E il padrone diceva che Malpelo era capace di schiacciargli il capo, a quel ragazzo,
e bisognava sorvegliarlo.
Finalmente un lunedì Ranocchio non venne più alla cava, e il padrone se ne lavò
225 le mani, perché allo stato in cui era ridotto oramai era più di impiccio che altro.
Malpelo si informò dove stesse di casa, e il sabato andò a trovarlo. Il povero Ranocchio
era più di là che di qua; sua madre piangeva e si disperava come se il figliuolo
fosse di quelli che guadagnano dieci lire la settimana.
Cotesto non arrivava a comprenderlo Malpelo, e domandò a Ranocchio perché
230 sua madre strillasse a quel modo, mentre che56 da due mesi ei non guadagnava nemmeno
quel che si mangiava. Ma il povero Ranocchio non gli dava retta; sembrava
che badasse a contare quanti travicelli c’erano sul tetto.57 Allora il Rosso si diede
ad almanaccare58 che la madre di Ranocchio strillasse a quel modo perché il suo figliuolo
era sempre stato debole e malaticcio, e l’aveva tenuto come quei marmocchi
235 che non si slattano59 mai. Egli invece era stato sano e robusto, ed era malpelo, e sua
madre non aveva mai pianto per lui, perché non aveva mai avuto timore di perderlo.
Poco dopo, alla cava dissero che Ranocchio era morto, ed ei pensò che la civetta
adesso strideva anche per lui la notte, e tornò a visitare le ossa spolpate del grigio,
nel burrone dove solevano andare insieme con Ranocchio. Ora del grigio non rimanevano
240 più che le ossa sgangherate, ed anche di Ranocchio sarebbe stato così.
Sua madre si sarebbe asciugati gli occhi,60 poiché anche la madre di Malpelo s’era
asciugati i suoi, dopo che mastro Misciu era morto, e adesso si era maritata un’altra
volta, ed era andata a stare a Cifali61 colla figliuola maritata, e avevano chiusa la
porta di casa. D’ora in poi, se lo battevano, a loro non importava più nulla, e a lui
245 nemmeno, ché quando sarebbe divenuto come il grigio o come Ranocchio, non
avrebbe sentito più nulla.
Verso quell’epoca venne a lavorare nella cava uno che non s’era mai visto, e si
teneva nascosto il più che poteva. Gli altri operai dicevano fra di loro che era scappato
dalla prigione, e se lo pigliavano ce lo tornavano a chiudere per anni ed anni.
250 Malpelo seppe in quell’occasione che la prigione era un luogo dove si mettevano i
ladri, e i malarnesi come lui, e si tenevano sempre chiusi là dentro e guardati a vista.
Da quel momento provò una malsana curiosità per quell’uomo che aveva provata
la prigione e ne era scappato. Dopo poche settimane però il fuggitivo dichiarò
chiaro e tondo che era stanco di quella vitaccia da talpa, e piuttosto si contentava di
255 stare in galera tutta la vita, ché la prigione, in confronto, era un paradiso, e preferiva
tornarci coi suoi piedi.
«Allora perché tutti quelli che lavorano nella cava non si fanno mettere in prigione?»,
domandò Malpelo.
«Perché non sono malpelo come te!», rispose lo sciancato. «Ma non temere, che
260 tu ci andrai! e ci lascerai le ossa!».
Invece le ossa le lasciò nella cava, Malpelo come suo padre, ma in modo diverso.
Una volta si doveva esplorare un passaggio che doveva comunicare col pozzo
grande a sinistra, verso la valle, e se la cosa andava bene, si sarebbe risparmiata una
buona metà di mano d’opera nel cavar fuori la rena. Ma a ogni modo, però, c’era
265 il pericolo di smarrirsi e di non tornare mai più. Sicché nessun padre di famiglia
voleva avventurarcisi, né avrebbe permesso che si arrischiasse il sangue suo,62 per
tutto l’oro del mondo.
Malpelo, invece, non aveva nemmeno chi si prendesse tutto l’oro del mondo
per la sua pelle, se pure la sua pelle valeva tanto: sicché pensarono a lui. Allora, nel
270 partire, si risovvenne63 del minatore, il quale si era smarrito, da anni ed anni, e cammina
e cammina ancora al buio, gridando aiuto, senza che nessuno possa udirlo.
Ma non disse nulla. Del resto a che sarebbe giovato? Prese gli arnesi di suo padre, il
piccone, la zappa, la lanterna, il sacco col pane, il fiasco del vino, e se ne andò: né
più si seppe nulla di lui.
275 Così si persero persin le ossa di Malpelo, e i ragazzi della cava abbassano la voce
quando parlano di lui nel sotterraneo, ché hanno paura di vederselo comparire dinanzi,
coi capelli rossi e gli occhiacci grigi.
Giovanni Verga, Rosso Malpelo, in I grandi romanzi e tutte le novelle, a cura di C. Greco Lanza, Newton, Roma 1996