T3 - I manichini ossibuchivori (La cognizione del dolore)

T3

I manichini ossibuchivori

La cognizione del dolore, II, cap. 6

Questo brano della Cognizione è il finale pirotecnico della scena in cui Gonzalo scende in cucina per mangiare. La modestia e la scarsa luminosità della stanza fanno nascere in lui il ricordo dei tempi in cui la sua era una famiglia benestante, e lo inducono a paragonare la propria misera esistenza a quella dei borghesi arricchiti che lo circondano.

Sì, sì: erano consideratissimi, i fracs. Signori serî, nei «restaurants»delle stazioni,

e da prender sul serio, ordinavano loro con perfetta serietà «un ossobuco con risotto». 

Ed essi,con cenni premurosi, annuivano. E ciò nel pieno possesso delle

rispettive facoltà mentali. Tutti erano presi sul serio: e si avevano in grande considerazione

5      gli uni gli altri. Gli attavolatisi sentivano sodalinella eletta situazione

delle poppe,nella usucapzione d’un molleggio adeguato all’importanza del loro

deretano,nella dignità del comando. Gli uni si compiacevano della presenza degli

altri, desiderata platea. E a nessuno veniva fatto di pensare, sogguardando il vicino,

«quanto è fesso!». Dietro l’Hymalaiadei formaggi, dei finocchi, il guardiasala

10    notificava le partenze: «¡Para Corrientes y Reconquista! ¡Sale a las diez el rápido de

Paraná! ¡Tercero andén!».8

[…]

Tutti, tutti: e più che mai quei signori attavolati. Tutti erano consideratissimi!

A nessuno, mai, era mai venuto in mente di sospettare che potessero anche essere

dei bischeri,putacaso,10 dei bambini di tre anni.

15    Nemmeno essi stessi, che pure conoscevano a fondo tutto quanto li riguardava,

le proprie unghie incarnite, e le verruche, i nèi, i calli, un per uno, le varici, i foruncoli,

i baffi solitari:11 neppure essi, no, no, avrebbero fatto di sé medesimi un simile

giudizio. E quella era la vita.

Fumavano. Subito dopo la mela. Apprestandosi a scaricare il fascino che da

20    lunga pezza12 oramai, cioè fin dall’epoca dell’ossobuco, si era andato a mano a

mano accumulando nella di loro persona – (come l’elettrico nelle macchine a strofinio)

– ecco, ecco, tutti eran certi che un loro impreveduto decreto avrebbe lasciato

scoccare sicuramente la importantissima scintilla, folgore e sparo di Signoria

su adeguato spinterogeno ambientale, di forchette in travaso.13 Cascate di posate

25    tintinnanti! Di cucchiaini!

Ed erano appunto in procinto di addivenire14 a quell’atto imprevisto, e però

curiosissimo, ch’era così instantemente15 evocato dalla tensione delle circostanze.

Estraevano, con distratta noncuranza, di tasca, il portasigarette d’argento: poi, dal

portasigarette, una sigaretta, piuttosto piena e massiccia, col bocchino di carta d’oro;

30    quella te la picchiettavano leggermente sul portasigarette, richiuso nel frattempo

dall’altra mano, con un tatràc; la mettevano ai labbri;16 e allora, come infastiditi,

mentre che una sottil ruga orizzontale si delineava sulla lor fronte, onnubilata di

cure altissime,17 riponevano il trascurabile portasigarette. Passati alla cerimonia dei

fiammiferi, ne rinvenivano finalmente, dopo aver cercato in due o tre tasche, una

35    bustina a matrice:18 ma, apertala, si constatava che n’erano già stati tutti spiccati,19

per il che, con dispitto,20 la bustina veniva immantinenti21 estromessa dai confini

dell’Io. E derelitta, ecco giaceva nel piatto, con bucce. Altra, infine, soccorreva, stanata

ultimamente dal 123° taschino. Dissigillavano il francobollo-sigillo, ubiqua

immagine del Fisco Uno e Trino,22 fino a denudare in quella pettinetta miracolosa

40    la Urmutter di tutti gli spiritelli con capocchia.23 Ne spiccavano24 una unità, strofinavano,

accendevano; spianando a serenità nuova la fronte, già così sopraccaricata

di pensiero; (ma pensiero fessissimo,25 riguardante, per lo più, articoli di bigiutteria

in celluloide26). Riponevano la non più necessaria cartina in una qualche altra

tasca: quale? oh! se ne scordano all’atto stesso; per aver motivo di rinnovare (in

45    occasione d’una contigua sigaretta) la importantissima e fruttuosa ricerca.

