T3 - Il leone, la volpe e il cervo (Esopo)

T3

Esopo

Il leone, la volpe e il cervo

  • Tratto da Favole
  • Titolo originale Aisopou mythoi, VII-VI sec. a.C.
  • Lingua originale greco antico
  • favola
L’autore

Esopo è uno scrittore greco, vissuto tra il VII e il VI secolo a.C. Della sua vita abbiamo scarne notizie, in massima parte provenienti da una biografia romanzata intitolata Romanzo di Esopo. Originario della Frigia o della Tracia, si dice che fosse balbuziente, gobbo e deforme. Fu schiavo presso la città di Samo e in seguito, una volta liberato, viaggiò a lungo in Oriente, tra Babilonia, l’Egitto e la Grecia. Morì giustiziato dai cittadini di Delfi, pare offesi dalla sua satira acuminata. Tuttavia, secondo il mito, il dio Apollo vendicò l’uccisione di Esopo rendendogli fama immortale. Autore di circa 500 favole allegoriche, per lo più con animali come protagonisti, è considerato il creatore e il capostipite del genere.

Il re della foresta non può cacciare. A soccorrerlo ci pensa la volpe, sua astuta amica, pronta ad approfittare della stolta e ambiziosa vanità del cervo.

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Audiolettura

Un leone, che giaceva ammalato in una caverna, disse alla volpe che gli era affezionata
e veniva a visitarlo: «Se tu vuoi che io guarisca e che viva, devi, con le tue
dolci parole, abbindolare quel gran cervo che abita nel bosco e spingerlo tra le mie
zampe: ho una gran voglia delle sue viscere e del suo cuore». La volpe andò, trovò 

5      il cervo che scorrazzava tra i boschi, e, tutta complimentosa, lo salutò, dicendogli:
«Son venuta a portarti una bella notizia. Il leone nostro re, che, come sai, è mio
vicino di casa, è ammalato, ormai in punto di morte. Egli ha dunque pensato quale
delle bestie dovrà succedergli nel regno. Il cinghiale, diceva, è uno stupido, l’orso è
balordo, la pantera è collerica, la tigre è tutta fanfaronate; il più adatto a fare il re è il 

10    cervo, che ha una bella statura, che vive per molti anni, che con le corna fa paura ai
serpenti… Ma perché farla lunga? In conclusione, sei stato scelto per essere re. E per
me che son stata la prima a dirtelo, che regalo ci sarà? Su, dimmelo, ché ho fretta;
ho paura che mi cerchi di nuovo, perché in tutte le faccende ricorre sempre al mio
consiglio. Se dai retta a me che son vecchia, io ti consiglierei di venire anche tu e di 

15    stargli vicino finché non muore». Così disse la volpe.

A queste parole il cervo si montò la testa, e, ignaro di quel che l’aspettava, s’avviò
verso la caverna. Il leone si precipitò d’un balzo su di lui, ma riuscì soltanto a lacerargli
le orecchie con gli artigli, mentre quello riparava di corsa tra i boschi. La volpe
batté le mani, disperata d’aver sprecato le sue fatiche. Il leone piangeva, ruggendo a 

20    gran voce, vinto dalla fame e dal dolore, e scongiurava la volpe di fare un’altra prova
e di escogitare uno stratagemma per portarglielo di nuovo. Quella gli rispose: «Difficile
e faticoso è quel che tu mi ordini. Tuttavia ti presterò ancora il mio aiuto». E
come un segugio gli andò dietro, macchinando trappolerie e domandando ai pastori
se avevano veduto un cervo insanguinato. Quelli la indirizzarono nel bosco, dove 

25    essa lo trovò che riprendeva fiato, e sfacciatamente gli si fermò davanti. Il cervo,
pieno d’ira e con il pelo rabbuffato, gridò: «Non mi prenderai più, sporca bestiaccia;
se ti avvicini a me sei morta. Va’ a volpeggiare1 con quelli che non ti conoscono, Va’
a scegliere qualcun altro per farlo re e per montargli la testa». E la volpe rispose: «Ma
perché sei vile e pauroso? Perché sospetti di noi, tuoi amici? Il leone t’aveva afferrato 

30    per le orecchie perché voleva darti dei suggerimenti e delle istruzioni sulla tua importante
missione di re, prima di morire. E tu non sei stato capace di sopportare il
graffio della zampa d’un povero malato! Ora egli è più adirato di te, e vuol lasciare
il regno al lupo. Ahimè, che brutto padrone! Ma su, vieni, non aver paura, e non
comportarti come una pecora. Ti giuro, per tutte le foglie e per tutte le fonti, che il 

35    leone non ti farà nulla di male; quanto a me, sarò soltanto ai tuoi servizi».

Ingannando in tal modo il disgraziato, lo indusse a tornarvi. E quando fu entrato
nella caverna, il leone ebbe il suo pranzo e si succhiò tutte le ossa, le midolla e le viscere
del cervo. La volpe stava là a guardarlo: cadde per terra il cuore, ed essa l’afferrò
e se lo mangiò come compenso delle sue fatiche. Il leone, intanto, facendo passare 

40    tutti i pezzi, non riusciva a trovare il cuore. La volpe, fermandosi un po’ lontano, gli
disse: «Ma quello, di cuore non ne aveva. Inutile cercare; che cuore vuoi che avesse
uno che per due volte è venuto nella tana, anzi proprio tra le zampe del leone?».

