1. Che cos’è lo stile

1. Che cos’è lo stile

Romanzi e racconti, come ogni altro testo letterario, sono composti di un materiale speciale: le parole. Temi, ambientazioni, personaggi, tecniche narrative: ciascun aspetto dell’opera dipende dal modo in cui l’autore monta insieme i mattoni della lingua, ottenendo determinati effetti e significati.

L’insieme delle scelte linguistiche compiute da un autore è chiamato stile, e costituisce forse l’oggetto più affascinante per i lettori e gli studiosi di testi letterari. Gli aspetti stilistici, infatti, non sono semplicemente un modo per abbellire i contenuti, ma veicolano essi stessi significati e valori espressivi, legati alle intenzioni personali dell’autore, al genere letterario, al carattere dei personaggi, e a molti altri parametri che stanno dentro e fuori dall’opera. Lo stile è così importante in letteratura perché lo è anche nella vita: ogni libro, infatti, è scritto in un linguaggio particolare e in questo è simile a un individuo, che possiede un modo personale di presentarsi e di esprimersi (non soltanto linguistico), legato alla sua indole e alle sue esperienze.

Per analizzare fino in fondo il testo narrativo, dobbiamo saperne distinguere i meccanismi, isolando i diversi piani stilistici e osservando come interagiscono tra loro, per comporre una specie di macchinario o di organismo più grande. I piani stilistici sono collegati a diversi aspetti della lingua, attraverso i quali è organizzato e costruito il testo: il lessico, la sintassi, le figure retoriche e i registri linguistici.

2. Il lessico

Il lessico consiste nella scelta delle parole con cui l’autore compone il testo letterario. Usando determinati vocaboli piuttosto che altri, infatti, l’opera acquisisce sfumature particolari, che vanno dalla caratterizzazione dei singoli personaggi alla resa delle abitudini linguistiche tipiche di un luogo, di un genere letterario o di un’intera epoca storica. Riportiamo di seguito i principali tipi di lessico che un autore può impiegare.

  • Lessico aulico: è basato sulla scelta di parole difficili, rare e altisonanti. Per ottenere questo tipo di modalità espressiva, l’autore può servirsi di:
  • arcaismi, ossia forme e parole di uso antico, avvertite come desuete e anacronistiche;
  • latinismi, ovvero espressioni che derivano dal latino; possono essere adattamenti di parole realmente appartenenti alla lingua latina, oppure neologismi (cioè parole completamente nuove, che non fanno parte del corpo lessicale di una lingua) a essa ispirati.
  • Un esempio di lessico aulico si può cogliere in questo brano di Andrea Zanzotto (1921-2011): il racconto da cui è tratto, intitolato 1944: Faier, è dedicato a una terribile rappresaglia scatenata dai tedeschi contro la repubblica partigiana del Quartier del Piave.

Zampe, rostri,1 acidi mortali; ieri deliranti pennacchi, oggi neutri automi. Vengono fuori traballando e dondolando con maestà ed intimazione,2 a cavallo ieri e sugli autocarri oggi: la fine è sempre la stessa: dall’involucro che inevitabilmente cade esce per arrendersi la larva dell’uomo, tra odore di escrementi e di sanie.3

Ma intanto, che è dei morti, degli offesi per sempre? Restano sulle strade, così, e non chiedono nulla, ma nessuna pace, nessun cielo, nessun riposo li toglie alla nostra mente. Una catena ci lega a tutti loro, essi ci trascinano tutti insieme a bere il tossico4 del loro ultimo istante, del punto in cui conobbero quanto noi non possiamo immaginare che di straforo,5 per oppiate approssimazioni.6

Andrea Zanzotto, 1944: Faier, in Le poesie e prose scelte, Mondadori, Milano 1999

