La Lupa (G. Verga)

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Giovanni Verga

(Catania 1840-1922)

La Lupa

  • Tratto da Vita dei campi, 1880
  • novella

Ambientata nella campagna siciliana dell’Ottocento, questa novella ha come protagonista una donna esclusa dalla società per la sua insaziabilità sessuale e per questo soprannominata “la Lupa” dalla gente del suo paese. La donna si innamora di Nanni, un giovane contadino, ma non è corrisposta; costringe allora la figlia a sposarlo pur di legarlo a sé e sedurlo. Alla fine, la Lupa accetta fino in fondo il destino di amore e morte cui la condanna la propria sconvolgente passione.

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Audiolettura

Era alta, magra, aveva soltanto un seno fermo e vigoroso
da bruna – e pure non era più giovane – era
pallida come se avesse sempre addosso la malaria,1 e
su quel pallore due occhi grandi così, e delle labbra 

5      fresche e rosse, che vi mangiavano.

Al villaggio la chiamavano la Lupa perché non era
sazia giammai – di nulla. Le donne si facevano la
croce quando la vedevano passare, sola come una
cagnaccia, con quell’andare randagio e sospettoso 

10    della lupa affamata; ella si spolpava2 i loro figliuoli
e i loro mariti in un batter d’occhio, con le sue labbra
rosse, e se li tirava dietro alla gonnella3 solamente
a guardarli con quegli occhi da satanasso,4 fossero
stati davanti all’altare di Santa Agrippina.5 Per fortuna 

15    la Lupa non veniva mai in chiesa, né a Pasqua, né
a Natale, né per ascoltar messa, né per confessarsi.
– Padre Angiolino di Santa Maria di Gesù, un vero
servo di Dio, aveva persa l’anima per lei.

Maricchia, poveretta, buona e brava ragazza,

20    piangeva di nascosto, perché era figlia della Lupa, e
nessuno l’avrebbe tolta in moglie,6 sebbene ci avesse
la sua bella roba7 nel cassettone, e la sua buona terra
al sole,8 come ogni altra ragazza del villaggio.

Una volta la Lupa si innamorò di un bel giovane 

25    che era tornato da soldato, e mieteva il fieno con
lei nelle chiuse del notaro;9 ma proprio quello che
si dice innamorarsi, sentirsene ardere le carni sotto
al fustagno10 del corpetto, e provare, fissandolo negli
occhi, la sete che si ha nelle ore calde di giugno, in 

30    fondo alla pianura. Ma lui seguitava a mietere tranquillamente,
col naso sui manipoli,11 e le diceva: «O
che avete, gnà12 Pina?». Nei campi immensi, dove
scoppiettava soltanto il volo dei grilli, quando il sole
batteva a piombo, la Lupa affastellava13 manipoli su 

35    manipoli, e covoni su covoni, senza stancarsi mai,
senza rizzarsi un momento sulla vita,14 senza accostare
le labbra al fiasco, pur di stare sempre alle calcagna
di Nanni, che mieteva e mieteva, e le domandava di
quando in quando: «Che volete, gnà Pina?».

40    Una sera ella glielo disse, mentre gli uomini sonnecchiavano
nell’aia,15 stanchi dalla lunga giornata,
ed i cani uggiolavano16 per la vasta campagna nera:
«Te voglio! Te che sei bello come il sole, e dolce
come il miele. Voglio te!».

45    «Ed io invece voglio vostra figlia, che è zitella»,17
rispose Nanni ridendo.

La Lupa si cacciò le mani nei capelli, grattandosi le
tempie senza dir parola, e se ne andò; né più comparve
nell’aia. Ma in ottobre rivide Nanni, al tempo 

50    che cavavano l’olio,18 perché egli lavorava accanto
alla sua casa, e lo scricchiolio del torchio non la faceva
dormire tutta notte.

«Prendi il sacco delle olive», disse alla figliuola, «e
vieni».

55    Nanni spingeva con la pala le olive sotto la macina,
e gridava «Ohi!» alla mula perché non si arrestasse.
«La vuoi mia figlia Maricchia?», gli domandò la
gnà Pina. «Cosa gli date19 a vostra figlia Maricchia?»,
rispose Nanni. «Essa ha la roba di suo padre,20 e dippiù 

60    io le do la mia casa; a me mi basterà che mi
lasciate un cantuccio21 nella cucina, per stendervi un
po’ di pagliericcio». «Se è così se ne può parlare a
Natale», disse Nanni. Nanni era tutto unto e sudicio

dell’olio e delle olive messe a fermentare, e Maricchia 

65    non lo voleva a nessun patto; ma sua madre
l’afferrò pe’ capelli, davanti al focolare, e le disse co’
denti stretti: «Se non lo pigli, ti ammazzo!».

La Lupa era quasi malata, e la gente andava dicendo
che il diavolo quando invecchia si fa eremita.22 

70    Non andava più di qua e di là; non si metteva più
sull’uscio, con quegli occhi da spiritata. Suo genero,
quando ella glieli piantava in faccia, quegli occhi,
si metteva a ridere, e cavava fuori l’abitino della
Madonna per segnarsi.23 Maricchia stava in casa ad 

75    allattare i figliuoli, e sua madre andava nei campi,
a lavorare cogli uomini, proprio come un uomo, a
sarchiare,24 a zappare, a governare le bestie,25 a potare
le viti, fosse stato greco e levante26 di gennaio,
oppure scirocco di agosto, allorquando i muli lasciavano 

80    cader la testa penzoloni, e gli uomini dormivano
bocconi a ridosso del muro a tramontana.27
In quell’ora fra vespero e nona, in cui non ne va in
volta femmina buona,28 la gnà Pina era la sola anima
viva che si vedesse errare per la campagna, sui 

85    sassi infuocati delle viottole, fra le stoppie29 riarse
dei campi immensi, che si perdevano nell’afa, lontan
lontano, verso l’Etna nebbioso, dove il cielo si
aggravava sull’orizzonte.30

«Svegliati!», disse la Lupa a Nanni che dormiva nel 

90    fosso, accanto alla siepe polverosa, col capo fra le
braccia. «Svegliati, ché ti ho portato il vino per rinfrescarti
la gola».

