L’opera
Quer pasticciaccio brutto de via Merulana
Genesi e composizione dell’opera
Quer pasticciaccio brutto de via Merulana viene pubblicato in volume nel 1957 dalla casa editrice Garzanti. Il romanzo ha un immediato successo di pubblico, il primo della già lunga carriera di Gadda, fino ad allora apprezzato solo da una ristretta cerchia di amici.
Un romanzo senza conclusione
La trama
Il Pasticciaccio, suddiviso in 10 capitoli, è ambientato a Roma nel marzo del 1927, in pieno regime fascista. Il commissario di polizia Francesco Ingravallo, detto don Ciccio, molisano di trentacinque anni che lavora presso la squadra mobile, è incaricato di seguire le indagini su un furto di gioielli avvenuto al civico 219 di via Merulana, nel cosiddetto «palazzo dell’Oro». La vittima della rapina è la contessa Menegazzi, che abita proprio nell’appartamento di fronte a quello dei Balducci, amici del commissario (cap. 1). Pochi giorni dopo, Ingravallo è di nuovo chiamato in quello stabile, ma questa volta per un omicidio: Liliana Valdarena in Balducci, di cui è segretamente infatuato, viene trovata orribilmente assassinata. Ad avvertire la polizia è il cugino della donna Giuliano Valdarena, che è il primo indiziato del delitto a causa di un abito sporco di sangue (cap. 2). Inizia un lungo interrogatorio in cui don Ciccio verifica la posizione di Valdarena e la sua possibile relazione con la cugina (cap. 3). Il marito della vittima, Remo Balducci, fuori Roma per un viaggio d’affari, al suo ritorno constata la sparizione di denaro e di gioielli. Durante il confronto tra Balducci e Valdarena, nel testamento della vittima si legge che al secondo spettano soldi e gioielli di famiglia, che più tardi vengono ritrovati nella sua abitazione. Convocato in commissariato e interrogato, l’uomo spiega di aver ricevuto quei beni preziosi in dono dalla defunta affinché fosse spinto a sposarsi e ad avere figli, di cui Liliana, frustrata dalla propria mancata maternità, avrebbe potuto godere affettivamente (cap. 4).
Oltre i limiti del giallo
Nei primi capitoli il Pasticciaccio appare davvero come un tipico romanzo poliziesco: si presentano i personaggi e i fatti (un furto e un omicidio), quindi si procede con la fase delle indagini e dell’investigazione in senso stretto (raccolta degli indizi, interrogatori dei sospetti, ipotesi sul movente); eppure è il commissario stesso a non credere nella linearità e nella logica causa-effetto di questo percorso investigativo: Ingravallo non osserva e cataloga semplicemente gli eventi, ma si smarrisce in digressioni filosofiche e pensieri laterali che abbracciano una complessità ben maggiore rispetto ai fatti. Incostante e irascibile, può essere considerato il portavoce dell’autore, di cui non a caso condivide manie, passioni e soprattutto una tendenza filosofica allo scetticismo.
Così l’intreccio poliziesco si frantuma in una miriade di narrazioni che si discostano dallo svolgimento razionale dell’inchiesta. Ben presto i personaggi implicati cominciano a moltiplicarsi; accanto ai possibili esecutori materiali si esamina la presenza di eventuali complici; sospetti e indiziati vengono scagionati a uno a uno; il movente del delitto sfugge nel vortice dei fattori che potrebbero avervi concorso; invece che avvicinarsi alla soluzione del caso, si procede per deviazioni, piste sbagliate e interrogatori che accrescono il guazzabuglio invece di dirimerlo.
La vicenda non può infatti essere risolta in quanto la realtà è troppo articolata e complessa per essere decifrata con un’analisi condotta mediante un pensiero coerente. Il mondo è caos, è disordine, è un intricato viluppo di bene e male, un gomitolo di storie, persone e cose che si intersecano, senza che sia possibile districare la matassa. Ecco allora che la classica indagine investigativa dei romanzi gialli non è consentita, o quanto meno si rivela un processo inefficace, incapace di dare un significato netto e inequivocabile agli eventi.
Perlustrando il labirinto di congetture che affollano la mente del commissario, il narratore si immerge in una realtà umana abietta e confusa, percorre strade, appartamenti cittadini e catapecchie di paese, fa parlare bottegai, faccendieri e figure della malavita, segue l’azione investigativa di Ingravallo, quella della polizia romana e dei carabinieri di Marino. Infine, dopo aver lasciato intravedere più volte la soluzione, lascia il lettore, come si è detto, all’oscuro di chi sia l’assassino, di quali siano il movente o la dinamica del delitto: come dice il commissario, non rimangono che «cosiddette verità», soggettive ed evanescenti, cadute le quali non si può fare a meno di tornare «a riflettere: a ripentirsi, quasi».
Ogni fatto, soggetto, oggetto dell’esistenza appare come un «polipaio di relazioni»: nella mente di Ingravallo, per esempio, il furto e l’assassinio sono legati, non possono essere frutto del caso, ed è per questo che egli si ostina nella ricerca di indizi che tengano insieme i due delitti. Alla fine si comprende che un legame effettivamente esiste, ma non è così semplice e lineare come ci si potrebbe aspettare: è vero che coloro che sono coinvolti si conoscono tutti, ma non per questo chi ha commesso il furto e chi ha commesso l’omicidio sono complici o sono stati mossi dalle stesse motivazioni.