  • Lessico medio: si caratterizza per l’adozione della lingua di uso comune nell’epoca a cui appartiene lo scrittore. Le parole scelte non sono troppo alte e ricercate, e allo stesso tempo non scadono mai nell’informale o nel colloquiale. Questo brano dal racconto Campo di mine di Italo Calvino (1923-1985) presenta appunto una scelta di termini piani e comprensibili, che non sbilanciano il livello stilistico né verso l’alto né verso il basso:

Poi sarebbe bastato stare attento a dove metteva i piedi: un posto con sotto una mina doveva ben avere qualcosa di diverso da tutti gli altri posti. Qualcosa: terra smossa, pietre posate ad arte, erba più giovane. Lì, per esempio, si vedeva subito che non potevano esserci mine. Non potevano? E quella lastra di ardesia sollevata? E quella striscia nuda in mezzo al prato? E quel tronco abbattuto sul passaggio? S’era fermato. Ma il passo era ancora distante, non ci potevano essere mine ancora: proseguì.

Italo Calvino, Campo di mine, in Ultimo viene il corvo, Mondadori, Milano 2016

  • Lessico basso: rimanda alla comunicazione spiccia e non troppo elaborata della quotidianità. Un lessico di questo tipo si compone di espressioni ricavate da:
  • gerghi, cioè linguaggi caratteristici di gruppi sociali particolari, per esempio uniti da una professione comune o dall’appartenenza alla stessa generazione;
  • dialettismi, ossia termini derivanti dai dialetti, spesso usati per conferire realismo e vivacità alla parlata dei personaggi;
  • linguaggio volgare, usato per connotare la comunicazione in modo basso e scurrile, aggiungendo enfasi al discorso e una patina di immediatezza popolaresca.
  • Un lessico basso e aperto a soluzioni regionali (lombarde) contraddistingue questo brano di Giovanni Testori (1923-1993) tratto dal Ponte della Ghisolfa. Alcuni amici, seduti a bere sotto la pergola di un locale, discutono animatamente a proposito di un pettegolezzo riguardante una conoscenza comune:

«Del resto», fece il Berto riprendendo quota su tutti gli altri, «prima o poi dovrà mollare!7 E allora ci racconterà tutto».

«Perché tu t’illudi che parli?» domandò il Camisasca.

«Per forza. A furia di cominciare e poi fermarsi…».

«Su queste cose qui? Con di mezzo la grana?».8

«Tirerà fuori tutto e tutto d’un colpo, vedrete: chi è, chi non è, dove sta, dove vanno, chi è il becco,9 cos’è la grana che gli dà. Tutto. Vedrete».

Ma nonostante la sberla e la pernacchia, anzi proprio per quello, il Ciulanda a cedere non riusciva.

Giovanni Testori, Sotto la pergola, in Opere (1943-1961), Bompiani, Milano 1996

  • Lessico misto [#1]: è costituito dall’accostamento o dalla mescolanza di parole appartenenti a registri diversi, in particolare espressioni colloquiali e termini solenni o di matrice letteraria. Eccone un esempio in un brano tratto dalla Cognizione del dolore, nel quale Carlo Emilio Gadda (1893-1973) descrive il comportamento dei borghesi all’interno dei ristoranti di lusso alternando vocaboli triviali e ricercati:

A tavolino; petto in fuori, busto eretto; incartonati nell’arnese d’amido dello smoking10 quasi nel cerotto e nel turgore11 supremo della certezza e della realtà biologica. Di quando in quando facevano pisciare i sifoni:12 e il sifone virilmente13 mingente14 conferiva alla mano del disoccupato una tal quale gravità.15

Carlo Emilio Gadda, La cognizione del dolore, Einaudi, Torino 1987

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3. La sintassi

La sintassi è l’insieme delle norme che regolano la combinazione delle parole all’interno delle proposizioni, e quella delle proposizioni che, a loro volta, formano un periodo. La sintassi gioca un ruolo fondamentale nella scrittura: essa, infatti, determina l’architettura del periodo e conferisce al testo un ritmo di base, che si trasmette a ogni aspetto del contenuto, suscitando nel lettore le sensazioni più disparate, dalla calma al tumulto, dalla concitazione alla riflessione. Pensiamo all’etimologia stessa della parola “testo”, che rimanda al “tessuto”: ebbene, la sintassi consiste proprio nel modo in cui le frasi vengono “cucite” tra loro, a formare un disegno piano o complesso, lineare o intricato.