Dopo di che, oggetto di stupefatta ammirazione da parte degli «altri tavoli», aspiravano

la prima boccata di quel fumo d’eccezione, di Xanthia, o di Turmac;27 in una

voluttà da sibariti in trentaduesimo,28 che avrebbe fatto pena a un turco stitico.

E così rimanevano: il gomito appoggiato sul tavolino, la sigaretta fra medio

50    e indice, emanando voluttuosi ghirigori; mescolati di miasmi, questo si sa, dei

bronchi e dei polmoni felici, mentre che lo stomaco era tutto messo in giulebbe,29

e andava dietro come un disperato ameboide a mantrugiare e a peptonizzare30

l’ossobuco. La peristalsi31 veniva via con un andazzo trionfale, da parer canto e

trionfo, e presagio lontano di tamburo, la marcia trionfale dell’Aida o il toreador

55    della Carmen.

Così rimanevano. A guardare. Chi? Che cosa? Le donne? Ma neanche. Forse rimirare

se stessi nello specchio delle pupille altrui. In piena valorizzazione dei loro

polsini, e dei loro gemelli da polso. E della loro faccia di manichini ossibuchivori.32

 >> pagina 937 

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

La descrizione dei borghesi milanesi, iniziata nel romanzo qualche pagina prima, prosegue in questa scena al ristorante della stazione. Tutti sembrano consapevoli di interpretare una parte (si parla di desiderata platea, r. 8), ma Gadda ne rappresenta la seriosità (Tutti erano presi sul serio, r. 4), la piena e orgogliosa aderenza al proprio ruolo (Tutti erano consideratissimi, r. 12), senza il minimo distacco ironico né da parte dei camerieri (A nessuno, mai, era mai venuto in mente di sospettare che potessero anche essere dei bischeri, rr. 13-14), né da parte dei signori in frac (neppure essi, no, no, avrebbero fatto di sé medesimi un simile giudizio, rr. 17-18). Ne emerge il ritratto pungente di una borghesia soddisfatta e piena di sé, nel godimento di uno dei suoi riti collettivi, celebrato in un luogo (il ristorante) che fa da sfondo all’ostentazione di ricchezza, strumento e simbolo di una precisa identità sociale.

Lo scrittore ironizza pesantemente su questo complesso di codici e comportamenti, che si traduce in movenze e ossessioni ripetitive, sempre uguali a sé stesse: l’ordinazione dell’ossobuco con risotto (rr. 2-3); l’accensione di una sigaretta, descritta così minuziosamente da ridicolizzarne enfaticamente la vuota ritualità; l’atto del fumare a cui si accompagnano le prime fasi della digestione; lo sguardo intorno alla sala per rispecchiarsi negli altri simili, ingessati nella locuzione finale manichini ossibuchivori.
All’ironia Gadda alterna momenti di pura comicità, al fine di schernire ulteriormente le sue vittime. Egli non perde infatti occasione per sottolineare il contrasto tra l’inappuntabile esteriorità dei borghesi e la loro interiorità rozza e scurrile. Alla perfetta serietà (r. 2) di camerieri e clienti attavolati (r. 5) vengono subito associati seni (poppe, r. 6) e sedere (deretano, r. 7). La fronte viene in un primo tempo descritta come onnubilata di cure altissime (rr. 32-33), delle quali la ruga orizzontale (r. 32) sarebbe manifestazione, ma poco oltre l’autore rivela impietosamente la loro vera natura, quella di un pensiero fessissimo, riguardante, per lo più, articoli di bigiutteria in celluloide (rr. 42-43). La voluttà nell’aspirare la prima boccata di fumo è irrigidita in una posa affettata, tanto da far pena a un turco stitico (r. 48), espressione che introduce l’elemento scatologico. Qualche riga dopo, infatti, si accenna alla digestione (la “peptonizzazione” dell’ossobuco), e il momento della peristalsi è descritto dal punto di vista sonoro, come la fase iniziale (presagio lontano di tamburo, r. 54) di un processo che porterà poi a una rumorosa defecazione (la marcia trionfale dell’Aida o il toreador della Carmen, rr. 54-55). Il finale è un attacco alla vacuità dell’apparenza: i manichini, privi di anima e di spessore, sono infatti intenti a valorizzare non le proprie qualità interiori, ma i polsini e i gemelli da polso (r. 58).