Nanni spalancò gli occhi imbambolati, tra veglia e
sonno, trovandosela dinanzi ritta, pallida, col petto 

95    prepotente, e gli occhi neri come il carbone, e stese
brancolando le mani.31

«No! non ne va in volta femmina buona nell’ora
fra vespero e nona!», singhiozzava Nanni, ricacciando
la faccia contro l’erba secca del fossato, in 

100 fondo in fondo, colle unghie nei capelli. «Andatevene!
andatevene! non ci venite più nell’aia!».

Ella se ne andava infatti, la Lupa, riannodando le
trecce superbe, guardando fisso dinanzi ai suoi passi
nelle stoppie calde, cogli occhi neri come il carbone.

105 Ma nell’aia ci tornò delle altre volte, e Nanni non
le disse nulla. Quando tardava a venire anzi, nell’ora
fra vespero e nona, egli andava ad aspettarla in
cima alla viottola bianca e deserta, col sudore sulla
fronte – e dopo si cacciava le mani nei capelli, e le 

110 ripeteva ogni volta: «Andatevene! andatevene! Non
ci tornate più nell’aia!».

Maricchia piangeva notte e giorno, e alla madre
le piantava in faccia gli occhi ardenti di lagrime e di
gelosia, come una lupacchiotta anch’essa, allorché la 

115 vedeva tornare da’ campi pallida e muta ogni volta.
«Scellerata!», le diceva. «Mamma scellerata!».

«Taci!».

«Ladra! ladra!».

«Taci!».

120 «Andrò dal brigadiere, andrò!».

«Vacci!».

E ci andò davvero, coi figli in collo, senza temere
di nulla, e senza versare una lagrima, come una pazza,
perché adesso l’amava anche lei quel marito che 

125 le avevano dato per forza, unto e sudicio delle olive
messe a fermentare.

Il brigadiere fece chiamare Nanni; lo minacciò
sin della galera e della forca.32 Nanni si diede a singhiozzare
ed a strapparsi i capelli; non negò nulla, 

130 non tentò di scolparsi.33 «È la tentazione!», diceva;
«è la tentazione dell’inferno!». Si buttò ai piedi del
brigadiere supplicandolo di mandarlo in galera.

«Per carità, signor brigadiere, levatemi da questo
inferno! Fatemi ammazzare, mandatemi in prigione! 

135 non me la lasciate veder più, mai! mai!».

«No!», rispose invece la Lupa al brigadiere. «Io mi
son riserbato un cantuccio della cucina per dormirvi,
quando gli ho data la mia casa in dote. La casa è
mia; non voglio andarmene».

140 Poco dopo, Nanni s’ebbe nel petto un calcio dal
mulo, e fu per morire; ma il parroco ricusò di portargli
il Signore34 se la Lupa non usciva di casa. La Lupa
se ne andò, e suo genero allora si poté preparare ad
andarsene anche lui da buon cristiano;35 si confessò

145 e comunicò36 con tali segni di pentimento e di contrizione
che tutti i vicini e i curiosi piangevano davanti
al letto del moribondo. E meglio sarebbe stato
per lui che fosse morto in quel giorno, prima che il
diavolo tornasse a tentarlo e a ficcarglisi nell’anima 

150 e nel corpo quando fu guarito. «Lasciatemi stare!»,
diceva alla Lupa. «Per carità, lasciatemi in pace! Io ho
visto la morte cogli occhi! La povera Maricchia non
fa che disperarsi. Ora tutto il paese lo sa! Quando
non vi vedo è meglio per voi e per me…».

155 Ed avrebbe voluto strapparsi gli occhi per non vedere
quelli della Lupa, che quando gli si ficcavano
ne’ suoi gli facevano perdere l’anima ed il corpo.
Non sapeva più che fare per svincolarsi dall’incantesimo.
Pagò delle messe alle anime del Purgatorio,37 

160 e andò a chiedere aiuto al parroco e al brigadiere. A
Pasqua andò a confessarsi, e fece pubblicamente sei
palmi di lingua a strasciconi sui ciottoli del sacrato
innanzi alla chiesa,38 in penitenza – e poi, come la
Lupa
tornava a tentarlo:

165 «Sentite!», le disse, «non ci venite più nell’aia, perché
se tornate a cercarmi, com’è vero Iddio, vi
ammazzo!».

«Ammazzami», rispose la Lupa, «ché non me ne
importa; ma senza di te non voglio starci».

170 Ei come la scorse da lontano, in mezzo a’ seminati39
verdi, lasciò di zappare la vigna, e andò a staccare
la scure dall’olmo. La Lupa lo vide venire, pallido e
stralunato, colla scure che luccicava al sole, e non si
arretrò di un sol passo, non chinò gli occhi, seguitò 

175 ad andargli incontro, con le mani piene di manipoli
di papaveri rossi, e mangiandoselo con gli occhi neri.
«Ah! malanno all’anima vostra!», balbettò Nanni.


Giovanni Verga, La Lupa, in Tutte le novelle, vol. 1, Mondadori, Milano 1968

L’emozione della lettura - edizione gialla - volume A
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Narrativa