A seconda della tipologia di rapporti che legano le proposizioni all’interno del periodo, la sintassi può essere organizzata secondo due modalità principali che modificano il “respiro” del discorso.

  • Paratassi [#2]: la sintassi paratattica predilige rapporti di coordinazione tra le frasi, legate da congiunzioni coordinative (come “e”, “o”, “tuttavia”, “infatti”, in questo caso si parla di polisindeto), oppure giustapposte senza l’ausilio di una congiunzione (in questo caso si parla di asindeto). Tale modalità sintattica è generalmente facile da seguire, perché il lettore non è costretto a ricostruire complicati legami logici all’interno della frase; essa inoltre conferisce un andamento più asciutto e incalzante:

Seguì a dieci anni un eroe, la ritolsero a lui, la sposarono a un altro, anche questo la perse, se la contesero oltremare in molti, la riprese il secondo, visse in pace con lui, fu sepolta, e nell’Ade conobbe altri ancora. Non mentì con nessuno, non sorrise a nessuno. Forse fu felice.

Cesare Pavese, Dialoghi con Leucò, Einaudi, Torino 1999

  • Ipotassi [#3]: la sintassi ipotattica presenta periodi in cui abbondano le frasi subordinate (causali, temporali, relative, finali ecc.). Per il suo carattere articolato e complesso, l’ipotassi si presta a rendere la psicologia dei personaggi più complessi e tormentati o ad analizzare episodi della realtà cercando di riprodurne in dettaglio i complicati legami causa-effetto:

La cagnetta voleva entrare anch’essa e, senza dargli il tempo di aprire, si precipitò come una catapulta contro la porta, battendola con le zampe anteriori; poiché, nella semioscurità, gli si era poi seduta fra le gambe, egli la cacciò e quella, ricordatasi all’improvviso di un osso secco e lucido che aveva in serbo da una parte, lo raggiunse e cominciò a girarselo sonoramente fra le mascelle.

Tommaso Landolfi, Mani, in Dialogo dei massimi sistemi, Einaudi, Torino 1996

Si parla inoltre di sintassi nominale quando le frasi sono costruite, in assenza di verbi di modo finito, come una serie di sostantivi accompagnati dai relativi modificatori (quali aggettivi, apposizioni, complementi, e talvolta anche subordinate relative). Nella sintassi nominale possono essere presenti forme verbali nei modi indefiniti (soprattutto participio e infinito). Questa strategia sintattica è utilizzata per esempio nelle descrizioni, e permette di creare periodi snelli basati su lunghi elenchi, i cui membri risaltano con efficacia nell’immaginazione del lettore:

Frotte di monelli infagottati16 in sciarpe di ruvida lana multicolore, teppisti dal floscio cappello a visiera, soldati nei cappottoni turchini e in capo la busta17 con le lunghe punte, damine18 impettite che traversavano la galleria sotto venerabili cappelli, cani volpini e spinoni19 di razze e tosature20 quasi estinte.

Luigi Santucci, Orfeo in paradiso, Marietti, Genova-Milano 2010

4. Le figure retoriche

Non sempre ne siamo consapevoli ma il nostro modo di comunicare, anche quello più informale e quotidiano, è ricco di figure retoriche. Si tratta di artifici stilistici riconoscibili, usati per divulgare determinati significati, valorizzare l’argomentazione, renderla più persuasiva o abbellire il discorso. Un testo narrativo ricco di figure retoriche, infatti, risulta molto più suggestivo per il lettore di una nuda, semplice normalità espressiva: catturati da uno stile ben congegnato, estroso e accattivante, ci immedesimiamo più facilmente nel mondo del racconto.

