T4 - La storia di Pronto Soccorso e Beauty Case (S. Benni)

T4

Stefano Benni

La storia di Pronto Soccorso e Beauty Case

  • Tratto da Il bar sotto il mare, 1987
  • racconto
L’autore

Stefano Benni nasce a Bologna nel 1947. Nella sua carriera di scrittore, ha collaborato con vari periodici e quotidiani, tra cui “Cuore”, “il manifesto”, “MicroMega”, “Panorama” e “la Repubblica”. Fin dalla prima raccolta di racconti, Bar Sport (1976), Benni si distingue per l’estro comico e l’impegno satirico: trasfigura la realtà, facendola quasi esplodere a colpi di esagerazioni fantasmagoriche e intrecci elaborati e divertenti. Diversi sono i generi in cui si è cimentato, dalla poesia (Prima o poi l’amore arriva, 1981) al romanzo di fantascienza (Terra!, 1983), dalla raccolta di racconti (Il bar sotto il mare, 1987) alla prosa fantastica a sfondo ecologico-politico (Spiriti, 2000). Secondo la miglior tradizione del genere umoristico, le opere di Benni combinano il riso con la riflessione sulle tare della società e della cultura contemporanee.

Nel testo che fa da cornice alla raccolta l’io narrante incontra, durante una camminata su un molo, un elegante signore che si inchina davanti a lui e poi scende le scalette del pontile e si immerge in acqua, scomparendo. Incuriosito, lo segue fin sul fondo del mare, e da lì in un bar pieno di strambi avventori che, a uno a uno, raccontano una storia. Ora è il turno dell’uomo con gli occhiali neri, originario di Manolenza, un quartiere in cui… fare molta attenzione. Tra furti, gelati al mirtillo e prodezze da stuntman, sboccia l’amore tra uno spericolato asso dei motori e una bellissima aspirante parrucchiera. Ma l’ombra della legge incombe sulla giovane coppia e sulla felice anarchia del luogo.

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Audiolettura

Quando il gioco diventa duro i duri incominciano a giocare.

(John Belushi)


Il nostro quartiere sta proprio dietro la stazione. Un giorno un treno ci porterà via,
oppure saremo noi a portar via un treno. Perché il nostro quartiere si chiama Manolenza, 

5      entri che ce l’hai ed esci senza. Senza cosa? Senza autoradio, senza portafogli,
senza dentiera, senza orecchini, senza gomme dell’auto. Anche le gomme da masticare
ti portano via se non stai attento: ci sono dei bambini che lavorano in coppia,
uno ti dà un calcio nelle palle, tu sputi la gomma e l’altro la prende al volo. Questo
per dare un’idea.

10    In questo quartiere sono nati Pronto Soccorso e Beauty Case. Pronto Soccorso è
un bel tipetto di sedici anni. Il babbo fa l’estetista di pneumatici, cioè ruba gomme
nuove e le vende al posto delle vecchie. La mamma ha una latteria, la latteria più
piccola del mondo. Praticamente un frigo. Pronto è stato concepito lì dentro, a dieci
gradi sotto zero. Quando è nato invece che nella culla l’hanno messo in forno a 

15    sgelare.

Fin da piccolo Pronto Soccorso aveva la passione dei motori. Quando il padre
lo portava con sé al lavoro, cioè a rubare le gomme, lo posteggiava dentro il cofano
della macchina. Così Pronto passò gran parte della giovinezza sdraiato in mezzo
ai pistoni, e la meccanica non ebbe più misteri per lui. A sei anni si costruì da solo 

20    un triciclo azionato da un frullatore. Faceva venti chilometri con un litro di frappè:
dovette smontarlo quando la mamma si accorse che le fregava il latte.

Allora rubò la prima moto, una Guzzi Imperial Black Mammuth 6700. Per arrivare
ai pedali guidava aggrappato sotto al serbatoio, come un koala alla madre: e la
Guzzi sembrava il vascello fantasma, perché non si vedeva chi era alla guida.

