: gli amici lo videro che rimpiccioliva, che arrivava a bracciate fin vicino alla rondine (r. 34). Ma non riesce ad acchiapparla, e tutti e due vengono trascinati verso il pilone dalla corrente che lì sotto si faceva forte e piena di mulinelli (rr. 39-40). Per un attimo si ha l’impressione che la vicenda possa assumere una piega tragica, ma per fortuna il Riccetto riesce a nuotare verso riva, portando in salvo l’uccellino.

La disgrazia è però soltanto rimandata: alla fine del romanzo un altro ragazzo, Genesio, affoga. Il Riccetto sconvolto segue la scena dalla riva, ma stavolta non si tuffa, perché si rende conto che sarebbe inutile, e poi perché la cosa in fin dei conti non lo riguarda. «Io je vojo bene ar Riccetto», sarà il suo commento, come a dire: “tengo più alla mia pelle che a quella del mio amico”. Lo slancio innocente e genuino di queste pagine che lo ritraggono adolescente è destinato perciò a lasciare il posto agli aridi calcoli della maturità. Meglio non correre guai: si concluderà così la parabola di Ragazzi di vita, in cui la formazione – come scrisse Pasolini in una lettera all’editore – coincide con il passaggio «dall’età eroica e amorale all’età già prosaica e immorale».

 >> pagina 393 

Sin dai primi giorni del suo arrivo a Roma, nel 1950, Pasolini restò affascinato dalla vita delle borgate, che gli pareva certo degradata ma per molti aspetti ancora autentica, non corrotta dal consumismo borghese. Iniziò a frequentare queste realtà, a osservarne i comportamenti, a impadronirsi del romanesco, che studiava appuntando su un taccuino le espressioni che lo colpivano, per poi riversarle nel romanzo. In questo brano le troviamo sulla bocca dei personaggi (li pirata, r. 10; Che d’è, r. 17; An vedi, r. 24; Aòh, r. 27; Me pùncica, r. 37; fracica, r. 46 ecc.), ma altrove le fa proprie, amalgamandole alla lingua del narratore. Tale è la loro frequenza, che nell’opera è stato inserito in coda un glossario, per chiarire i termini più ostici. Parolacce e bestemmie, che pure ricorrevano sulla bocca dei borgatari, vennero invece camuffate sotto una pioggia di puntini. Ciononostante Ragazzi di vita rimediò una denuncia per oscenità. Nel processo, uno dei tanti che subì, Pasolini fu assolto grazie alla testimonianza decisiva di scrittori come Giuseppe Ungaretti, che difesero le sue scelte espressive.

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. La vicenda narrata è ambientata

  • A a Torino. 
    B a Roma. 
  • C in un paese della provincia laziale. 
  • D in una città imprecisata attraversata da un fiume. 


Da quali elementi lo capisci?


2. Che cosa stanno facendo i ragazzi sulla barca?

  • A Stanno pescando. 
    B Stanno scendendo il fiume verso il mare. 
  • C Si stanno divertendo, cantano e scherzano. 
  • D Stanno cercando di uccidere una rondine caduta in acqua. 


3. Quando il Riccetto vede qualcosa agitarsi nell’acqua

  • A si tuffa immediatamente per ripescarlo. 
    B chiede al compagno che rema di dirigersi verso quel punto. 
  • C si rimette a cantare e scherzare con gli altri. 
  • D si sporge per vedere meglio, rischiando di far ribaltare la barca. 


4. Come reagiscono gli altri ragazzi sulla barca alla vista della rondine?


Marcello  
Agnolo  
Il trasteverino ai remi  

5. Alla fine il Riccetto

  • A riesce ad afferrare la rondine, che però è morta. 
    B riesce ad afferrare la rondine e se la porta a casa. 
  • C riesce ad afferrare la rondine che, una volta asciutta, vola via. 
  • D non riesce ad afferrare la rondine, che annega. 


6. Quando il Riccetto si tuffa per salvare la rondine, i compagni

  • A lo deridono. 
    B lo incitano.
  • C sono preoccupati che affoghi. 
  • D si tuffano anche loro.