D’altra parte, le figure retoriche non sono utilizzate soltanto dalla narrativa, ma riguardano ogni tipo di testo, letterario e non. Anche molta pubblicità, per esempio, ne fa uso per convincere i consumatori ad acquistare i prodotti reclamizzati: se veicolato da una metafora arguta, da un’elencazione efficace o da un climax folgorante, lo stesso messaggio può risultare di gran lunga più efficace.

Possiamo dividere le figure retoriche in tre categorie fondamentali: le figure di parola, le figure di pensiero e i tropi.

Le figure di parola

Le figure di parola consistono in particolari configurazioni linguistiche che, attraverso la creazione di schemi riconoscibili (per esempio ripetizioni, elenchi, inversione del normale ordine sintattico), conferiscono intensità espressiva al testo e ne rafforzano l’efficacia argomentativa.


Nome Descrizione Esempio
Ripetizione [#4] Raddoppiamento ravvicinato di una o più parole. Scriva! Scriva! Vedrà come arriverà a vedersi intero.
Italo Svevo, La coscienza di Zeno
Anafora Ripetizione di una o più parole all’inizio di frasi o segmenti di testo successivi. Bel modo di curarsi: io non ho nulla. Io non ho mai avuto bisogno di nessuno!... io, più i dottori stanno alla larga meglio mi sento.
Carlo Emilio Gadda, La cognizione del dolore
Climax Successione di parole o espressioni che amplificano progressivamente l’intensità dei concetti comunicati. Ah birbone! ah dannato! ah assassino!
Alessandro Manzoni, I promessi sposi
La versione opposta, in cui l’intensità diminuisce, prende il no­me di anticlimax. Ha vissuto i disastri della guerra, ha assistito a catastrofi naturali, ha frequentato bar per single.
Woody Allen, Discorso ai laureati
Enumerazione Accostamento di parole o gruppi di parole in un elenco che, in base ai rapporti logici dei membri, può essere ordinato o caotico (in quest’ultimo caso si parla, appunto, di enumerazione caotica). Fu all’inizio il gioco della guerra, esplorazioni, agguati, strisciamenti, marce forzate per la campagna, guardia dentro la garitta1 di frasche, fucili a spallarm,2 assalti a trincee di nemici, abbattimenti di aerei, conquiste di colline.
Vincenzo Consolo, Lo Spasimo di Palermo

 >> pagina 135 

Le figure di pensiero

Le figure di pensiero riguardano i significati del testo. Anche in questo caso, organizzare e connettere i significati in schemi riconoscibili contribui­sce all’incisività del testo, arricchendone la struttura logica e rendendolo più coinvolgente agli occhi del lettore.


Nome Descrizione Esempio
Antitesi Accostamento di espressioni che rappresentano concetti opposti. Anime semplici abitano talvolta corpi complessi.
Ennio Flaiano, Opere. Scritti postumi
Ossimoro Accostamento paradossale di due termini dal significato opposto. L’avventura è finita, e mi sento pieno di una tristezza serena che è quasi gioia.
Primo Levi, Se questo è un uomo
Similitudine Paragone tra due esseri (animati o inanimati), oggetti, situazioni, concetti o avvenimenti. È solitamente introdotta dalla congiunzione “come”, o da altri nessi dotati di analoga funzione (per esempio, “così… come”). Si sentivano invece ancora lontanissimi i cupi tonfi dei mortai, come tappeti sbattuti nel silenzio della neve.
Giorgio Caproni, Il labirinto

Onde, ritirata placidamente la mano dagli artigli del gentiluomo, abbassò il capo, e rimase immobile, come, al cader del vento, nel forte della burrasca, un albero agitato ricompone naturalmente i suoi rami, e riceve la grandine come il ciel la manda.
Alessandro Manzonii, I promessi sposi

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Tropi

Si dicono tropi le sostituzioni di parole o espressioni con altre di senso figurato. I tropi non hanno solo un valore decorativo, ma modificano in profondità i contenuti del testo, ben oltre il semplice significato letterale.