25    Subito dopo Pronto costruì la prima moto truccata, la Lambroturbo. Era una
comune lambretta1 ma con alcune modifiche faceva i duecentosessanta. Fu allora
che lo chiamammo Pronto Soccorso. In un anno si imbussò2 col motorino duecentoquindici
volte, sempre in modi diversi. Andava su una ruota sola e la forava, sbandava
in curva, in rettilineo, sulla ghiaia e sul bagnato, cadeva da fermo, perforava 

30    i funerali, volava giù dai ponti, segava gli alberi. Ormai in ospedale i medici erano
così abituati a vederlo che se mancava di presentarsi una settimana telefonavano a
casa per avere notizie.

Ma Pronto era come un gatto: cadeva, rimbalzava e proseguiva. A volte dopo
esser caduto continuava a strisciare per chilometri: era una sua particolarità. Lo vedevamo 

35    arrivare rotolando dal fondo della strada fino ai tavolini del bar.

«Sono caduto a Forlì», spiegava.

«Beh, l’importante è arrivare», dicevo io.

Beauty Case aveva quindici anni ed era figlia di una sarta e di un ladro di Tir. Il
babbo era in galera perché aveva rubato un camion di maiali e lo avevano preso 

40    mentre cercava di venderli casa per casa. Beauty Case lavorava da aspirante parrucchiera
ed era un tesoro di ragazza. Si chiamava così perché era piccola piccola, ma
non le mancava niente. Era tutta curvettine deliziose e non c’era uno nel quartiere
che non avesse provato a tampinarla, ma lei era così piccola che riusciva sempre a
sgusciar via.

45    Era una sera di prima estate, quando dopo un lungo letargo gli alluci vedono
finalmente la luce fuori dai sandali. Pronto Soccorso gironzolava tutto pieno di
cerotti e croste sulla Lambroturbo e un chilometro più in là Beauty mangiava un
gelato su una panchina.

Aggiungo tre particolari:

50    Uno: in estate Beauty portava delle minigonne che la mamma le faceva con le
vecchie cravatte del babbo. Con una cravatta gliene faceva tre.

Due: quando Beauty si sedeva, accavallava le gambe come neanche la più topa
delle top model, le accavallava che una faceva le carezze all’altra, e aveva delle bellissime
gambe con la caviglia snella e scarpini rossi con un tacco che ti si infilzava 

55    dritto nel cuore.

Tre: quando Beauty leccava un gelato, tutto il quartiere si fermava. Avete presente
il film quando Biancaneve canta nella foresta, e si ritrova intorno tutti i coniglietti e
i daini e le tortore e i pappataci3 che cantano con lei? Bene, la scena era uguale, con
Beauty al centro che leccava il suo misto da mille4 e tutto intorno ragazzini ragazzacci 

60    e vecchioni che muovevano la lingua a tempo, perché venivano tutti i pensieri
del mondo, dai quasi casti ai quasi reato.

Allora, dicevamo che era una sera di prima estate e gli uccellini stavano sugli
alberi senza cinguettare perché col casino che faceva la moto di Pronto era fatica
sprecata. Si udì da lontano la famosa accelerata in quattro tempi andante mosso allegretto 

65    scarburato e poi Pronto arrivò nel vialetto dei giardini guidando senza mani
e con un piede che strisciava per terra, se no non era abbastanza pericoloso. Vide
Beauty e cacciò un’inchiodata storica. L’inchiodata per la verità non ci fu perché,
per motivi di principio, Pronto non frenava mai. La prima cosa che faceva quando
truccava un motorino era togliere i freni. «Così non mi viene la tentazione», diceva.

70    Quindi Pronto andò dritto e finì sullo scivolo dei bambini, decollò verso l’alto,
rimbalzò sul telone del bar, finì al primo piano di un appartamento, sgasò5 nel
tinello,6 investì un frigorifero, uscì nel terrazzo, piombò giù in strada, carambolò
contro un bidone della spazzatura, sfondò la portiera di una macchina, uscì dall’altra
e si fermò contro un platano.