 >> pagina 394 

ANALIZZARE E INTERPRETARE

7. Rifletti sulla posizione e sull’atteggiamento del narratore: che tipo di narratore è? È un narratore che condivide il mondo dei suoi personaggi o li osserva in modo distaccato? Da che cosa lo capisci?


8. Individua nel testo i passaggi che ti permettono di definire l’atteggiamento dei compagni del Riccetto, soffermandoti in modo particolare su indifferenza, disprezzo e derisione.


9. La preoccupazione del Riccetto per la rondine non si esaurisce nel salvataggio dalle onde del Tevere, ma prosegue anche dopo: in che modo?

COMPETENZE LINGUISTICHE

10. Lessico.rasente i muraglioni (rr. 19-20) significa

  • A sopra i muraglioni. 
    B sotto i muraglioni. 
  • C vicino ai muraglioni. 
  • D lontano dai muraglioni. 


11. Registri linguistici. Pasolini sceglie consapevolmente di adottare uno stile e una lingua che riflettano la realtà sociale che descrive. Per questo, oltre a parole ed espressioni in romanesco, nel brano sono presenti tratti linguistici tipici del parlato colloquiale. Riscrivi le espressioni evidenziate in un registro linguistico medio-standard.


a) continuava a starsene disteso 

 


b) senza dar retta ai nuovi venuti 

 


c) il Riccetto si rivoltò su un gomito 

 


d) disse allora rizzandosi in piedi il Riccetto 

 


e) «E che te frega» 

 


f) Gli altri si misero a gridargli dietro e a ridere 

 


g) lo videro che rimpiccioliva 

 


h) tentava d’acchiapparla 

 


Proviamo ora invece a fare il contrario. Nel testo vi sono anche espressioni che appartengono a un registro linguistico più lontano dal parlato, come qualcosa che aveva attratto la sua attenzione (rr. 12-13), nel centro vi si scorgeva (rr. 15-16), tutto proteso in avanti (r. 23): quali potrebbero essere dei sinonimi più colloquiali delle forme verbali aveva attratto, si scorgeva, proteso?

PRODURRE

12. Scrivi per riassumere. Sintetizza il brano che hai letto, prima in 15 righe, poi in 5.

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

Il rispetto per gli animali sta diventando, nella nostra società, sempre più importante: comportamenti una volta diffusi e considerati “normali” (indossare pellicce, legare i cani alla catena ecc.) sono oggi sempre più stigmatizzati. Qual è la tua posizione in merito? Pensi che questi atteggiamenti siano una conquista di civiltà o un’esagerazione?

 >> pagina 395 

Se ti è piaciuto…

Bad boys, bad girls

Pasolini non è stato certo il primo scrittore affascinato dalla vitalità di ragazzacci cresciuti al di fuori di ogni regola. I bad boys attraversano tutta la letteratura moderna, ora in chiave di commedia, ora in chiave drammatica, e dilagano al cinema. Proprio nel 1955, quando in Italia compariva Ragazzi di vita, negli Stati Uniti esplodeva il fenomeno di James Dean (1931-1955), che in Gioventù bruciata diede un’interpretazione, rimasta nel mito, dell’adolescente ribelle a ogni freno.

E le bad girls? La scrittrice americana Joyce Carol Oates (n. 1938) in Ragazze cattive ha raccontato la storia di una gang femminile che si scatena nella provincia americana degli anni Cinquanta: cinque ragazze dal passato burrascoso, che per fare muro contro la violenza, i pregiudizi e il maschilismo dell’epoca si uniscono nel gruppo segreto Foxfire. Una storia potente, dalla quale sono stati ricavati ben due film, nel 1996 e nel 2012.

Negli ultimi tempi, il tema dei bad boys è stato ripreso da Roberto Saviano (n. 1979), che nel romanzo La paranza dei bambini ha raccontato le imprese malavitose di un gruppo di ragazzini napoletani legati alla camorra. Maraja, Pesce Moscio, Dentino, Lollipop, Drone vogliono tutto, e subito. Parlano in dialetto, ma non hanno molto a che fare con le creature di Pasolini, che ancora – in un’Italia appena sfiorata dalla modernità – conservavano l’ingenuità e l’innocenza. In sella agli scooter impazzano armati per le vie della città, disposti ad ammazzare per un nonnulla.

L’emozione della lettura - edizione gialla - volume A
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Narrativa