Il desiderio degli onori turba la mente umana e oscura la visione dei pericoli.


Esopo, Favole, trad. di E. Ceva Valla, Rizzoli, Milano 1980

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a TU per TU con il testo

Nel regno degli animali ogni debolezza può essere fatale. I personaggi di Esopo si incidono nel nostro animo con i loro temperamenti, specchio dei vizi e delle virtù degli uomini: il leone, tirannico e capriccioso; la volpe astuta, pronta a dire falsità; il cervo vanaglorioso. Quelle che paiono soltanto favolette leziose, sono in realtà fotografie di caratteri e situazioni in cui sovente ci imbattiamo. Anche noi siamo spesso aquile senza cuore, asini avventati, o lupi famelici pronti a sbranare d’un colpo qualche preda indifesa… Con un sorriso amaro e bonario, Esopo ci insegna senza sconti la crudeltà della vita, le ipocrisie e gli inganni che si celano nell’insidiosa rete delle relazioni sociali.

Analisi

La favola Il leone, la volpe e il cervo è un’allegoria ironica e pungente sugli effetti nefasti del desiderio degli onori (r. 43), come recita la sentenza morale posta in conclusione. Secondo i canoni del genere favolistico, gli animali incarnano tipi umani e la vicenda narrata propone un modello – estremamente semplificato e per questo esemplare – dei duri rapporti sociali che li legano. Infatti, la società rappresentata “in piccolo” dalle favole è improntata a un realismo senza facili consolazioni: tra gli animali di Esopo vale una sorta di legge della giungla, che rende pericolosa la convivenza e utopica l’uguaglianza tra gli individui. In questa e in altre favole di Esopo il leone, infatti, è l’incarnazione assoluta del “più forte”: nell’ambito dell’esistenza umana simboleggia chi è favorito dalla potenza fisica, da una maggiore disponibilità economica o da qualche altra qualità che gli conferisce una supremazia sui più deboli.

In questo caso, il re degli animali è fortemente indebolito da una malattia che limita il suo dominio: non è più in grado di cacciare e per questo si rivolge alla volpe, sua amica, affinché attiri un cervo nella sua tana. La volpe è dotata di un potere diverso, quello insito nelle astuzie del linguaggio. Raggiunto il cervo, essa mette in atto una serie di efficaci tecniche di persuasione, basate sull’inganno, sull’adulazione (tutta complimentosa, lo salutò, r. 5) e sul paragone tendenzioso con gli altri. Nella menzogna sulla presunta successione al trono, infatti, spiega che soltanto il cervo è adatto a essere re, caratterizzando negativamente gli altri animali (il cinghiale ottuso, la pantera collerica ecc.) e facendo leva sul suo insito bisogno di primeggiare. Il cervo, tronfio e lusingato, si risolve a seguire la volpe nella tana del leone, dove per miracolo scampa alla morte, evitando di trasformarsi in una succosa portata che plachi la fame del malato.

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Quando la volpe ritorna alla carica, la sua abilità manipolatrice risulta più efficace che in precedenza: prima contraddice le idee del cervo, facendolo sentire in colpa per aver dubitato della buona fede dei suoi “amici” (Perché sospetti di noi, tuoi amici?, r. 29), poi costruisce una versione dei fatti subdola e falsa, sfrutta il senso di colpa della vittima, rinfacciandogli tra le righe di non aver approfittato del grande dono ricevuto, e infine agita lo spauracchio del lupo (un brutto padrone, r. 33) insinuando che sarebbe un vero codardo a non accettare l’offerta. Il cervo cade nell’elaborato inganno, risolvendosi a tornare nella caverna: ciò che accade del malcapitato, Esopo lo racconta non rinunciando a una descrizione macabra, quasi pulp.

Durante il banchetto il cuore del povero cervo – che il leone desiderava per sé – cade al suolo; la volpe, senza esitare, si avventa su di esso e lo divora. Poco dopo, non trovando la primizia, il leone si rivolge alla volpe, che si trae d’impaccio attraverso l’ennesimo inganno, basato sul gioco tra il significato letterale e quello figurato di cuore, inteso come sede del pensiero e della coscienza.

La morale che chiude la storia riguarda l’accecamento della ragione provocato dalle seduzioni della fama e del potere: il cervo cede alle lusinghe e ai sogni di gloria, e per questo finisce divorato. Tuttavia, la favola contiene un altro e più profondo insegnamento, lasciato implicito e riguardante le macchinazioni della volpe: attraverso la forza della parola è possibile compiere imprese a prima vista impossibili. L’astuzia – che fa spesso leva sulle debolezze dell’animo – è un’arma molto più efficace della forza bruta.