75    «Ti sei fatto male?», disse Beauty.

«No», disse Pronto. «Tutto calcolato».

Beauty fece “ah” con la lingua mirtillata in bella vista. Restarono alcuni istanti a
guardarsi, poi Pronto disse:

«Bella la tua minigonna a pallini».

80    E Beauty disse:

«Belli i tuoi pantaloni di pelle».

Quali pantaloni? stava per chiedere Pronto. Poi si guardò le gambe: erano talmente
piene di crostoni, cicatrici e grattugiate sull’asfalto che sembrava avesse le
braghe di pelle. Invece aveva le braghe corte.

85    «Sono un modello Strade di Fuoco», disse. «Vuoi fare un giro in moto?».

Beauty ingoiò il gelato in un colpo solo, che era il suo modo per dire di sì.
Mentre saliva sulla moto, roteò la gamba interrompendo la pace dei sensi di diversi
vecchietti. Poi si strinse forte al petto di Pronto e disse:

«Ma tu la sai guidare la moto?».

90    A quelle parole Pronto fece un sorriso da entrare nella storia, sgasò una nube
di benzoleone7 e partì zigzagando contromano. Chi lo vide, quel giorno, dice che
faceva almeno i duecentottanta. La forza dell’amore! Si sentiva il rumore di quel
tornado che passava, e non si vedeva che un lampo di stella filante. Pronto curvava
così piegato8 che invece dei moscerini in faccia doveva stare attento ai lombrichi. E 

95    Beauty non aveva neanche un po’ di paura, anzi strillava di gioia. Fu allora che lui
capì che era la donna della sua vita.

Quando Pronto arrivò davanti a casa di Beauty, impennò la moto e Beauty volò
attraverso la finestra, precisa sulla poltrona del salotto. La mamma se la vide davanti
e disse:

100 «Dov’eri che non ti ho neanche sentita rientrare?».

In quello stesso momento si udì il rumore di Pronto che si fermava contro la saracinesca
di un garage. Si tirò su: la moto aveva perso una ruota e il serbatoio. Roba
da ridere: si riempì la bocca di benzina e tornò a casa su una ruota sola sputando un
sorso alla volta nel carburatore.

105 Si stese sul letto e dichiarò a quattro scarafaggi:

«Sono innamorato».

«E di chi?», chiesero quelli.

«Di Beauty Case».

«Bella gnocca», dissero in coro gli scarafaggi, che dalle nostre parti parlano piuttosto 

110 colorito.

La sera dopo Pronto e Beauty uscirono di nuovo insieme. Dopo trenta secondi
Pronto chiese se poteva baciarla. Beauty ingoiò il gelato.

Iniziarono a baciarsi alle nove e un quarto e stando ad alcuni testimoni il primo
a respirare fu Pronto alle due di notte.

115 «Baci bene, dove hai impara…», voleva dire, ma Beauty gli si era incollata di nuovo
e finirono alle sei di mattina.

Quando tornò a casa e la mamma chiese: «Cos’hai fatto con quel ragazzo del mo­torino?»,
Beauty disse: «Niente mamma, solo due baci». Non mentiva, la ragazza.

Così l’amore tra i due illuminò il nostro quartiere, e ci sentivamo così felici che 

120 quasi non rubavamo più.

Sì, eravamo tutti dei cittadini modello o quasi, finché un brutto giorno non arrivò
nel quartiere Joe Blocchetto, l’asso degli agenti della Polstrada. Arrivò con la divisa
di cuoio nera, stivali sadomaso9 e occhiali neri. Sopra il casco portava la scritta:
“Dio sa ciò che fai ogni ora, io quanto fai all’ora”.

