«Bella gnocca», dissero in coro gli scarafaggi, che dalle nostre parti parlano piuttosto
110 colorito.
La sera dopo Pronto e Beauty uscirono di nuovo insieme. Dopo trenta secondi
Pronto chiese se poteva baciarla. Beauty ingoiò il gelato.
Iniziarono a baciarsi alle nove e un quarto e stando ad alcuni testimoni il primo
a respirare fu Pronto alle due di notte.
115 «Baci bene, dove hai impara…», voleva dire, ma Beauty gli si era incollata di nuovo
e finirono alle sei di mattina.
Quando tornò a casa e la mamma chiese: «Cos’hai fatto con quel ragazzo del motorino?»,
Beauty disse: «Niente mamma, solo due baci». Non mentiva, la ragazza.
Così l’amore tra i due illuminò il nostro quartiere, e ci sentivamo così felici che
120 quasi non rubavamo più.
Sì, eravamo tutti dei cittadini modello o quasi, finché un brutto giorno non arrivò
nel quartiere Joe Blocchetto, l’asso degli agenti della Polstrada. Arrivò con la divisa
di cuoio nera, stivali sadomaso9 e occhiali neri. Sopra il casco portava la scritta:
“Dio sa ciò che fai ogni ora, io quanto fai all’ora”.
125 Ogni motorizzato della città tremava quando sentiva il nome di Joe Blocchetto.
Non c’era mezzo al mondo che lui non avesse multato. Quando capitava in una
strada dove c’erano auto in sosta vietata, estraeva il blocchetto e sparava multe come
un mitra. Tutti, prima di parcheggiare, guardavano se Joe Blocchetto sostava nei paraggi.
Se non c’era, facevano la marcia indietro e quando si voltavano trovavano già
130 la multa sul tergicristallo. Così colpiva veloce e invisibile Joe Blocchetto, l’uomo che
aveva multato un carro armato perché non aveva i cingoli di scorta.
Joe arrivò una sera nel quartiere sulla sua Mitsubishi Mustang blindata, una moto
giapponese da duecento all’ora. Al suo passaggio i tergicristalli delle auto si rattrappivano
per la paura, e le gomme si sgonfiavano. Posteggiò davanti al bar ed entrò.
135 Si sfilò lentamente i guanti guardandoci con aria di sfida. Alla cintura gli vedemmo
i due blocchetti per le multe, calibro cinquantamila.
«Qualcuno di voi», disse, «conosce un certo Pronto Soccorso che si diverte a correre
da queste parti?».
Nessuno rispose. Nel silenzio Blocchetto fece risuonare gli stivali sul pavimento,
140 e si fermò alle spalle di un giocatore di carte.
«Lei è il signor Podda Angelo, proprietario di un’auto targata CRT 567734?».
«Sì», ammise il giocatore di carte.
«Tre anni fa io la multai perché aveva le gomme lisce. Dissi che se non le cambiava
la prossima volta le avrei ritirato la patente».
145 Nulla sfuggiva alla memoria di Joe Blocchetto.
«Allora», incalzò l’agente, implacabile, «vuole dirmi dove posso trovare Pronto
Soccorso o andiamo a dare una controllatina alla sua auto?».
«Parlerò», disse il giocatore. «Pronto passa tutte le sere all’incrocio di via Bulganin
con la quarantaduesima».
150 Era la verità. Dopo essere andato a prendere Beauty, tutte le sere Pronto attraversava
il grande incrocio. Passava col rosso a una velocità vicina ai centocinquanta,
con Beauty dietro che sventolava come un fazzoletto.
A quell’incrocio si mise in agguato Joe Blocchetto. Nascondersi era una sua specialità.
Sul cavalcavia proprio sopra l’incrocio c’era il cartellone pubblicitario di uno
155 spumante. Lo slogan diceva: “Sapore per pochi”. Era una foto di nobiluomini e
nobildonne che sorseggiavano coppe in un grande giardino. Sullo sfondo una villa
settecentesca, e sullo sfondo ancora le officine Bazzocchi fumanti e puzzolenti:
quella non era pubblicità, era il nostro quartiere. Appena messo su il cartellone
era stato affumicato dai miasmi industriali, e i nobiluomini e le nobildonne erano
160 neri di polvere e intossicati e sembravano dire: meno male che è un sapore per pochi.
Guardando bene la fotografia, tra i signori in smoking e le signore in lungo, si
poteva notare dietro il buffet un volto inconfondibile con gli occhiali neri. Era Joe
Blocchetto mimetizzato.