Alla ricerca di un tetto (J.D. Salinger)

Lavoriamo sui testi

Analizziamo insieme

Jerome David Salinger

(New York 1919-Cornish, New Hampshire, 2010)

Alla ricerca di un tetto

  • Tratto da Il giovane Holden, 1951
  • Titolo originale The Catcher in the Rye
  • Lingua originale inglese
  • romanzo

La storia del giovane Holden è ambientata negli Stati Uniti, intorno al 1950. A raccontarla in prima persona è il sedicenne Holden Caulfield, espulso da un college in Pennsylvania, dove proprio non gli andava di studiare. Insofferente, attaccabrighe, disorientato, il ragazzo decide di rientrare nella sua città, New York: ma invece di tornare a casa si ferma in un albergo di infima categoria.

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Audiolettura

Quando scesi alla Penn Station,1 la prima cosa che
feci fu di infilarmi nella cabina telefonica. Avevo
voglia di chiamare qualcuno. Lasciai le valige proprio
davanti alla cabina, così potevo tenerle d’occhio, 

5      ma appena fui dentro non mi venne in mente
nessuno a cui poter telefonare. Mio fratello D.B.
era a Hollywood. La mia sorella piccola, Phoebe, va
a letto verso le nove – perciò lei non potevo chiamarla.
Non è che si sarebbe seccata se la svegliavo, 

10    ma il guaio era che non avrebbe risposto lei. Avrebbero
risposto i miei genitori. Quindi niente da fare.
Allora pensai di fare una telefonata alla madre di
Jane Gallagher2 per sapere quando cominciavano le
vacanze di Jane, ma non ne avevo voglia. Del resto, 

15    era un po’ tardi per chiamare. Poi pensai di chiamare
quella ragazza con la quale prima uscivo sempre,
Sally Hayes, perché sapevo che lei era già in vacanza
– mi aveva scritto quella pizza di una lettera per
invitarmi ad aiutarla a decorare l’albero la vigilia di 

20    Natale e via discorrendo – ma avevo paura che rispondesse
sua madre. Sua madre conosceva la mia,
e già la vedevo che si rompeva una dannata gamba
per correre a telefonare a mia madre che io ero a
New York. Del resto, non è che l’idea di parlare al
telefono con la vecchia signora Hayes mi mandasse 

25    in sollucchero.3 Una volta aveva detto a Sally
che ero uno scalmanato. Aveva detto che ero uno
scalmanato e che non avevo nessuna meta nella
vita. Allora pensai di chiamare quel tale che stava
a Whooton4 quando c’ero anch’io, Carl Luce, ma 

30    non era un tipo che mi piacesse molto. Così andò a
finire che non chiamai nessuno. Uscii dalla cabina,
circa venti minuti dopo, presi le mie valige e andai
a quel tunnel dove ci sono i tassì e presi un tassì.

Sono così maledettamente distratto che all’autista 

35    diedi l’indirizzo di casa mia, per pura abitudine e
compagnia bella. Voglio dire, mi ero completamente
dimenticato che per un paio di giorni mi ero proposto
di rintanarmi in un albergo e di non andare
a casa finché non cominciavano le vacanze. Non ci 

40    pensai finché non arrivammo a metà del parco. Allora
dissi: «Ehi, le spiace di tornare indietro, appena è
possibile? Le ho dato un indirizzo sbagliato. Voglio
tornare giù in città».

L’autista era un dritto. «Qui non posso girare, amico. 

45    C’è un senso unico. Ormai devo arrivare fino alla
Novantesima Strada».

Non avevo voglia di far discussioni. «D’accordo»,
dissi. Poi, di colpo, mi tornò in mente una cosa.

«Senta un po’», dissi. «Sa le anitre che stanno in 

50    quello stagno vicino a Central Park South? Quel
laghetto? Mi saprebbe dire per caso dove vanno le
anitre quando il lago gela? Lo sa, per caso?». Mi rendevo
conto che c’era soltanto una probabilità su un
milione.

55    Lui si girò a guardarmi come se fossi matto. «Che ti
salta in testa, amico?», disse. «Mi prendi per fesso?».

«No, mi interessava, ecco tutto».

Lui non disse più niente, e io nemmeno. Finché
non uscimmo dal parco alla Novantesima Strada. 

60    Allora disse: «Ci siamo, amico. Dove?».

«Be’, è che non voglio fermarmi in un albergo
dell’East Side, dove potrei incontrare qualche conoscente.
Sono qui in incognito», dissi. Detesto di
dire cose da bullo come “Sono qui in incognito”. Ma 

65    quando ho da fare coi bulli faccio il bullo anch’io.
«Mi saprebbe dire chi suona al Taft o al New Yorker,5
per caso?».

«Non ne ho la più pallida idea, compare».

«Be’… mi porti all’Edmont, allora», dissi. «Vuole 

70    fermarsi lungo la strada e prendere un cocktail con
me? Offro io. Sono ben fornito».

«Non posso, amico. Mi spiace». Era senza dubbio
un’ottima compagnia. Una personalità formidabile.

Arrivammo all’albergo Edmont e io entrai. Mi ero 

75    messo il mio berretto da cacciatore, in tassì, tanto per
fare una cosa, ma prima di entrare me lo tolsi. Non
volevo aver l’aria di un pazzoide o che so io. Che è
proprio da ridere. Ancora non sapevo che quel dannato
albergo era pieno di pervertiti e di sudicioni. 

80    Pazzoidi a strabenedire.


J.D. Salinger, Il giovane Holden, trad. di A. Motti, Einaudi, Torino 2008

L’emozione della lettura - edizione gialla - volume A
L’emozione della lettura - edizione gialla - volume A
Narrativa