125 Ogni motorizzato della città tremava quando sentiva il nome di Joe Blocchetto.
Non c’era mezzo al mondo che lui non avesse multato. Quando capitava in una
strada dove c’erano auto in sosta vietata, estraeva il blocchetto e sparava multe come
un mitra. Tutti, prima di parcheggiare, guardavano se Joe Blocchetto sostava nei paraggi.
Se non c’era, facevano la marcia indietro e quando si voltavano trovavano già 

130 la multa sul tergicristallo. Così colpiva veloce e invisibile Joe Blocchetto, l’uomo che
aveva multato un carro armato perché non aveva i cingoli di scorta.

Joe arrivò una sera nel quartiere sulla sua Mitsubishi Mustang blindata, una moto
giapponese da duecento all’ora. Al suo passaggio i tergicristalli delle auto si rattrappivano
per la paura, e le gomme si sgonfiavano. Posteggiò davanti al bar ed entrò. 

135 Si sfilò lentamente i guanti guardandoci con aria di sfida. Alla cintura gli vedemmo
i due blocchetti per le multe, calibro cinquantamila.

«Qualcuno di voi», disse, «conosce un certo Pronto Soccorso che si diverte a correre
da queste parti?».

Nessuno rispose. Nel silenzio Blocchetto fece risuonare gli stivali sul pavimento, 

140 e si fermò alle spalle di un giocatore di carte.

«Lei è il signor Podda Angelo, proprietario di un’auto targata CRT 567734?».

«Sì», ammise il giocatore di carte.

«Tre anni fa io la multai perché aveva le gomme lisce. Dissi che se non le cambiava
la prossima volta le avrei ritirato la patente».

145 Nulla sfuggiva alla memoria di Joe Blocchetto.

«Allora», incalzò l’agente, implacabile, «vuole dirmi dove posso trovare Pronto
Soccorso o andiamo a dare una controllatina alla sua auto?».

«Parlerò», disse il giocatore. «Pronto passa tutte le sere all’incrocio di via Bulganin
con la quarantaduesima».

150 Era la verità. Dopo essere andato a prendere Beauty, tutte le sere Pronto attraversava
il grande incrocio. Passava col rosso a una velocità vicina ai centocinquanta,
con Beauty dietro che sventolava come un fazzoletto.

A quell’incrocio si mise in agguato Joe Blocchetto. Nascondersi era una sua specialità.
Sul cavalcavia proprio sopra l’incrocio c’era il cartellone pubblicitario di uno 

155 spumante. Lo slogan diceva: “Sapore per pochi”. Era una foto di nobiluomini e
nobildonne che sorseggiavano coppe in un grande giardino. Sullo sfondo una villa
settecentesca, e sullo sfondo ancora le officine Bazzocchi fumanti e puzzolenti:
quella non era pubblicità, era il nostro quartiere. Appena messo su il cartellone
era stato affumicato dai miasmi industriali, e i nobiluomini e le nobildonne erano 

160 neri di polvere e intossicati e sembravano dire: meno male che è un sapore per pochi.
Guardando bene la fotografia, tra i signori in smoking e le signore in lungo, si
poteva notare dietro il buffet un volto inconfondibile con gli occhiali neri. Era Joe
Blocchetto mimetizzato.

Quella sera come tutte le sere Pronto Soccorso passò sotto la finestra di Beauty e 

165 la chiamò con un fischio. Beauty si lanciò dalla finestra atterrando sulla moto. Erano
ormai abilissimi in questa manovra. Quando arrivarono all’incrocio, il semaforo
era rosso. Appena Pronto lo vide lanciò la moto a tutta manetta. Fu allora che ci
fu movimento nel cartellone pubblicitario e si vide Joe Blocchetto farsi largo tra la
gente in abito da sera, ribaltare un vassoio di bicchieri e saltar giù nella strada.