Nome Descrizione Esempio
Metonimia Sostituzione di un termine con un altro, che abbia con il primo un rapporto di vicinanza logica. Tale vicinanza varia secondo diverse tipologie: per esempio il contenente per il contenuto, l’autore per l’opera, l’effetto per la causa.
  • contenente per contenuto
  • Ho bevuto un sorso della coppa, e basta; ora è finito.
    Igino Ugo Tarchetti, Fosca
  • autore per opera
  • Si alzò e andò al pianoforte. Si tolse gli anelli dei quali erano cariche le sue dita. Suonò Bach.
    William Somerset Maugham, Una donna di mondo e altri racconti
  • effetto per causa
  • Ma io la roba mia l’ho fatta col sudore della fronte.
    Giovanni Verga, I Malavoglia
    Sineddoche Espressione di un concetto me­dian­­te un altro, che intrattiene con il primo una relazione di quantità: per esempio la parte per il tutto, o il singolare per il plurale. Ho una sola bocca da sfamare, ed è la bocca della persona che più tengo a sfamare.
    Charles Dickens, Tempi difficili
    Metafora [#5] Sostituzione di un’espressione di senso proprio con un’altra, di senso figurato, associata alla prima tramite un rapporto di somiglianza. Marco è una volpe [cioè è furbo come una volpe].

    Avevo sempre sentito di essere un pesce incapace di navigare da solo in quel sobbollente mare.
    Giorgio Caproni, Il labirinto
    Perifrasi Giro di parole usato per indicare qualcosa a cui ci si potrebbe riferire con un unico termine. Andò a ricevere il premio della sua carità [cioè “morì”].
    Alessandro Manzoni, I promessi sposi
    Antifrasi Espressione che afferma, spesso con intenzioni ironiche, l’opposto di ciò che si vuole comunicare realmente. «Sì, Raptor era un grande insegnante», disse Harry ad alta voce, «peccato per quel piccolo difetto di avere Lord Voldemort che gli spuntava dalla nuca».
    J.K. Rowling, Harry Potter e l’Ordine della Fenice
    Litote Forma di attenuazione basata sulla negazione del contrario di ciò che si vuole enunciare. Don Abbondio (il lettore se n’è già avveduto) non era nato con un cuor di leone.
    Alessandro Manzoni, I promessi sposi
    Iperbole Esagerazione di concetti e descrizioni, per eccesso ma anche per difetto: serve a sottolineare con maggiore intensità la portata di un fenomeno.
  • per eccesso
  • Mentre Nerone si esibiva nel canto, a nessuno era consentito uscire dal teatro, neppure per ragioni impellenti. Fu così, a quanto dicono, che delle spettatrici partorirono lì, e molti [...] si finsero morti e furono portati fuori per le esequie.
    Svetonio, Vite dei Cesari
  • per difetto
  • Allora, per cominciare, due spaghetti.
    Georges Simenon, Maigret, Lognon e i gangster
    Sinestesia [#6] Accostamento di espressioni o concetti facenti capo a domini sensoriali diversi. In un silenzio che però era soltanto per me e che finiva appena fuori del mio sonno, come io avvertivo, nel mormorio dei compagni e dei genitori o della strada; un mormorio bianco, perché anche da bambino tenevo le imposte aperte, non tanto per paura quanto per non isolarmi del tutto.
    Paolo Volponi, Memoriale

     >> pagina 138 

    5. I registri linguistici

    Il registro consiste nell’insieme di scelte linguistiche (cioè lessicali, sintattiche, retoriche) che un individuo compie in base alla situazione comunicativa in cui è immerso. Infatti, a seconda dell’interlocutore, del luogo e degli scopi che vogliamo ottenere, utilizziamo di volta in volta modi di parlare diversi. Quando ci rivolgiamo a un estraneo, per esempio, ci esprimiamo in modo formale e sorvegliato, mentre in casa o con gli amici usiamo la lingua in modo più sciolto o familiare.