La scrittura gaddiana non fa che seguire le direzioni di queste relazioni, affastellando frammenti che riflettono l’imprevedibile corso di una realtà che muta costantemente in modo inopinato. È questo il motivo delle tante digressioni, delle parentesi nelle parentesi, delle infinite divagazioni: esse rappresentano il tentativo di padroneggiare il disordine, razionalizzando tutto ciò che è insoluto, e al contempo ne mostrano il fallimento.
Lo stile
Gli elementi linguistici
Le scelte linguistiche svolgono un ruolo molto importante nel romanzo, più che come mero aspetto formale, in quanto strumento per avvicinarsi alla realtà. Nel Pasticciaccio lo scrittore offre una grande prova di pastiche, incentrato sul romanesco e su altri dialetti.
Dopo il lombardo-milanese della Cognizione del dolore e dell’Adalgisa e dopo il fiorentino di Eros e Priapo, Gadda abbraccia infatti l’ennesima variante dialettale, omaggio alla città che lo ha ospitato per oltre trent’anni. Prima del Pasticciaccio, il romanesco non compare praticamente mai nelle sue altre opere, nemmeno nei suoi pochi racconti ambientati nella capitale. Eppure, a differenza delle altre prove, mai come in questo romanzo l’uso del dialetto è così esplosivo e diffuso in tutto il tessuto narrativo, mezzo espressivo di una voce corale e popolare che commenta e deforma a suo modo ogni fatto.
Il dialetto, insomma, non ha valore disgiuntivo (non serve cioè a differenziare chi lo parla da chi si esprime in italiano), bensì moltiplicativo, nella logica accumulativa tipica del plurilinguismo espressionistico. Oltre al romanesco, infatti, anche altri dialetti sono presenti nel romanzo: per esempio, il campano-molisano di Ingravallo, il napoletano del commissario capo Fumi, il veneto della contessa Menegazzi.
Un uso così pervasivo delle forme dialettali contribuisce in modo determinante a restituire al lettore un effetto polifonico. La sonorità del romanzo è infatti ricchissima, frutto di una molteplicità di voci che si intrecciano e si accavallano, rendendo spesso difficile comprendere a chi quelle voci appartengano.
Le tecniche narrative
Gadda mette in atto il suo stile espressionistico anche attraverso alcune tecniche di scrittura che da un lato si presentano come artifici retorici e narrativi, dall’altro sono spia della sua tendenza a non seguire con linearità le direzioni della trama, prediligendo le tante “storie” (di persone, di oggetti, di luoghi ecc.) che l’universo umano gli suggerisce.
La tecnica narrativa maggiormente presente è senza dubbio la digressione, vera peculiarità del romanzo, tanto da presentarsi sia a livello micronarrativo (con le descrizioni, le spiegazioni e le storie secondarie) sia a livello macronarrativo (con la storia principale che improvvisamente si allontana da Roma per smarrirsi nei paesi e nelle campagne limitrofe).
Nella versione pubblicata in rivista erano presenti anche lunghissime note in fondo alla pagina, a ospitare ulteriori divagazioni, quasi che lo spazio tipografico del libro non fosse sufficiente a contenere la sua esuberanza descrittiva. Le note vengono poi tolte nell’edizione in volume, ma l’attitudine all’excursus permane come costante stilistica, denotando una necessità di scavare nella realtà e di seguirne fino in fondo le trame e i dettagli.
Infine un ruolo molto importante è giocato dalla tradizione. Quest’ultima rappresenta per l’autore un punto di riferimento essenziale, imprescindibile, sia che si tratti di omaggiarla, sia che si tratti di parodiarla o di attaccarla violentemente. Lo sguardo di Gadda è sempre volto al passato e le sue pagine sono piene di velature malinconiche; ma il passato non è affatto il luogo mitico da guardare con nostalgia: è una base storica e culturale in cui potersi riconoscere, e dove ricercare buona parte della propria identità.
Dal punto di vista narrativo, il dialogo con la tradizione viene esplicitato dallo scrittore attraverso riferimenti testuali, alcuni evidenti, altri più celati e intrecciati nel tessuto dell’opera. La figura letteraria che affiora con maggiore insistenza è quella di Alessandro Manzoni, spesso citato e sempre tenuto in considerazione come un modello al tempo stesso morale e letterario, insuperato indagatore dei processi e dei comportamenti individuali e sociali. Una grande importanza riveste poi il rapporto di Gadda con d’Annunzio (dal quale egli prende spunto per la ricchezza del lessico), con Leopardi (i cui versi ritornano spesso nelle pagine con paesaggi e scene idilliche), con Carducci e Foscolo (bersagli di critiche feroci, in quanto espressione di una letteratura magniloquente), con gli autori della letteratura latina (da Orazio a Cicerone a Tacito).
I testi
Temi e motivi dei brani antologizzati
T4 |
Il commissario Ingravallo |
• la presentazione del protagonista • la polifonia delle voci • la molteplicità dei punti di vista • lo stile narrativo complesso come specchio della complessità del reale |
T5 |
Il cadavere di Liliana |
• il corpo della vittima • le digressioni del commissario Ingravallo davanti alla morte • il contrasto cromatico tra il bianco e il rosso/nero |
T6 |
Un’agonia sospetta |
• il grottesco che trionfa nella vita umana • l’impossibilità di conoscere la verità delle cose |
Vola alta parola - volume 6
Dal Novecento a oggi