170 Mancavano meno di cento metri all’incrocio. Pronto vide Joe attenderlo coi due
blocchetti di multe puntati e non esitò. Frenò con i piedi e fece girare la Lambroturbo
su se stessa. Mentre la moto ruotava vertiginosamente e mandava scintille, continuava
a frenare con tutto: con le mani, con la borsetta di Beauty, con le chiappe, con
un cacciavite che piantava nell’asfalto, con i denti. Uno spettacolo impressionante: 

175 il rumore era quello di una fresa,10 volavano in aria pezzi di strada e brandelli di
moto. Ma Pronto Soccorso fu grande. Con un’ultima sbandata azzannò l’asfalto e si
fermò esattamente con la ruota sulla striscia pedonale.

Joe Blocchetto ingoiò la bile e si avvicinò lentamente. La moto fumava come una
locomotiva e le gomme erano fuse. Joe Blocchetto girò un po’ intorno e poi disse:

180 «Gomme un po’ lisce, vero?».

«Quella moto le ha più lisce di me», disse Pronto.

«Quale moto?», disse Blocchetto, e si girò. Quando si rigirò Pronto aveva già
montato due gomme nuove.

Ma Blocchetto non si diede per vinto.

185 «Su questa moto non si può andare in due».

«E mica siamo in due».

Era vero. Non c’era più traccia di Beauty. Joe Blocchetto la cercò sotto il serbatoio,
ma non la trovò. Beauty si era infilata nella marmitta. Ma non resistette al calore e
dopo un po’ schizzò fuori mezzo arrostita.

190 Joe Blocchetto lanciò un urlo di trionfo.

«Duecentomila di multa più il ritiro della patente più le responsabilità penali
con la signorina minorenne. Hai chiuso con la moto, Pronto Soccorso!».

Dal cavalcavia dove osservavamo la scena, rabbrividimmo. Pronto senza moto
era come un fiore senza terra. Sarebbe avvizzito. E con lui quell’amore di cui tutti 

195 eravamo fieri. Che fare?

Joe aveva già appoggiato la penna sul blocchetto fatale quando sentì un rumore
di clacson. Si voltò e……

Tutta la strada era piena di auto. Alcune erano posteggiate contromano, altre
sul marciapiede: c’era chi l’aveva messa verticale appoggiata a un albero, chi sopra 

200 il tetto di un’altra. Due auto erano posteggiate a sandwich intorno alla moto di Joe
Blocchetto, una stava a ruote all’aria in mezzo al ponte con la scritta “Torno subito”.
Due camionisti facevano a codate con i rimorchi in mezzo allo svincolo dell’autostrada.
I vecchi del quartiere erano usciti con biciclette anteguerra e guidavano chi
senza mani, chi con un piede sul manubrio, chi in gruppi piramidali di cinque: 

205 sembrava il carosello11 dei carabinieri. Completavano il quadro una vecchietta che
guidava una mietitrebbia e sei gemelli su una bicicletta senza freni.

Joe Blocchetto prese a tremare come se avesse la malaria.12 Era in aspra tenzone13
con se stesso. Da una parte c’era Pronto in trappola, dall’altra la più spaventosa serie
di infrazioni mai vista a memoria di vigile. La mascella gli andava su e giù come un 

210 pistone.

Ed ecco che gli passò vicino un cieco su una Maserati14 rubata senza marmitta,
gli sgasò in faccia e disse:

«Ehi pulismano,15 dov’è una bella strada frequentata da far due belle pieghe a
tutta manetta?».

215 Joe Blocchetto si portò il fischietto alla bocca, ma non riuscì a cavarne alcun suono.
Stramazzò al suolo. Avevamo vinto.

Ora Joe Blocchetto è stato dimesso dal manicomio e dirige un autoscontro al
Luna Park.

Pronto e Beauty si sono sposati e hanno messo su un’officina.