Le scelte stilistiche

Lo stile di questo brano, con le frequenti interiezioni a commentare alcuni passaggi (Sì, sì: erano consideratissimi, r. 1; neppure essi, no, no, r. 17; ecco, ecco, tutti eran certi, r. 22), ci ricorda continuamente che stiamo assistendo a una sorta di monologo interiore di Gonzalo. Questi, irato e rancoroso, non può fare a meno di indignarsi all’ennesima visione della madre in cucina, immagine di umiltà e miseria a cui si contrappongono lo sfarzo e la superbia dei borghesi arricchiti.

La descrizione è impostata sui tipici elementi gaddiani dell’espressionismo linguistico: dialettismi (giulebbe, r. 51; mantrugiare, r. 52), termini o interi periodi in lingua straniera (francese, spagnolo e tedesco), tecnicismi (spinterogeno, r. 24; peptonizzare, r. 52), vocaboli rari (addivenire, r. 26; instantemente, r. 27; sibariti, r. 48), onomatopee (tatràc, r. 31), gli immancabili neologismi (attavolati, rr. 5 e 12; usucapzione, r. 6; ossibuchivori, r. 58). Questa esuberanza linguistica stride efficacemente con la seriosità della scena rappresentata, in modo che le frasi usate per riportare il contegno altezzoso dei personaggi (nella dignità del comando, r. 7; una sottil ruga orizzontale si delineava sulla lor fronte, onnubilata di cure altissime, rr. 32-33; rimirare se stessi nello specchio delle pupille altrui, rr. 56-57) risultano inevitabilmente comiche.

 >> pagina 938

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Suddividi il testo in sequenze e assegna un titolo a ciascuna di esse.


2 Elenca le diverse azioni compiute dai personaggi.

Analizzare

3 Riporta le iperboli che vengono usate in questo brano. Qual è il loro scopo?


4 Alla r. 45 si parla di una importantissima e fruttuosa ricerca. A che cosa si riferisce l’espressione? Quale tra le seguenti figure retoriche viene utilizzata?

  • a Metafora.
  • b Antifrasi.
  • c Anafora.
  • d Iperbole.


5 Quale figura retorica riconosci nell’espressione manichini ossibuchivori (r. 58)? Qual è il suo significato?

Interpretare

6 Gadda utilizza in questo estratto numerose invenzioni linguistiche. Elencane qualcuna spiegando la sua funzione espressiva.

Produrre

7 Scrivere per argomentare. Tutto il brano mette sotto accusa l’ostentazione di gesti e oggetti da parte dei borghesi al ristorante, cui fanno da contraltare i riferimenti comici al loro aspetto interiore. Esso gioca, insomma, sulla dicotomia essere/avere, valida in ogni epoca storica, anche in quella odierna. Qual è il tuo punto di vista su questo tema? Scrivi un testo argomentativo di circa 20 righe.

I grandi temi di Gadda

1 Lo stile espressionistico

lo stravolgimento lessicale e sintattico

gli inserti in lingua straniera

la creazione di parole nuove

l’iperbole

l’elencazione e la combinazione dei termini

la lingua come specchio di una realtà indecifrabile

2 Il groviglio psicanalitico

la scrittura come esigenza conoscitiva

il «male oscuro» e il tormento della mancanza di affetto genitoriale

il rimorso e il senso di colpa trasferiti nella scrittura autobiografica

l’inquietudine per l’incertezza del presente

3 La polemica antiborghese

la feroce critica contro la borghesia milanese del primo dopoguerra

l’irrisione dei valori di una classe sociale ipocrita e perbenista

Vola alta parola - volume 6
Vola alta parola - volume 6
Dal Novecento a oggi