Laboratorio sul testo

Comprendere

1. Metti in ordine cronologico gli eventi narrati, associando un numero progressivo da 1 a 8.

  • a) La volpe dice al cervo che il leone vuole nominarlo suo successore.
  • b) Il cervo viene sbranato dal leone.
  • c) Il leone malato ha voglia di mangiare il cuore del cervo.
  • d) Il cervo va dal leone, che tenta di sbranarlo, ma riesce a fuggire.
  • e) La volpe convince il cervo dicendo che il leone intende nominare il lupo come proprio successore.
  • f) Il leone chiede aiuto alla volpe per catturare il cervo.
  • g) Il leone chiede alla volpe di escogitare un altro stratagemma.
  • h) Il cervo non vuole parlare con la volpe.


2. Quali tra i seguenti aggettivi puoi attribuire a ciascuno dei personaggi? Completa la tabella (non tutti devono essere utilizzati). 


• forte • astuta • vigliacco • manipolatrice • vanitoso • amichevole • ingenuo • melliflua • violento • esperta


Leone  
Volpe  
Cervo  

3. Quale delle seguenti riformulazioni della morale che conclude la favola ti sembra più corretta?

  • A Quando vogliamo costruirci una buona reputazione, siamo molto emozionati e spesso non ci rendiamo conto di essere in pericolo. 
    B La nostra capacità di giudizio diminuisce notevolmente quando ci affanniamo a raggiungere qualche posizione di prestigio, e questo ci porta a correre dei seri rischi. 
  • C Non riusciamo a vedere i pericoli che incombono su di noi quando la nostra mente non è sufficientemente concentrata. 
  • D Gli animali non hanno la capacità, propria invece degli uomini, di rendersi conto immediatamente di trovarsi in pericolo.

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Analizzare e interpretare

4. Quando il leone chiede aiuto alla volpe, è consapevole degli strumenti che essa userà per attirare il cervo nella grotta?


5. Il cervo, dopo essere sfuggito una prima volta al leone, si è reso conto del modo in cui la volpe lo ha raggirato?


6. Individua tutte le espressioni che si riferiscono alle capacità e all’astuzia della volpe. Sono espressioni che connotano positivamente questa caratteristica? Esponi le tue considerazioni.

competenze linguistiche

7. Derivazione. Nella favola è usato il verbo volpeggiare (r. 27) un verbo che deriva dal sostantivo “volpe” e dal suffisso “-eggiare”, che significa “comportarsi come una volpe”. Esistono altri verbi costruiti con lo stesso suffisso, per esempio: “serpeggiare”, “gigioneggiare”, “pavoneggiarsi”, “maramaldeggiare”, “tiranneggiare”. Che cosa significano questi verbi? Ti sembra che il suffisso modifichi sempre nello stesso modo il sostantivo? Accade lo stesso in verbi come “temporeggiare”, “armeggiare”, “guerreggiare”, “satireggiare”, o in questi casi il suffisso modifica il sostantivo in modo diverso?


8. Lessico. I registri linguistici. L’espressione la tigre è tutta fanfaronate (r. 9) appartiene a un registro colloquiale. Se volessimo sostituirla con un’espressione più formale diremmo:

  • A La tigre è davvero impertinente. 
    B La tigre non conosce limiti alla sua superbia. 
  • C La tigre ostenta attitudini di cui in realtà è sprovvista. 
  • D La tigre ha atteggiamenti insopportabili per chiunque. 


9. Lessico. I sinonimi. Il cervo si montò la testa (r. 16): tra i seguenti aggettivi ce n’è solo uno che non potrebbe essere attribuito a chi “si monta la testa”. Quale?

  • A Presuntuoso. 
    B Borioso. 
  • C Altezzoso. 
  • D Arrogante. 
  • E Facinoroso. 
    F Spocchioso. 
  • G Superbo. 
  • H Sprezzante. 


10. Lessico. Quello riparava di corsa tra i boschi (r. 18): qual è, in questo contesto, l’esatto significato del verbo riparare?


11. Linguaggio figurato. Alla fine della fiaba la volpe usa il termine “cuore” non per indicare l’organo, ma in senso figurato, per indicare qualità come la coscienza e la capacità di discernimento. Quali modi di dire che utilizzano la parola “cuore” conosci? Indicane almeno tre e poi scrivi una frase per ciascuno di essi.

Produrre

12. Scrivere per raccontare. Che cosa sarebbe accaduto se il cervo non fosse caduto nella trappola della volpe? Prova a inventare un diverso finale della favola, sempre rispettando i caratteri di ciascun animale.


13. Scrivere per persuadere. Immagina di essere la volpe e di dover convincere uno degli altri animali citati ad accettare il ruolo di successore del leone…

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

                          

Le favole antiche hanno una morale universale, ma spesso dura e spietata. Ti sembra che possano essere attuali anche oggi, in una società molto diversa da quella in cui sono nate? Il giovane artista che ha presentato questo lavoro alla Biennale di Venezia nel 2001 sembra suggerirci che, guardandosi intorno in metropolitana, si vedano persone “tipizzate” che ricordano i caratteri degli animali delle favole. E tu? Che animali vedi intorno a te? Qual è la “morale della favola” che ti circonda? Prepara una breve esposizione orale (cinque minuti circa).

L’emozione della lettura - edizione gialla - volume A
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Narrativa