220 Lui trucca le auto, lei le pettina.


Stefano Benni, La storia di Pronto Soccorso e Beauty Case, in Il bar sotto il mare, Feltrinelli, Milano 1987

 >> pagina 334 

a TU per TU con il testo

Può darsi che il narratore sembri fanfarone e raccontaballe. Com’è possibile essere talmente piccoli da stare nascosti in una marmitta? E andare a quasi trecento all’ora con un motorino, o guidare dopo aver perso anche il serbatoio della benzina? Per non parlare di croste e cicatrici, che addosso al nostro eroe sembrano addirittura pantaloni di pelle… Mai sottovalutare l’importanza dell’esagerazione: quando non diventa mitomania o autoinganno, è la nemica naturale della noia e della ristrettezza di vedute. Talvolta, ci aiuta a esprimere emozioni o sentimenti che altrimenti rimarrebbero tappati dentro, senza le parole o la forza per uscire. Il segreto per usarla è mantenere l’ironia “sempre innestata”, sapendo che spesso la vita esagera molto più di noi e della nostra immaginazione. A quel punto, saremo pronti a sfidare da pari a pari l’assurdo, invincibile per chi non lo affronti con le armi dello stupore e del riso.

 >> pagina 335 

Analisi

Il racconto si apre con la presentazione dello spazio in cui si svolgono le vicende, caratterizzato dal punto di vista sociale. Manolenza è un improbabile quartiere popolare di una grande città nel quale vige la regola del furto a oltranza, come del resto suggerisce il suo stesso nome, chiara allusione a “manolesta”, classico epiteto per ladri provetti, e forse anche alla lenza del pescatore, con cui s’acchiappano non solo pesci, ma anche allocchi e malcapitati. Sin dalle sequenze introduttive il narratore, interno e in prima persona, si presenta come un testimone oculare dei fatti, integrato nel contesto (Il nostro quartiere sta proprio dietro la stazione, r. 1), perfettamente solidale con i valori e le abitudini che vi regnano. Già dalle prime battute si capisce come il suo linguaggio sia aderente all’ambiente: paratassi, espressioni colorite, lessico informale, non senza qualche divertita concessione al turpiloquio, sono strumenti espressivi naturali per chi vive a Manolenza.

Dopo la rapida descrizione dello scenario delle vicende, il racconto prosegue con una classica presentazione dei personaggi principali, compiuta secondo i canoni (caratterizzazione fisica, psicologica, sociale ecc.), ma ricca di elementi assurdi e marcatamente comici, proposti come se fossero perfettamente normali. Abbiamo così Pronto Soccorso concepito in un frigorifero (r. 13), un triciclo che va a frappè (r. 20), le minigonne di Beauty Case cucite con vecchie cravatte (rr. 50-51). Particolarmente creativi sono i resoconti dei ripetuti e rocamboleschi incidenti di Pronto Soccorso, ai quali il giovane pilota deve il suo nome (Andava su una ruota sola e la forava, sbandava in curva, in rettilineo, sulla ghiaia e sul bagnato, cadeva da fermo, perforava i funerali, volava giù dai ponti, segava gli alberi, rr. 28-30). Questa sequenza illustra il meccanismo comico attraverso cui Benni costruisce il racconto, basato soprattutto sull’iperbole e su un crescendo esilarante, un vero e proprio climax, in cui la fantasia sconfina nel gusto per l’assurdo: non basta impennare; il protagonista è capace persino di segare gli alberi con la sua moto…

Quando Pronto Soccorso vede per la prima volta Beauty Case, seduta su una panchina e intenta a leccare un gelato, tira un’inchiodata storica (r. 67) che però non è un’inchiodata, visto che il giovane ha preventivamente tolto i freni dal motorino per non rischiare di usarli. Il primo incontro risulta fatale, e i due si amano a prima vista: lo spericolato centauro carica la ragazza sul motorino e la porta a scorrazzare per Manolenza come un tornado invisibile a occhio nudo.