    La selezione del registro avviene spesso in modo inconsapevole o spontaneo, ma in realtà segue schemi ben precisi che derivano dall’esperienza. In letteratura, la scelta del registro gioca un ruolo cruciale, perché esprime le intenzioni comunicative dell’autore, coerentemente con gli argomenti trattati, i contesti sociali rappresentati e la volontà di ottenere determinati effetti espressivi. I livelli espressivi fondamentali che oggi vengono individuati sono tre.

    • Registro alto [#7]: è contraddistinto dall’uso di una prosa raffinata, complessa e talvolta di difficile comprensione. Il registro alto prevede un lessico aulico e formale, una sintassi elaborata e tendenzialmente ipotattica, e il largo uso di figure retoriche, al fine di aggiungere enfasi, rafforzare la scansione argomentativa o veicolare significati particolari e oscuri, difficilmente esprimibili con un linguaggio comune. Le opere in cui prevale questo registro presentano spesso l’impiego di citazioni colte e letterarie, che talvolta richiedono un notevole sforzo di decifrazione da parte del lettore.

    Avanti e indietro lungo il marciapiede, sosta contro il luccichio dell’alluminio, delle vetrate. Altri giungevano, occhialuti21 gravati dalle borse, vispi baccellieri22 e dottorandi,23 cinefili24 assorti e pazienti. Si schiusero25 i vetri della porta, si riversarono tutti nell’ingresso, si disposero in fila davanti alla ragazza dietro il banco, esibirono tessere, papelli.26 Ascesero27 man mano e si dispersero per i vari cieli, entro le celle28 di quella Sandycove dell’introibo,29 teca babelica,30 averno31 del viaggio.

    Vincenzo Consolo, Lo Spasimo di Palermo, in L’opera completa, Mondadori, Milano 2015

    • Registro medio: combina una serie di tratti stilistici standard, che non risultano marcati né verso l’alto né verso il basso. L’uso di un lessico medio, dunque, si accompagna a una sintassi piana, paratattica o moderatamente ipotattica. L’uso delle figure retoriche è limitato, e comunque non pregiudica mai la chiarezza del testo. Anche il ricorso a citazioni letterarie è estremamente misurato, e, quando si verifica, non diventa mai ingombrante o ostico per il lettore.

    Andava forte, Binda, a corpo morto giù per le scorciatoie, senza sbagliarsi mai alle svolte tutte uguali, riconoscendo nel buio i sassi, i cespugli, prendendo di petto le salite, di petto fermo che non cambiava il ritmo del respiro, la lena delle gambe spinte come da stantuffi. «Forza Binda!» gli dicevano i compagni appena lo vedevano da lontano arrampicarsi verso il loro accampamento.

    Italo Calvino, Paura sul sentiero, in Ultimo viene il corvo, Mondadori, Milano 2016

    • Registro basso [#8]: rimanda a un genere di comunicazione informale e scarsamente elaborata. Il registro basso può riprodurre i modi del discorso orale, utilizzato dalle persone nella comunicazione ordinaria, oppure scendere ulteriormente verso la volgarità e il turpiloquio. Prevede l’uso di un lessico colloquiale e di una sintassi semplificata, talvolta volutamente non priva di sgrammaticature e approssimazioni.

    Una giornata di lavoro ti entra nelle vene, sai. Non capisci più quello che fai, sei lì e guardi la tele. Una giornata di lavoro è diversa da te, vive al tuo posto una vita pazzesca, che non vuol dire un cazzo. Quando rientro dalla fabbrica sono le dieci e mezza di sera. Apro la porta di casa e nessuno mi dice che cosa devo fare, vado in giro come un padrone dell’appartamento che io ho.

    Aldo Nove, Superwoobinda, Einaudi, Torino 1998

    L’emozione della lettura - edizione gialla - volume A
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    Narrativa