Per i due comincia un idillio amoroso che, tuttavia, è presto interrotto dall’arrivo del­l’antagonista, Joe Blocchetto, anch’esso forgiato da Benni all’insegna dell’iperbole. Il temibile vigile è dipinto infatti come una specie di ufficiale nazista: implacabile, inflessibile, dotato di memoria sovrumana e di straordinarie capacità mimetiche, oltre che di una devozione patologica per il codice della strada. Dopo che un flashback ha descritto le sue gesta passate, Joe arriva a Manolenza e mette subito gli occhi su Pronto Soccorso, vero re della trasgressione. Lo scontro è inevitabile ma, alla fine, il perfido tutore della legge viene sconfitto dalla solidarietà degli abitanti del quartiere, che vanno in aiuto dei giovani “eroi” quando sono ormai spacciati, dando vita alla più spaventosa serie di infrazioni mai vista a memoria di vigile (rr. 208-209). Parcheggi impossibili e vecchietti in bicicletta uno sull’altro spingono il malcapitato Joe sull’orlo di una crisi di nervi, e un cieco su una Maserati rubata senza marmitta (r. 211), poco dopo, gli dà il colpo di grazia.

 >> pagina 336 

È interessante riflettere su un altro meccanismo chiave della comicità di Benni, che si diverte a dotare il narratore di uno speciale talento per la similitudine, la metafora e l’invenzione di immagini – abbiamo detto – iperboliche, che fanno sconfinare la vicenda e i suoi protagonisti nel territorio dell’inverosimile. Si verifica quello che i critici chiamano “sfondamento del realismo”, cioè il passaggio dalla narrazione di eventi possibili a quella di eventi incomprensibili secondo le leggi razionali con cui solitamente interpretiamo la realtà. Per esempio, Joe Blocchetto è talmente bravo a mimetizzarsi che si nasconde all’interno del cartellone pubblicitario di uno spumante; quando passa lui, tra le gomme e i tergicristalli dilaga il panico; oppure, per non farsi multare, Pronto usa per frenare persino le chiappe (r. 173), un cacciavite che pianta nell’asfalto, e i denti. Tutto il racconto è impreziosito da queste fantasiose fughe nell’impossibile, che però avvengono a partire da elementi reali: Benni dosa così gli elementi, mettendoci sotto gli occhi situazioni quotidiane (il teppista con il motorino truccato, il vigile severo, la fatalona aspirante parrucchiera, il quartiere ad alto tasso di delinquenza) trasferite, attraverso l’esagerazione “a catena”, nel regno del fantastico.

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Quali dei seguenti luoghi, tipici di un quartiere cittadino, sono presenti nel racconto? (sono possibili più risposte)

  • A La piazza del mercato. 
    B Un giardino pubblico, con panchine e giochi per i bambini. 
  • C L’ufficio postale. 
  • D Un bar. 
  • E Un cavalcavia trafficato. 
  • F Un centro sportivo. 


2. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false, poi correggi quelle false.


a) Manolenza è un quartiere popolare in cui il furto e l’arrangiarsi sono la regola di vita.

  •   V       F   

b) Pronto Soccorso è chiamato così perché, essendo maldestro, si fa male in continuazione.

  •   V       F   

c) Beauty Case si chiama così perché fa l’estetista.

  •   V       F   

d) Pronto e Beauty si vedono per la prima volta una sera di inizio estate.

  •   V       F   

e) La storia d’amore tra Pronto e Beauty è osteggiata dalle famiglie e dall’intero quartiere.

  •   V       F   

f) Joe Blocchetto arriva a Manolenza perché ha sentito parlare di Pronto Soccorso.

  •   V       F   


3. Riempi gli spazi vuoti di questo breve riassunto del brano scegliendo le parole opportune nell’elenco in fondo. Fai attenzione: ci sono delle parole in più!


abitanti • adolescente • agente • altolocato • auto • grande • intento • ladro • malfamato • minuscola • moto • pneumatici • quindicenne • sarta • ufficiale • uomo


Pronto Soccorso è un giovane                                                           che vive in un quartiere                                                           . Suo padre vende                                                           rubati, mentre la madre ha una                                                           latteria. È fidanzato con Beauty Case, una bella                                                           figlia di una                                                           e di un                                                           di TIR. Mentre e due ragazzi stanno facendo un giro in                                                           , vengono fermati da Joe Blocchetto, un                                                           della Polstrada, che vorrebbe multare Pronto Soccorso ma viene distolto dal suo                                                           grazie all’intervento degli altri                                                           del quartiere.

 >> pagina 337 

ANALIZZARE E INTERPRETARE

4. Il narratore della vicenda è interno e testimone: da che cosa lo capisci?


5. Nella descrizione di Beauty Case, quali caratteristiche della ragazza vengono messe in evidenza? Giustifica la tua risposta citando opportuni passi del testo.


6. Rifletti sulla descrizione di Joe Blocchetto: a quali personaggi stereotipati è ispirata, secondo te?

COMPETENZE LINGUISTICHE

7. Coordinazione e subordinazione. Il narratore della storia di Pronto Soccorso e Beauty Case usa, di preferenza, la paratassi e il punto fermo. Prova a riscrivere alcuni passi del racconto variandone la struttura sintattica (se necessario, puoi modificare leggermente il testo originale):


a) nel passo Ogni motorizzato della città […] i cingoli di scorta (rr. 125-131) inserisci una volta i due punti e le congiunzioni eppure, poiché, dunque;

b) nel passo Quella sera […] saltar giù nella strada (rr. 164-169) inserisci una volta i due punti e le congiunzioni infatti, benché, ma.


8. Lessico. … non c’era uno nel quartiere che non avesse provato a tampinarla (rr. 42-43). Che cosa significa tampinarla?

  • A Parlarle. 
    B Importunarla. 
  • C Guardarla. 
  • D Trattenerla. 


9. Neologismi. Se provi a cercare l’aggettivo mirtillata (r. 77) sul dizionario è probabile che non lo troverai: si tratta infatti di un neologismo, cioè di una parola nuova inventata dall’autore, la quale però non ha incontrato successo e non è entrata nel nostro lessico (qui significa “rossa come un mirtillo”). Ecco un elenco di parole nuove che sono invece diventate di uso corrente e sono quindi state registrate nei più recenti dizionari. Ne conosci il significato?


a) pullmanista (o pulmanista)

 


b) bullizzare

 


c) petaloso

 


d) ghosting

 


e) legnameria

 


f) influencer

 


g) friendzonare

 

Scrivere correttamentE

10. Pronomi. In estate Beauty portava delle minigonne che la mamma le faceva con le vecchie cravatte del babbo (rr. 50-51). In questa frase l’autore, imitando il linguaggio colloquiale, trasgredisce la norma grammaticale e inserisce un pronome di troppo. Individualo e riscrivi la frase in modo corretto.

PRODURRE

11. Scrivere per raccontare. Prova a immaginare una conclusione diversa del racconto, partendo dai puntini di sospensione presenti nel testo (r. 197: Si voltò e…).

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

CINEMA

Benni pone in epigrafe al racconto una frase celebre dell’attore John Belushi: «Quando il gioco diventa duro i duri incominciano a giocare». John Belushi è uno dei protagonisti del film cult The Blues Brothers (1980), diretto da John Landis, che probabilmente è una delle fonti di ispirazione dell’autore. Conosci questo film? La sua comicità ti sembra simile o diversa da quella di Benni?

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

  • Chi, tra i tuoi amici e conoscenti, ha soprannomi buffi ma efficaci come quelli dei protagonisti del racconto?
  • Pronto e Beauty vivono in un quartiere popolare, piuttosto povero, ma in cui c’è una grande solidarietà tra gli abitanti. È vera, secondo te, l’opinione comune secondo cui nelle zone e nelle situazioni più disagiate le persone sono più disposte ad aiutarsi reciprocamente?

L’emozione della lettura - edizione gialla - volume A
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Narrativa